Vincenzo Ambrosio

Giacomo Leopardi : da lontano un deserto

.E lui, aperti più dell'usato gli occhi, mi guardò più fiso che mai. Io non ti veggo più, mi  disse come sospirando".
Era la fine voluta e desiderata di un genio, così superbamente descritta da Antonio Ranieri ne' "Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi", la fine di un uomo che  ardentemente  la desiderava , che insistentemente l'ha voluta con tutta l'anima ed anelata con un trasporto ed una lucida freddezza da rendere fallace ogni forma di giustificazione. Così, Buccio , simpatico nomignolo utilizzato nei primi anni di infanzia in casa Leopardi ,andava incontro al fato e si confrontava con quel destino, "cieco dispensator di casi" , che almeno una volta gli era stato favorevole ,procurandogli ciò che più serenamente desiderasse : morire.
Lui , dei disegni e delle speranze del suo secolo, non rideva , augurandone ogni miglior successo,  ammirandone e lodandone il buon volere , senza provarne invidia, e la stessa non nutriva per i posteri  nè per quelli che avessero ancor a vivere lungamente.
Sì , un tempo aveva "ammirato" gli sciocchi e gli stolti e tutti coloro che avessero di sé medesimi un gran concetto e coi quali si sarebbe volentieri cambiato: ora, Giacomo "desiderava possedere  la morte" e solamente con lei si sarebbe  sostituito, chiudendo la partita  con la ineffabile solitudine.
Essa , spietata e testarda nelle manifestazioni, quanto denigratrice di ogni ideale , ora, ai suoi occhi ,traluceva come un' illusione.                                                                   
Gocciolante di sudore , quel 14 giugno del 1837 , alle ore 5 del pomeriggio, in una casa del rione Sanità, al n. 2 di Vico del Pero, dopo aver scientemente trangugiato due "limonee gelate" , e consumato tre libbre di confetti cannellini di Sulmona , che venivano belli e fatti nella patria di Ovidio, indarno s'accinse alla "prova del brodo di pollo", che così amorevolmente la dama di  carità , Paolina Ranieri, gli aveva preparato. Leopardi, certamente veritiero nell'anelare la morte  e cantarla , teorizzandola nelle sue magiche poesie, nella pratica vita , oltre che il più apprensivo,era il più eccessivo degli uomini e tale eccesso tanto più si manifestava, quanto più si riferisse ai dolciumi. Un bramosissimo desiderio l'assaliva , facendogli compiere inenarrabili ed abbondanti consumi di: caffè, sciroppo di caffè, limonea, sciroppo di limone, cioccolate, sciroppi di cioccolata, gelati , schiumosi, frolle e quant'altro possa immaginarsi piacevolissimo al palato, quanto dannosissimo alla salute.
L'asma, lo shock iperglicemico ed il fegato devastato dalla cirrosi , non gli diedero scampo :
Leopardi moriva secondo i suoi progetti, in base ad uno spaventoso piano che intenzionalmente doveva " modificargli la esistenza" per finalmente "vivere la morte" : condizione di perseverante decoro ed al riparo da ogni inganno e fallacità. Giacomo non si sottoponeva alla propria infelicità né piegava il capo al destino ed aveva il coraggio di sostenere ogni privazione , mirando intrepidamente il deserto della vita, della quale ne attendeva la fine così come la sentinella attende l'aurora. Si meravigliava, su quel letto di morte , d'aver tanto amato libri e studi e di aver rincorso disegni di grandi progetti e speranze di gloria imperitura delle quali era passato il tempo di ridere. Oramai,  l'inganno puerile era coraggiosamente sostenuto dalla privazione di qualsiasi speranza, mentre s'involava  intrepido il suo pensier , proteso verso la
frammentazione di una realtà amara, illusoria, crudele e misteriosa ,oltre la quale ci fosse la fine.                        
"Anco tardi a venir non ti sia grave", sembravano esse le parole che l'estroso recanatese
pronunciasse spirando l'ultimo soffio di vita , quasi per consacrare l'incisiva filosofia della sua vita nella quale  il vero piacere rimaneva quello "provato nell'immaginare il proprio domani".Quegli occhi "cilestri e languidi ", incastonati come perle , su di una testa grossa, di fronte quadra , con una naso proffilato e di pronunziazione modesta e fioca, facevano da pendant all'ineffabile sorriso , quasi celeste, che si spegneva tra lo straziante dolore di Paolina e le lacrime copiose di Antonio. Il poeta stava vivendo l'ultima esperienza della sua vita : la morte . E come tanti fiumi, tante piogge precipitatesi dall'alto, tanta abbondanza di sorgenti medicamentose non alterano la sapidità del mare e neppure ne attenuano il gusto, così l'impeto di quella avversità non
sconvolgeva l'animo di quell' uomo forte : egli rimaneva fiero nella sua posizione distesa , quasi a trarre  esperienza dall'estremo avvenimento, perché  più possente di ogni realtà esterna.
Egli sente gli  eventi: li vince, e, per il resto, quieto e placido, s'erge contro ciò che lo attacca e lo dimena, trascinandolo in un luogo apparentemente ombroso ed oscuro.