Ai
piedi del colle dei Camaldoli di Torre del Greco c'è la famosa "Villa
delle Ginestre", un tempo villa "Ferrigni", dal nome del cognato
del Ranieri. Ancora circondata in parte dal verde della macchia mediterranea,
la villa occupa un luogo noto con l'espressione popolare "'ncoppa 'a lava".
Essa si presenta come una casa rurale nella quale soggiornò il Leopardi,
in una stanza del primo piano, nella primavera del 1836 e dalla fine di agosto
dello stesso anno sino alla primavera del 1837. Durante la sua permanenza il
Poeta compose tra le altre cose, la lirica "La Ginestra" o “Fiore
del deserto”, da cui è derivato poi l'appellativo della casa, come
d'altra parte tutta la zona è stata poi chiamata contrada Leopardi. Con
i celebri versi della lirica "La Ginestra" il Leopardi lancia un grido
di lotta contro la natura, spietata matrigna del genere umano. L'appello del
Poeta a tutti gli uomini, perché "fra sé confederati"
non si abbattono, ma si uniscano a contrastare il potere della nemica comune,
è un messaggio carico di eroismo. E' l'anelito estremo che si innalza
a magistero morale pur nella consapevolezza dei limiti umani. Inoltre il Leopardi
compose ispirato da questi luoghi “ Il Tramonto della luna” che
è la melodia dell’addio, le ultime strofe dei “Paralipomeni
alla Batracomiomachia” satira delle tirannidi che opprimevano l’Italia
posta sotto l’influenza dell’Austria e diversi “Pensieri”.
La Villa è stata edificata verso la fine del 600. L'accesso ad essa era
possibile solo attraverso un viottolo che si inerpicava tra i vigneti, poiché
non esisteva la strada. Le carrozze, infatti, dirette alla casa, dovevano fermarsi
sulla via Nuova ad un casolare che era stato ritrovo di caccia dei Borboni.
Per tale motivo oggi è in corso di realizzazione una bretella stradale
che eviterà il passaggio davanti alla Villa, sia di auto che di pedoni,
consentendo l’ampliamento degli spazi disponibili, la sua recinzione ed
il successivo pieno utilizzo sia museale che di Centro Studi. L'abitazione venne
poi ingrandita nel 700, perché il canonico Simioli, proprietario della
villetta, uomo dotto nelle discipline ecclesiastiche, amava le piacevoli conversazioni,
e in quella casetta di campagna faceva convenire uomini di fama nelle lettere
e nelle arti. Bernando Tanucci, l'allora ministro del re Ferdinando IV di Borbone,
legato da profonda amicizia col canonico, fu spesso ospite della Villa delle
Ginestre. Altro assiduo frequentatore della casa fu il Vanvitelli, che pare,
per compiacere all’amico canonico, una sera dopo cena tracciasse il disegno
della scala, semplicissima ma di giuste proporzioni, che dal piano terra conduce
al piano superiore della villa.
Alla morte del vecchio canonico la casa passò nelle mani di Giuseppe
Simioli. Quest'ultimo, quando la sorella Margherita si sposò con Diego
Ferrigni, figlio di Diego, il quale sposò la giovanissima Enrichetta
Ranieri, sorella di Antonio, amico del Leopardi. Giuseppe Ferrigni, proprietario
della Villa ebbe quattro figlie: Argia, Clotilde, Ifigenia, Calliope e lasciò
in eredità la casa alla prima figlia, di nome Argia. Durante il triste
fenomeno del Brigantaggio, dopo l'unità d'Italia, la casa fu occupata
dal brigante Pilone, che per le scorrerie nell'aria vesuviana, ne aveva fatto
il suo quartiere generale. Argia Ferrigni lasciò la Villa in eredità
al figlio Amerigo che nel 1897, con un matrimonio "di sorpresa", sposò
in Recanati Adelaide Leopardi, figlia del Conte Giacomo, nipote del Poeta, cioè
figlio del fratello del Poeta, Pier Francesco Amerigo che portò la giovanissima
sposa a Torre del Greco, nella villa ai piedi del Vesuvio. La giovane morì
dopo soli tre mesi di matrimonio. Amerigo De Gennaro Ferrigni lasciò
la casa al nipote Antonio Carafa che poi, vendette la casa alla sorella Vittoria,
contessa di Ghevardo. Nel 1937 a cura del comune di Torre del Greco venne posta
una lapide sulla facciata della casa, a ricordo della permanenza del Leopardi,
alla presenza del re Umberto di Savoia; la casa in onore al suo illustre ospite
fu poi dichiarata monumento nazionale e nel 1962 fu acquistata dallo Stato per
l'Università Federico II di Napoli, che ha recentemente proceduto al
restauro. La dimora, tipica dell’ultimo settecento napoletano, è
posta in un fondo rustico e fu abitata dal poeta. Il portico neoclassico, a
colonne doriche, su tre lati, di gelida compostezza, che sostiene una terrazza
aperta al panorama, è stato aggiunto nel 1907.