SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIV LEGISLATURA ———–
N. 1437
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa della senatrice ACCIARINI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 MAGGIO 2002
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Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari
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Onorevoli Senatori. – Il principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche e la consapevolezza che ogni persona ha il diritto di essere protagonista delle scelte riguardanti la sua salute, sia nel senso di accettare sia nel senso di rifiutare l’intervento medico, sono andati progressivamente affermandosi nella cultura della nostra società. Tale principio ha trovato un primo fondamentale riconoscimento già nell’articolo 32, secondo comma, della nostra Carta costituzionale, che ha sancito che «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge».
Anche la Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla
biomedicina, fatta ad Oviedo il 4 aprile 1997, e resa esecutiva in Italia con
legge 28 marzo 2001, n. 145, ha riaffermato che qualsiasi intervento medico
effettuato senza il consenso della persona deve ritenersi illecito (articolo
5).
Anche il codice di deontologia medica, dopo aver
precisato (articolo 30) il diritto del malato a ricevere la più idonea
informazione da parte del medico, afferma (articolo 34) che il medico «deve
attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza
professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla
persona».
Anche la giurisprudenza italiana ha avuto
modo di chiarire che il rifiuto di un trattamento da parte della persona
interessata deve essere rispettato, indipendentemente dalla valutazione
dell’operatore sanitario in merito al «bene» del paziente, precisando che «nel
diritto di ciascuno di disporre lui e lui solo, della propria salute ed
integrità personale, pur nei limiti previsti dall’ordinamento, non può che
essere ricompreso il diritto di rifiutare le cure mediche lasciando che la
malattia segua il suo corso anche fino alle estreme conseguenze: il che non può
essere considerato come il riconoscimento positivo di un diritto al suicidio, ma
è invece la riaffermazione che la salute non è un bene che possa essere imposto
coattivamente al soggetto interessato dal volere o, peggio, dall’arbitrio
altrui, ma deve fondarsi esclusivamente sulla volontà dell’avente diritto,
trattandosi di una scelta che (...) riguarda la qualità della vita e che
pertanto lui e lui solo può legittimamente fare» (Corte d’assise di Firenze,
sentenza n. 13 del 18 ottobre 1990).
Appare
evidente come il consenso o il rifiuto espresso dalla persona nei confronti di
un qualsiasi trattamento, sia diagnostico sia terapeutico, possa rappresentare
un autentico atto di autodeterminazione, libero e consapevole, solo se la
persona riceve un’informazione completa e corretta della diagnosi, della
prognosi e di ogni altro elemento che concerna la scelta che la persona stessa è
chiamata a effettuare (cosiddetto «consenso
informato»).
La citata Convenzione sui diritti
dell’uomo e sulla biomedicina afferma (articolo 5) che la persona deve ricevere
«preventivamente un’informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura
dell’intervento nonché alle sue conseguenze ed ai suoi rischi». Anche il Codice
di deontologia medica specifica che «il medico deve fornire al paziente la più
idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le
eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze
delle scelte operate. (...) Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte
del paziente deve essere soddisfatta» (articolo 30), precisando quindi (articolo
32) che il medico «non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica
senza l’acquisizione del consenso informato del paziente» e che «in ogni caso,
in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere,
il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non
essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della
persona».
Tuttavia, nonostante il preciso dettato
costituzionale e l’affermazione del principio di autodeterminazione recata dalle
regole deontologiche mediche, la pratica clinica nel nostro Paese continua ad
essere permeata da una scarsa o sporadica informazione del paziente e dalla
frequente violazione della richiesta di consenso alle procedure diagnostiche o
terapeutiche alle quali la persona malata è sottoposta. Tale atteggiamento, che
vede spesso una sorta di complicità «a fin di bene» fra il medico curante e i
familiari come malintesa forma di protezione della persona malata, determina di
fatto la frequentissima esclusione della persona stessa dalla possibilità di
intervenire nei momenti decisionali cruciali, spogliandola di un suo essenziale
diritto, e crea, sotto il profilo psicologico, un penoso stato di isolamento del
malato.
Il diritto di autodeterminazione della
persona per quanto attiene alle scelte relative alle cure incontra poi
limitazioni assolute nelle circostanze in cui la persona venga a perdere la
capacità di decidere ovvero di comunicare le proprie decisioni. Per garantire il
diritto all’autodeterminazione anche in questi casi, si rende necessario
prevedere uno strumento nuovo – non contemplato dal nostro ordinamento giuridico
vigente – che consenta alla persona, finché si trova nel possesso delle sue
facoltà mentali, di dare disposizioni per l’eventualità e per il tempo nel quale
tali facoltà fossero gravemente scemate o scomparse, disposizioni vincolanti per
gli operatori sanitari e in generale per ogni soggetto che si trovi implicato
nelle scelte mediche che riguarderanno la persona. A questo proposito, il già
citato codice di deontologia medica si è pronunciato (articolo 34) a favore
delle direttive anticipate, disponendo che «il medico, se il paziente non è in
grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può
non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo
stesso».
Dalla considerazione di queste problematiche
trae origine il presente disegno di legge sulle «volontà anticipate» la quale
mira ad offrire al cittadino-persona l’esplicita fondazione giuridica del suo
essenziale diritto all’autodeterminazione, inteso non più come un dovere
dell’operatore sanitario, ma come un positivo riconoscimento, nonché gli
strumenti giuridici sostanziali e procedurali per vedere garantito tale diritto
anche nel caso di perdita della capacità di decidere o di esprimere la sua
decisione, consentendogli di disporre anticipatamente in merito al trattamento
medico desiderato.
Con gli articoli 1 e 2 il presente
disegno di legge si propone di dare una compiuta regolazione al principio del
«consenso informato». In particolare, nell’articolo 1 l’informazione corretta,
completa e comprensibile su tutti gli aspetti diagnostici e terapeutici che
possono riguardare la persona è espressa come oggetto non solo e non tanto di un
obbligo del medico, quanto, piuttosto, di un diritto della persona stessa, un
diritto al quale la persona può ovviamente rinunciare fermo restando che solo la
rinuncia esplicita può giustificare il venire meno dell’obbligo di informazione
in capo al medico, al quale è consentito solamente di adottare, ove le
circostante lo suggeriscono, le opportune cautele nella
comunicazione.
Nell’articolo 2 è ribadita, rispetto
alle decisioni relative ai trattamenti sanitari, la piena autonomia di scelta
del paziente, le dichiarazioni di volontà del quale, formulate in stato di
capacità di intendere e di volere («capacità naturale»), devono essere
rispettate anche quando tale capacità sia venuta meno. Poiché i problemi possono
sorgere soprattutto in conseguenza del rifiuto nei confronti dei trattamenti
suggeriti o prevedibili nello sviluppo della patologia, si è ritenuto di
precisare che il rifiuto deve essere rispettato anche se dalla mancata
effettuazione dei trattamenti stessi derivi un pericolo per la salute o per la
vita, specificando che il medico è esentato da ogni responsabilità conseguente
al rispetto della volontà del paziente, che per questa ragione si è ritenuto
debba risultare da atto scritto firmato da esso stesso, dalla cartella clinica
nel caso di ricovero ospedaliero del paziente capace ovvero dalle «volontà
anticipate» con le formalità previste negli articoli
successivi.
Su questa disposizione si fonda la
validità giuridica delle «volontà anticipate», alla formulazione e alla
applicazione delle quali sono dedicati gli articoli 3 e
4.
L’articolo 3 prevede che, oltre a formulare le
«volontà anticipate», la persona possa indicare un altro soggetto di fiducia
che, nel caso di perdita della capacità naturale, eserciti in sostituzione i
diritti e le facoltà relativi all’esercizio del diritto al consenso informato,
lasciando libera la persona di nominare il sostituto e di determinare le sue
future decisioni mediante indicazioni o disposizioni di carattere vincolante. La
delicatezza dell’incarico e le responsabilità che ne possono derivare hanno
suggerito di prevedere una forma specifica, peraltro semplificata, sia per il
conferimento sia per l’accettazione (articolo 3, comma
3).
È previsto inoltre che, qualora una persona
venutasi a trovare in stato di incapacità naturale irreversibile, non abbia
preventivamente nominato il sostituto di cui all’articolo 3, comma 2, il giudice
tutelare provveda alla nomina (articolo 3, comma
4).
L’articolo 4, infine, prevede le modalità per
risolvere le eventuali divergenze che dovessero intervenire tra le scelte
operate dal sostituto nominato dalla persona con le «volontà anticipate», ovvero
in mancanza dal giudice tutelare, e le scelte dei curanti. Si è ritenuto di
affidare la soluzione della controversia al giudice, con un procedimento che si
richiama, semplificandole, alle procedure cautelari previste dal codice di
procedura civile.
È stato comunque previsto che, ove
sia stata validamente espressa, la volontà della persona debba in ogni caso
vincolare la decisione giurisdizionale (articolo 4, comma 3).
Art. 1.
1. Ogni persona capace ha il diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di esserne informata in modo completo e comprensibile, in particolare riguardo la diagnosi, la prognosi, la natura, i benefìci ed i rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche suggerite dal medico, nonché riguardo le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento.
2. Salvo il caso in cui la persona rifiuti esplicitamente le informazioni effettuate ai sensi del comma 1, l’obbligo del medico di informare sussiste anche quando particolari condizioni consiglino l’adozione di cautele nella comunicazione.
1. Ogni persona capace ha il diritto di prestare o di negare il proprio consenso in relazione ai trattamenti sanitari che stiano per essere eseguiti o che siano prevedibili nello sviluppo della patologia in atto. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale. Il rifiuto deve essere rispettato dai sanitari, anche qualora ne derivasse un pericolo per la salute o per la vita, e li rende esenti da ogni responsabilità.
2. In caso di ricovero ospedaliero la dichiarazione di volontà di cui al comma 1 deve essere annotata nella cartella clinica e sottoscritta dal paziente.
1. Ogni persona capace ha il diritto di esprimere il proprio consenso o rifiuto in relazione ai trattamenti sanitari che potranno in futuro essere prospettati. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale.
2. Ogni persona capace può indicare una persona di
fiducia la quale, nel caso in cui sopravvenga uno stato di incapacità naturale
valutato irreversibile allo stato delle conoscenze scientifiche, diviene
titolare in sua vece dei diritti e della facoltà di cui agli articoli 1 e 2,
alla quale può eventualmente dare indicazioni o disposizioni vincolanti in
merito ai trattamenti sanitari ai quali potrà essere
sottoposta.
3. La volontà del soggetto in merito ai
trattamenti sanitari, sempre revocabile, è dichiarata con atto scritto di data
certa e con sottoscrizione autenticata. Per coloro che si trovano in un istituto
di ricovero o di cura, la sottoscrizione può essere autenticata dal direttore
sanitario. Nelle medesime forme deve essere formulata l’accettazione della
persona di fiducia designata ai sensi del comma 2.
4.
Qualora una persona si trovi in stato di incapacità naturale irreversibile, e
non abbia nominato una persona di fiducia ai sensi del comma 2, il giudice
tutelare, su segnalazione dell’istituto di ricovero o di cura ovvero di chiunque
sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità, provvede a tale nomina.
1. Nel caso in cui vi sia divergenza tra le decisioni della persona nominata ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 4, e le proposte dei sanitari, è possibile il ricorso senza formalità, da parte dei soggetti in conflitto o di chiunque vi abbia interesse, al tribunale in composizione monocratica del luogo dove si trova la persona incapace.
2. Il tribunale di cui al comma 1 decide con
ordinanza, assunte, se necessario, sommarie informazioni. Per quanto compatibili
si applicano le norme di cui agli articoli 669-sexies e seguenti del
codice di procedura civile.
3. Nei casi in cui
risultino le dichiarazioni di volontà di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, il
giudice decide conformemente ad esse.