Vigilanza in previsione di eventuali moti rivoluzionari

(Quaderni dell’Archivio Arcivescovile di Fermo n. 34-2003, pp. 67-90)


Nella corrispondenza tenuta a metà del terzo decennio del 1800 tra la Segreteria di Stato per gli Affari interni e la Delegazione Apostolica di Fermo, conservata presso l'Archivio Segreto Vaticano (poi ASV), sono presenti molte carte relative ad indagini di polizia svolte per accertare l'effettiva pericolosità di alcuni presunti rivoluzionari, a dinieghi di esecitare la professione di avvocato, ad espulsioni dal territorio di individui sospetti, etc.
Da tali documenti emerge chiaramente quanto fosse vivo il timore che, a quattro-cinque anni dalla conclusione dei moti del 1831, si preparasse una nuova rivoluzione. Si ritiene opportuno riunire in questa sede i carteggi che trattano sei diversi episodi, per la sostanziale analogia che li caratterizza.

1 - Disordini a Grottammare tra 1835 e 1836
Premessa
E' del tutto normale che in una comunità di poche migliaia di abitanti, quale era Grottammare nella prima metà del secolo XIX, sorgessero dissensi e discordie tra gli esponenti di alcune delle famiglie più in vista del luogo.
Meno consuete sono le conseguenze che talvolta ne derivano. In questo caso la conflittualità privata provoca un intreccio di discordie di carattere sociale, religioso e politico tale da mettere in allarme le autorità governative periferiche e centrali, timorose che ne scaturissero gravi disordini.
Un evento del genere, conclusosi felicemente dopo aver generato una fitta corrispondenza tra Roma, Fermo, Ripatransone e Grottammare, è illustrato in numerosi fogli conservati all'ASV.(1)

Cronistoria
Alla base della vicenda è da porre il contrasto tra la comitale famiglia Palmaroli ed il parroco della Pieve di S. Giovanni Battista.
Come risulta dalla piantina allegata (v. fig. 1), la chiesa è inclusa nell'isolato costituito dall'ampio edificio posseduto ed abitato da quella famiglia. Esistono alcune servitù e concessioni tra le due parti:
- i Palmaroli godono di un affaccio sull'interno della chiesa che consente loro di non mescolarsi alla folla dei fedeli assiepata nel tempio;(2)
- per accedere alla torre campanaria è necessario transitare all'interno della proprietà Palmaroli.
All'epoca in cui si svolgono i fatti - fine 1835-inizio 1836 - il governatore di Grottammare Marco de' Nobili invia al Delegato Apostolico di Fermo il suo Rapporto Politico settimanale, che ci da' una vivace rappresentazione della vita paesana e dei fatti accaduti, tanto che ci piace trascriverlo quasi integralmente : «Esiste attualmente avanti la Sacra Congregazione del Concilio la questione insorta tra questo Pievano d. Luigi Loy, ed i Fratelli Conti Palmaroli in causa di diritto di servitù attiva, che il primo pretende di avere del passo entro la casa di abitazione dei secondi, che lo impugnano, per ascendere alla Torre della contermine Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni in questo vecchio Incasato all'effetto di mettere ad ogni occorrenza, o riattare le corde della Campane. Si venera in questa medesima Chiesa la Statua Prodigiosa della S.ma Vergine Addolorata, cui la Popolazione è sommamente devota, e vi esiste pure canonicamente una Confraternita Laica sotto l'invocazione della medesima S.ma Vergine, la quale è condomina della Chiesa, o almeno Altarista provveduta di sacre Suppellettili, e proprietaria di una delle due Campane, che sono poste nell'indicata Torre. E' piaciuto tempo fà al Pievano, indipendentemente da qualunque Superiore Decreto, e solo per malinteso fine di giovare alla causa anzidetta di far chiudere la porta di detta Torre posta sul Presbiterio della Chiesa, mediante un lucchetto, per cui precludesi ogni mezzo di usare di dette Campane, e così n'è derivato un impedimento quanto indiretto, altrettanto efficace all'esercizio del Culto in quella Chiesa Matrice, ed uno spoglio conseguente al diritto di uso delle Campane a carico della Confraternita, la quale stà fuori di causa, avendo il Parroco dopo ciò trasferito l'Officiatura ordinaria di sua competenza nella Chiesa Succursale, e suburbana di Sant'Agostino. Una misura di tal fatta, la quale non ha potuto certamente avere altro scopo, che quello di riverberarne tutta l'odiosità sopra la Famiglia Palmaroli, non poteva non eccitare il malcontento della Popolazione, la quale nello spazio di un tempo riflessibile ha represso in mesto silenzio il proprio rammarico; quando sul mattino del 30. p. p.to Decembre si trovò tolto il lucchetto, aperta inopinatamente la Porta della Torre per fatto d'ignota Persona, e si sentì con entusiasmo Popolare rinnovare il suono delle Campane per la celebrazione della Messa con straordinaria concorrenza di devoti, fuori peraltro di ogni consenso del Parroco. Ma la pubblica devota delizia fu momentanea, poichè il dissidente Rettore col mezzo del cancelliere Vescovile fatto accedere in luogo sulla sera dello stesso giorno 30. Decembre fece riporre il lucchetto sulla stessa Porta, esigendone il rogito regolare. Da quest'epoca il malcontento popolare si è spiegato più franco, ed imponente. Infatti la mattina del dì primo corrente si trovò affisso nelle Porte di tutte le Chiese di ambedue gl'Incasati il Cartello, di cui ne rassegno all'Eccellenza Vostra Reverendissima qui annesso uno degli Originali in tutto uniforme agli altri; E nella stessa mattina riunitasi sulla Piazza contigua alla Chiesa una moltitudine di Persone di varj ceti, si convenne di aprire la Sacra Statua, rompere di bel nuovo il Lucchetto, e dare il segno colle Campane della S. Messa, che fù celebrata dal Vicario Foraneo coll'assistenza dei Confratelli vestiti di sacco, ed aventi i ceri accesi, ed accompagnata da lacrime di pia tenerezza dal folto Popolo, che vi concorse. Sù tali avvenimenti non si conosce per ora quali direzioni possa avere adottate il mentovato Sig.e Pievano, ch'è sempre fermo nel proposito di difendere i diritti Parrocchiali, ed io certamente non posso, che lodare, e rispettare il suo zelo, e la sua fermezza: Sembrami però subordinatamente, che siasi data una latitudine troppo effrenata ai mezzi obbliqui adottati all'effetto, e che non siasi ben calcolato il peso degli urti, e delle conseguenti reazioni tra il Pastore, ed il Gregge esaltato da un opinione religiosa bene, o male intesa, ch'Ella sia, ma sempre facile a degenerare in fomite ed attentati, che compromettano la pubblica tranquillità, e trascinino nel vortice della rovina un'esteso numero di Famiglie Cittadine, come avvi al presente pur troppo luogo a temersi in riflesso ancora delle jattanze dei due Fratelli dello stesso Parroco Giovani inconsiderati, ed intraprendenti, i quali con minaccie fomentano sempre più la pubblica irritazione, di che varj Cittadini ne hanno portato reclamo al mio Ufficio. In vista di tutto ciò, io come principalmente responsabile al governo del mantenimento dell'Ordine pubblico, mi reputo nel più stretto dovere di mettere l'Eccellenza Vostra Reverendissima in piena cognizione della cosa, supplicandola a calde istanze che si degni interporre i suoi rispettabilissimi Ufficj presso le competenti Superiori Podestà, onde sulle vie dell'Evangelica mansuetudine sia ricondotta la pace, ed allontanato ogni dissidio tra il Padre Spirituale, ed i suoi Figli, lo che potrebbe ottenersi semplificandone il progetto, cioè che il Parroco in pendenza di Lite, esercitasse la propria Officiatura in quella Chiesa, che meglio creda conveniente, e che d'altronde si lasciasse ai Devoti, e Confraternita il diritto attivo di rendere a Dio, ed alla Vergine Madre gli onori del pubblico Culto nella propria Chiesa, e libero per tal'effetto l'uso delle Campane, restando provvisoriamente a carico della medesima Compagnia il modo di adattare le corde alle stesse Campane, senza che il Parroco ne prenda alcuna parte in pregiudizio del diritto in questione per essere la Torre priva di scala. In caso contrario dichiaro all'Eccellenza Vostra Reverendissima, che io non potrei rispondere di qualunque inconveniente potesse emergere in pregiudizio della pubblica tranquillità ... »(3)
Come risulta dalla lettera del Delegato Apostolico di Fermo che trasmette a Roma il bollettino di de' Nobili, «sebbene il merito della questione sia devoluto all'Autorità Ecclesiastica, tuttavia essendo mio il dovere di provvedere al mantenimento della pubblica tranquillità, non ho mancato di commettere senza indugio a quel Giusdicente di chiamare a se tutti quelli, che possono principalmente influire o fomentare la pubblica irritazione sulla insorta contrversia, e nelle vie d'insinuazione ingiungo energicamente ai medesimi di astenersi dal prendere alcuna parte su tale questione sotto la loro più stretta responsabilità nel caso di qualunque disordine.
Contemporaneamente ho poi interposto presso Mons.e Vescovo di Ripatransone i miei più vivi Officj, perchè in oggetto sì rilevante si compiaccia di adottare il più energico, ed adeguato temperamento, che stimerà all'uopo conveniente tanto a tutela del devoto Culto reclamato, quanto a garanzia della pubblica tranquillità, che si cerca compromettere. Mi permetto infine di supplicare anche l'Eminenza Vostra Reverendissima, onde voglia avere la degnazione di scrivere al sullodato Mons.e Vescovo, perchè affretti possibilmente l'invocato provvedimento ...
»(4)
Nel contesto dei fogli esaminati, scritti a distanza di 5 anni circa dai moti rivoluzionari del 1831, non si fa chiara menzione del fatto che i Palmaroli avevano preso parte attiva alle agitazioni, dopo avere per molti anni partecipato alla tessitura delle trame dei carbonari.(5)
Però tale aspetto non era sfuggito al delegato Bonini, poiché nella lettera conclusiva della questione, diretta al segretario di Stato, inserisce una frase sicuramente ispirata a quei trascorsi: «... onde conoscere nel suo vero aspetto i disordini, che sotto il simulato zelo di devozione si temevano rinnovarsi in Grottammare per opera di alcuni malintenzionati ... rileverà essersi allontanato il timore, che accada qualche inconveniente per opera di quelli, che si compromisero nelli passati politici sconvolgimenti, e che regna realmente in quel luogo una perfetta calma ... »(6)
D'altra parte il problema era stato trattato estesamente da Placido Paletti, un poliziotto inviato a Grottammare in quell'occasione per svolgere indagini « ... onde verificare con la massima circospezione e prudenza lo Spirito pubblico di quella Popolazione ... Dal complesso delle cose pertanto ho potuto conoscere, che lo Spirito pubblico, per ciò che riguarda il politico non presenta ombra alcuna a dubitare di esso ... Esiste peraltro in quella Comuna causa che altamente turba da tempo remoto lo Spirito Religioso di tutti quegli abitanti niuno eccettuato, prodotta da una questione insorta fra quel Sig.e Pievano Loij, e la Famiglia Palmaroli ... Fra gli Abitanti del Comune di Grottamare vi sono degli Individui che molto si distinsero nelle funeste vicissitudini politiche del 1831. I medesimi però per quanto mi è stato riferito tengono ordinariamente una condotta assai circospetta, consumano le giornate quasi sempre nella propria casa vivendo in molta ristrettezza, badano a loro, e non danno in pubblico alcun sentore dei loro pravi principj. Non si veggono mai riuniti, e non si conosce che si adunino clandestinamente in luoghi pubblici o privati per tenere conferenze in linea politica. Non si è trovata persona che abbia potuto riferire avere inteso, che esista entro il Comune sud.° segni tricolori, e che segretamente si manovri una sommossa popolare politica ... »(7)
A conclusione delle sue investigazioni Paletti fa presente che « ... Varie Famiglie in cui trovansi degli individui pregiudicati in senso politico, piuttosto che dare a lavorare ai proprj Paesani per essere questi o Papalini, o conosciuti per Volontarj Pontificj, fanno venire sul luogo Artigiani Forastieri, cosa che tiene certamente di malomore quelli della propria Patria ... »
I conti Palmaroli erano tra i maggiori possidenti del luogo e certamente rientravano in tali famiglie. Probabilmente questo comportamento, oltre a dissensi di carattere religioso, familiare e d'interessi, potrebbe avere alimentato il risentimento del pievano Loy nei loro confronti. Tale ipotesi troverebbe conferma in alcune frasi di Bonini: « ... In assenza di Monsignor Vescovo di Ripatransone si è compiaciuto quel Monsignor Vicario Generale di corrispondere Esso stesso alle premure, che feci al sullodato Monsignor Vescovo, dirette a conciliare possibilmente un temperamento, che senza ledere i diritti di giustizia in merito alla questione insorta fra quel Parroco, e la Famiglia Palmaroli, togliesse ai malintenzionati qualunque pretesto d'irritare quella Popolazione ... si ha la compiacenza di rilevare, che anche in questa parte è stato il tutto completamente esaurito, giacchè mi assicura non avere mai ideato quella Curia di sospendere i Sacri Officj, nè il Culto, che si presta alla Beatissima Vergine Addolorata nella Chiesa Parrocchiale di detta Comune di Grottamare, ma soltanto l'uso in controversia di una Campana, a cui poi ha supplito in altro modo plausibile ... dal tutto insieme sembrami essersi già conseguito sù tal particolare il bramato intento, cioè di non potersi più dubitare, che possa essere compromessa la pubblica tranquillità di detta Comune di Grottamare per la insorta questione fra quel Parroco, e la Famiglia Palmaroli ... »(8)
Va anche rilevato che il Vicario Foraneo, implicato nella vicenda, è don Franceco Palmaroli, uno dei più anziani esponenti di quella famiglia. Da un suo rapporto inviato al Vescovo di Ripatransone emerge quale fu il suo comportamento nella circostanza: «... L'officiatura trasferita dal Parroco a S. Agostino, l'impedimento, che frapponeva al suono delle Campane, sebbene da più giorni Persona ignota n'avesse rilegate le corde, la mancanza della Messa Parrocchiale nella Chiesa Matrice, per cui degli Individui non ascoltarono il divin Sacrificio specialmente nella Domenica del passato Avvento, e nel giorno del SS.mo Natale, in cui non si celebrò, che la sola mia Messa, aveva mal disposto l'animo della Popolazione. Nel Primo del Corrente molte Persone se ne lamentavano con qualche calore nel Caffè, ed una moltitudine di ogni ceto si doleva nella Piazza con risentimento che venisse impedito il Culto della SS.ma Vergine Addolorata, cui si professa appassionatissima devozione. Allora fù, che molti Confratelli vestiti di sacco per sedare, ed addolcire gli animi entrarono in Chiesa promettendo di fare esporre la S. Immagine alla desiderata devozione, e far celebrare in suo onore la Santa Messa. Per darne il segno con la Campana propria della Confraternita fece ben tre volte pregare il Pievano di mandare la Chiave del Lucchetto, con cui da poco tempo teneva chiusa la Porta del campanile: Permanente il Curato nella ricusa venne sforzato il Lucchetto, sonata la Campana, e da me celebrata la S. Messa con numeroso concorso di Popolo ch'era commovente il vedere le lacrime di tenerezza, ed i segni di fervorosa devozione. Nel giorno due fù da persona devota ordinata una novena in onore di Maria SS.ma Addolorata, ed i confratelli per accomodare la Campana della Compagnia, che si disse dal Parroco malsicura, lo fecero di nuovo pregare per la chiave del Campanile, che era stato richiuso. Se ne ricusò fermamente il Pievano, per lo che fù sforzato il Lucchetto come la prima volta, e si ascese da più Persone nel Campanile per mettere in uno stato sicuro la Campana essendo accorsa in Chiesa moltitudine di Popolo, ed i Confratelli esclamando ad alta voce = Viva Maria, viva la Madre nostra = e qui dovrò rapportarLe se le mie parole non fossero tenute a spreggio in codesta Curia li modi urtanti, ed improprj del Sagrestano Collini usati in Chiesa, che vuol fare da Parroco, le sue milantazioni di arresto, e le provocazioni dei Fratelli del Curato contro più Persone, ed anche contro un Sacerdote in Sagrestia, me presente. Null'altro mi resta, che prevenirla di aver ordinato al Sotto-Sagrestano, per evitare nuovi disordini, come mi è stato riferito, di dare il segno di ciascuna Messa, dell'Ave Maria dell'alba, della sera, e del mezzogiorno, ma che in mia presenza il Sagrestano Collini ha sgridato il Sotto-Sagrestano, minacciandolo di toglierlo dal posto ... »(9)
Si ritiene opportuno rilevare che:
- nelle carte in questione nulla si dice della conclusione della vertenza Palmaroli-Loy presso la Diocesi di Ripatransone. Non è possibile per il momento dedicare tempo ed attenzione a tale argomento, anche in considerazione delle difficoltà di accesso ad alcuni archivi;
- i Grottammaresi riservavano alla Vergine una straordinaria devozione, come risulta da una frase dalla relazione di Paletti: «E' tale e tanta la venerazione, ed il culto che riscuote dalla Popolazione di Grottamare quel S. Simulacro di Maria SS.ma dei Sette Dolori che è quasi poco direi in confronto, quello che si tributa dai Fermani alla Miracolosissima Statua della Madonna SS.ma del Pianto.»;
- gli abitanti di Grottammare erano insoddisfatti del comportamento del Vescovo ripano, come risulta da un rapporto alla Segreteria di Stato (anonimo, anche se sottoscritto da Il Popolo di Grottamare Delegazione di Fermo per oggetto di pubblica quiete) compilato sicuramente dopo il 7 gennaio: « ... Che il Vescovo di Ripatransone in sei anni che fù elevato alla dignità della Tiara non abbia mai infranto il pane Evangelico al suo Gregge, mai recitata un'Omelia nè in Città, nè in Diocesi, nemmeno in tempo di S. Visita, che mai abbia elargito un soccorso ai Poveri, tal sia di Lui. Ma che voglia impedire indirettamente esercitare le prattiche di Pietà, e di devozione di onorare Maria SS.ma Addolorata, Oh! che questo non sarà mai ... »(10);
- per ricavare notizie biografiche relative ad alcuni protagonisti della vicenda, nati o domiciliati in Grottammare, si può ricorrere ai pochi Stati delle Anime ancora disponibili.(11) Vi si trova la famiglia n. 155, residente al nuovo Incasato, composta dal capofamiglia Loj Maria Geltrude qm Ant.° Petrelli ved.a di Franc.o 19.10.1777, e da sig. D. Luigi Maria figlio 22.12.1805, Felicia Maria figlia 16.1.1809, Rafaelle Maria figlio 23.12.1810, Onofrio Maria figlio (Ancona) 2.11.1814, Francesco figlio di Raffaele 18.9.1842. V'è inoltre il nucleo familiare n. 227, residente al vecchio incasato, composto da Palmaroli sig. D. Francesco Antonio qm Luigi 28.10.1753, sig.a Fosca Eulalia Cicilia sorella 12.2.1766, La serva Maddalena qm Ant.° Merlini S. Bened.°, sig. Giovanni Battista fratello del sig. D. Francesco Ant.° 8.1.1760, sig.ra Maria Angelica qm Franc.o Paolo Fraccagniani moglie 28.11.1763, Giuseppe Maria figlio 18.9.1791, Modestina Maria figlia 16.6.1803, Filippo Gaetano figlio 13.10.178 , sig.a Angelina del sig. Clementiano moglie Brutti not.° Bruno, Luigi Pietro figlio, il servitore Giuseppe Giobbellini, la serva Anna Clementina di Giuseppe Sparvieri 22.7.1801, Domenica Quindi di Porchia;
- quindi al parroco trentenne si contrappone il vecchio D. Francesco Palmaroli, ultraottantenne, mentre i due fratelli Loj coinvolti nella vicenda sono Raffaele Maria (venticinquenne) ed Onofrio Maria (ventunenne).
- nella questione si fa cenno alla Confraternita Laica sotto l'invocazione della medesima SS.ma Vergine. Per quanto noto a chi scrive, al momento non esistono studi specifici sulla presenza e sulle caratteristiche di tali associazioni esistite od esistenti a Grottammare. Probabilmente se ne era occupato il rimpianto don Natale Buttafoco, ma non è facile trovarne traccia.(12) Cenni in proposito sono reperibili nelle opere di storici locali, che qui si riportano:
«Il più bel vanto di questo popolo è lo spirito religioso, ond'è animato. Prova ne sono le numerose e ben corredate Confraternite, che sotto diversi titoli sono rivolte a onorare il Redentore, e la Vergine SS.; l'impegno con cui accorrono a celebrare le sacre Feste, a udire la divina parola; le varie istituzioni di devote preci per pubblico decreto; le Chiese infine dedicate al culto di Dio, e all'onore de' Santi suoi.»(13)>BR> «Numerose erano pur le confraternite ecclesiastico-laicali, espressioni anch'esse, della vita civile in tempi in cui tutto prendeva la forma ecclesiastica. La più antica di cui s'ha memoria fin dal cominciare del secolo XVI era quella del Corpo di Cristo eretta in S. Giovanni, cui erano aggregate le principali famiglie comprese le donne, la quale colle proprie rendite e con la carità privata, sovveniva ed amministrava l'Ospedale di S. Antonio, e due Monti di pietà l'uno frumentario l'altro pecuniario, prima assai delle fondazioni Peretti. Nel 1621 il Vescovo d'Albano, Cardinale Alessandro Peretti pronipote di Sisto V la fece aggregare a quella di S. Lorenzo in Damaso di Roma. Altra confraternita del Cristo morto e della Addolorata, eretta nel 1757 nella stessa chiesa, assorbì la precedente, e nel 1758 per breve del cardinal Colonna, provocato dal grottese Girolamo Palmaroli allora procuratore in Roma, venne anch'essa aggregata all'arciconfraternita di Roma. Altra confraternita della Concezione sorse nel 1603 a S. Lucia, per cura di Camilla Peretti sorella di Sisto V, ed ivi pure quella del Rosario di poco posteriore. Altra nel 1655 della Madonna di Loreto venne fondata in S. Agostino, e la sua prima affermazione fu un pellegrinaggio a quel santuario nell'anno appresso, in ringraziamento del non aver la peste attaccato il paese. In S. Agostino è pure altra dei Sacconi, ed in fine altra delle Stimate in S. Pio caduta pochi anni dopo la sua erezione, come son pure in decadenza le altre enumerate e parecchie minori, per il mutato indirizzo della società, che adulta sdegna le vecchie pastoie, fra le quali veniva costretta bambina. »(14)

2 - Delinquenza comune a Grottammare
Si ritiene utile trascrivere integralmente due documenti conservati all'ASV che danno una testimonianza attendibile sulla critica situazione esistente intorno al 1835 a Grottammare e nelle Marche, sia sotto l'aspetto politico sia sotto l'aspetto sociale. Infatti, dopo le vicende rivoluzionarie del 1831 e la temporanea sospensione dell'autorità statale a seguito della "liberazione" operata dal generale Sercognani, per ripristinare l'ordine pubblico il governo pontificio - impossibilitato a sostenere gli oneri per il mantenimento di una regolare forza pubblica a causa delle critiche condizioni del bilancio - preferisce arruolare gli "Ausiliarj", volontari macchiatisi di nefandezze e delitti di ogni genere nello svolgimento dei loro compiti.
Con l'occasione è opportuno presentare anche un caso di delinquenza comune con risvolti politici, relativo a Basso Brutti, sulla base di un rapporto conservato all'ASV: «In luogo del consueto Bollettino Politico umilio all'Eminenza Vostra Reverendissima il presente Rapporto. Nella notte del 7. corrente fù mortalmente ferito con colpo di coltello, e di Bastone un tal Basso Brutti di Grottamare, che si crede disertore delle Truppe Pontificie per opera dei fratelli Giovanni, Benedetto, e Micuccio Cameli Villici di detto luogo; ignorandosi fin qui la causa di simile delitto. Nella scorsa notte per opera di sconosciuto autore in un Forte del Fiume Tenna è stato ucciso il villico Totò, e ferito gravemente altro di lui compagno col mezzo d'istrumento comburente. Jeri per ordine dell'Eminenza Vostra Reverendissima furono subito mandati in quiescenza gli Ausiliarj, che si era creduto di attivare per tutelare la tranquillità pubblica, ed il buon andamento della giustizia in questa Provincia. Gli inimici del Governo mostrano esultanza per questa misura e non mancarono di beffeggiare i Soldati, che tornavano alle loro case. Nell'attuale situazione, e nell'attuale deficienza di Forza io non posso essere responsabile di qualunque avvenimento sinistro, che non vedo remoto a verificarsi in questa Provincia, per cui non manco d'invocare dall'Eccellenza Vostra Reverendissima quelle disposizioni, che crederà di adottare ... Fermo, lì 9. Ottobre 1835 ... Luigi Bonini D.° Ap.°.»(15)
«Avendo io già autorizzata V. S. I. ad attivare nuovam.e gli 80 circa Ausiliarj ch'Ella aveva chiamati in servizio attivo, ne segue che malgrado il loro ritorno in quiescenza potranno essere nuovamente essere attivati se il bisogno sia per sopraggiungerne. Per altro, se gli sconcerti che comunque avessero a ripararsi, le daranno tempo di avere costì una Colonna Mobile che movesse da Macerata a cotesta volta, Ella può contare di vederla posta in marcia appena giungerà in quel Capoluogo la di Lei richiesta; su ciò gli ordini sono precisi. Conoscendo però l'indole di cotesti abitanti io mi lusingo che non sarà per giungere un tal caso finchè le retrostanti contrade si manterranno in buon ordine ciò che tutto mi annunzia dover essere per molto tempo. Comprendo che qualche disordine parziale e d'indole non politica potrà aver luogo, ma tali disordini accadevano pure quando vi era costì una Guarnigione ... »(16)
Nulla possiamo dire dei protagonisti grottammaresi del fatto di sangue illustrato sommariamente, perché negli stati della anime di Grottammare del 1827-28 non compaiono né Basso Brutti né i tre fratelli Cameli, ma solo un certo Francesco Giovanni Brutti qm Basilio, nato il 18.5.1791, sposato con Giacoma Antonia qm Cruciano Loj e padre di Maria Teresa nata il 1.5.1823.
Interessante rilevare come le preoccupazionii del Delegato Bonini, che giunge a disperare di poter mantenere l'ordine pubblico, non siano affatto condivise dal Segretario di Stato

3 - Sospetti su Adriano Guerrieri
Nel 1827, tra le famiglie grottammaresi residenti nel vecchio Incasato, si trova quella distinta col n. 133, composta dal capofamiglia Guerrieri sig. Giovanni Batt.a Vincenzo qm Antonio 4.1.1750, da Antonio Benedetto figlio 10.11.1776, dalla Sig.ra Maria Gioconda qm Ant.° Giammarini moglie 14.11.1784, da Adriano Franc.o figlio 29.11.1807, da Celestino Maria figlio 12.6.1813, e da Ermenegildo figlio 6.4.1817, ma senza personale di servizio in quanto lo scrivano ha cancellato la parola serva ed ha aggiunto senza. E' una delle primarie famiglie del paese. Come quasi tutti i buoni sudditi pontifici il padre, la madre Maria Gioconda e il figlio Adriano Francesco hanno regolarmente osservato il precetto pasquale e, con diligenza, il parroco, o chi per lui, ne ha tenuto conto.
Passano pochi anni (siamo ormai nel 1835) e c'imbattiamo nuovamente in Adriano Guerrieri. Ha fatto i suoi studi in legge, si è laureato e vuole iscriversi nell'albo degi avvocati (curiali) di Fermo. Ma qualcosa nel suo curriculum vitae non piace alle autorità.
Infatti mons. Bonini, Delegato Apostolico di Fermo, dopo aver chiesto informazioni al Governatore di Grottammare, scrive alla Segreteria di Stato « ... rilevandosi però ... che il Guerrieri è soggetto equivoco tanto nel politico, che nel morale, mi arreco a preciso dovere di rispettosamente subordinare in copia conforme l'anzidetta informazione ...»(17)
Marco de' Nobili, il governatore interpellato dal Delegato, così aveva scritto: «Il contegno tenuto da questo Adriano Guerrieri dall'epoca delle passate vicende politiche fino al presente è stato costantemente equivoco, per essere un Giovane senza carattere. Interpellato poi sul proposito il Pievano Loy di lui Parroco mi ha verbalmente dichiarato sotto il vincolo della massima riservatezza, che egli non potendo far fede alcuna della di lui moralità, si circoscrive a dire soltanto, che ha soddisfatto al Precetto Pasquale ... »(18)
A Roma sono molto più rispettosi della procedura burocratica corretta e Bonini viene richiamato e invitato ad osservarla: «L'ammissione tanto dei Procuratori quanto dei loro sostituti per agire avanti i Trib. è rimessa dai § 249, 264 dell'Editto disciplinare 17Xbre 1834, che fà seguito al Motoproprio dei 10 Nov. intieramente ai Presidenti rispettivi. Se per delicatezza il Presid.e di codesto Tribunale hà chiesto a V. S. Ill.ma se hà cosa in contrario contro Adriano Guerrieri pare che ella non vi abbia da prendere parte attiva perchè in sostanza l'informazione che V. S. Ill.ma si è procurata da Grottamare si limita a dire che il contegno del Guerrieri è equivoco per essere un Giovane senza carattere; e che debba dal suo canto rimettere la risoluzione alla prudenza del sud.° Presidente ... »(19)
Anche un altro grottammarese di buona famiglia, Nicola figlio di Giosafat Ravenna, in quegli anni aveva seguito la stessa strada poi percorsa da Adriano: studente, carbonaro, laureato in legge. Quando aveva chiesto la patente di sensale il suo passato era stato esaminato a fondo e non era stato accontentato. Tuttavia, nel 1825, lo si trova inserito nell'albo dei procuratori legali di Fermo.(20)
Non è chiaro se l'indicazione senza carattere impiegata nel caso di Guerrieri fosse genericamente usata per definire pericoloso un individuo che non era un suddito acquiescente. Però il governatore ricorda anche la sua partecipazione ai moti del '31 e quindi un suo ruolo attivo nel contestare il governo.
Che, in questa circostanza, le cose siano andate nel verso giusto per Guerrieri non si può proprio dire. Infatti, per quanto riscontrato in altre occasioni, il delegato Bonini era certamente un difensore ad oltranza dell'ordine costituito e probabilmente le riservatissime informazioni pervenutegli da Grottammare saranno state comunicate verbalmente al presidente del Tribunale di Fermo. Una conferma indiretta - ma assolutamente non valida perché riferita ad anni molto posteriori - si può trarre dalla consultazione degli albi professionali dei legali di Fermo del 1852 e del 1854, dove il nome di Adriano Guerrieri non compare.(21)

4 - Un caso di antisemitismo nel Fermano
Si trascrive una lunga lettera scritta dall'Arcivescovo di Fermo, Gabriele Ferretti, al Cardinale Segretario della Suprema Inquisizione:
«Non mi era ignota la condotta dell'Ebreo Sabbatino Salomoni prima che mi giungesse il venerato dispaccio dell'Eminenza Vostra del 14. p.p. 7bre. Niuna provvidenza peraltro mi fu dato prendere sul di lui conto sia perche alcuni titoli di addebito non lo rendono soggetto al mio Tribunale, sia perche altri, sebbene di misto Foro mancano del necessario atto di accusa, e praticati sono senza notorietà di scandalo, onde al Fisco Ecclesiastico non è permesso di poter procedere per uffizio. Ora però, che l'Em.za V.ra mi chiama su tal argomento le dirò ciocche, è a mia notizia con fondati argomenti. L'Israelita, di cui si parla, sostenne una gran parte in questa Città nella Rivoluzione del 1831; mantenne poi, e tuttora mantiene segrete relazioni dirette alla propagazoione del Liberalismo; esercita l'Ufficio di Cassiere per la Setta, e prattica a favore della medesima aggregazione di giovani incauti, come mi è stato ne giorni scorsi riferito. Moltissimo danno senza meno può recare in tal genere di delinquenza il Salomoni per le non poche, e commode relazioni, che la mercatura a lui somministra in ogni ceto di persone, onde fu che sebbene dopo il 1831 dovesse essere espulso da questa Città trovò un riparo sotto l'ombra di non poche sottoscrizioni, alcune procurate dal favore di parte, altre dal timore, e parte dall'interesse, e dalla dabbenaggine di taluni Cittadini. Un uomo di tal tempera non è poi meraviglia, che si trovi dedito alla deboscia ed abbia abbandonata la propria moglie dimorante in Sinigaglia. Anche a me è stato riferito, che egli abbia sedotte diverse giovani dando loro regali del suo negozio, e denaro, e che abbia illecita corrispondenza con tre donne maritate, ma il denaro facendo tacere chi dovrebbe reclamare, e d'altronde tutto egli facendo con somma circospezione non può darsi luogo con effetto a regolare procedura, per cui si è finora sottratto dalla censura del mio Tribunale. In apparenza si mostra egli prodigo, e facile nei contratti, ma unisce in essi generi e denaro con usure, non lievi in frode della legge, onde sebbene in apparenza sembra che a questa Città il suo commercio sia utile è nella sostanza il più dannoso giusta il parere di persone esperte. Mentre poi nulla di preciso mi costa sulla clandestina introduzione dei libri proibiti (ciocche non è improbabile) è certo ch'egli abbia la sua abitazione attigua alla Chiesa di S. Rocco, ove di recente è stata traslocata la Compagnia del SS.mo Sagramento, e sebbene per parte di questa siasi procurata di avere l'abitazione suddetta dal proprietario gli è stata denegata per la maggiore utilità, che ritrae dall'Ebreo. Ciò con dispiacere fa rammentare quanto male a proposito siano state abolite alcune antiche costumanze dirette ad impedire la facile comunicazione con tale classe di uomini. E' in vista di tutto ciò che io a codesta Suprema S. Cong.ne formalm.e richiedo la espulsione dalla mia Archidiocesi di questo Israelita unitamente a tutta la sua famiglia, onde il mio Gregge sia ripurgato da tali infetti lupi rapaci. Non è più tempo, Eminenza, di tacere su questi argomenti, se non vogliamo miseramente trovarci in nuove angustie. I settarj operano ed operano assai, come io ho con miei rapporti tutto dedotto a notizia del Seg.rio di Stato Sig.r Card. Lambruschini. Daltronde nelle Provincie regna poca attività per la necessaria sorveglianza, e necessarie scoperte. Questo è uno dei più gravi mali, ai quali conviene che ripari il vostro Governo se vogliamo essere una volta istrutti dalle passate vicende ... »(22)

Considerazioni
Un caso del genere presenta aspetti che meritano molta attenzione e vanno inquadrati nell'ambito delle molteplici situazioni che la presenza degli ebrei e la loro partecipazione alle attività economiche e sociali hanno creato nei vari territori d'Italia. Infatti, a seconda del regime politico e religioso al potere nelle varie epoche, si riscontrano notevoli diversità nel comportamento della popolazione e delle istituzioni, che meritano un rapido riepilogo.
«Nelle Marche, forse più che in ogni altra delle regioni qui considerate, la componente ebraica ha avuto, fra gli ultimi secoli del Medioevo e gli inizi del'Età moderna, un ruolo di primo piano: gli insediamenti ebraici vi furono importanti non solo dal punto di vista numerico e della minuta distribuzione sul territorio, ma anche per la particolare valenza della funzione economica svolta dagli ebrei, specie, ma non solo, nel campo del commerico del denaro ... Per le Marche meridionali, già dall'ultimo quarto del Duecento troviamo ... documentati, direttamente o indirettamente, ebrei attivi ad Amandola, Ascoli, Montegiorgio e Santa Vittoria in Matenano ... Questi ebrei rappresentavano certamente le prime avanguardie della "diaspora" da Roma, ma è possibile che essi abbiano già trovato in loco altri correligionari, provenienti dal Sud e in particolare dagli Abruzzi. Nel corso del secolo XIV a questi insediamenti si aggiunsero, in provincia di Ascoli, quelli di Fermo, Force, Massignano, Montelparo e Ripatransone ... Con il Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento l'elenco delle località marchigiane in cui si ebbero insediamenti ebraici si allunga fino a raggiungere e superare complessivamente il numero di sessanta, ovviamente non tutti compresenti in un medesimo periodo. Troviamo, nell'odierna provincia ... di Ascoli Piceno, Acquaviva Picena, Arquata del Tronto, Campofilone, Castignano, Cossignano, Grottammare, Montalto, Montefiore dell'Aso, Montegranaro, Monterubbiano, Montottone, Offida, Patrignone, Sant'Egidio a mare (sic) e Sant'Elpidio ... non si può escludere che la residenza di ebrei nelle località sopra elencate risalisse spesso già al secolo XIV. I notevoli mutamenti politici intervenuti nella regione nel corso del Quattrocento si riflettono ampiamente nelle vicende degli insediamenti ebraici, rendendo ancora più problematica che per il passato l'individuazione di specifici ruoli svolti dagli ebrei ... Con il secolo XVI le distanze fra le diverse tipologie degli insediamenti ebraici marchigiani tendono ad accentuarsi, anche per il sopravvenire di nuovi immigrati ... fu particolarmente traumatico, poco dopo la metà del secolo, l'inaspettato avvio di una drastica politica antiebraica da parte della Santa Sede: in pochi decenni questa politica ... condusse alla graduale cancellazione di quasi tutti gli insediamenti ebraici delle Marche ... »(23)
Nei secoli successivi la situazione degli ebrei nello Stato Pontificio rimane sostanzialmente immutata, fino a che sulla scia del mutato atteggiamento degli intellettuali a seguito dell'opera degli Illuministi e dei rivoluzionari francesi, Napoleone emancipò gli ebrei. (24)
Con la Restaurazione gran parte delle provvidenze napoleoniche in Italia vengono cancellate dai sovrani restaurati, in particolare dal pontefice. Tuttavia, « ... anche là dove la normativa nei confronti degli ebrei (circa 37.000 nel 1840) fu più accentuatamente discriminatoria, non sempre le singole disposizioni - come accadde per l'obbligo di vendita degli immobili in Piemonte - furono attuate con rigore. E neppure prevalsero totalmente, nello Stato pontificio, gli orientamenti drasticamente antiebraici propri di molti esponenti dell'alto clero, come il delegato a Ferrara Tommaso Bernetti che all'aprirsi della Restaurazione, nel dicembre 1815, aveva scritto al segretario di Stato cardinal Consalvi: Se fosse permesso a me di dir qualcosa sul timore che si ha di perdere questa genia (gli ebrei) disgustandola con la rimettere ov'era, io rispettosamente direi che per Ferrara sarebbe - e per lo Stato - una fortuna vera che ne sloggiasse, perché quanto v'è d'usura, di frode, di monopolio, di disordine nelle monete, tutto in questa provincia viene da quella parte".»(25)
Molto più severo il giudizio di J. Lussu e dei suoi collaboratori secondo i quali, con la Restaurazione, nel Fermano «gli Ebrei vennero di nuovo rinchiusi nei ghetti e costretti ad assistere a regolari prediche di conversione, tornarono a funzionare i tribunali ecclesiastici, compreso quello dell'Inquisizione con l'uso della tortura ... » (26)

5 - Leandro Anelli, un sambenedettese Commissario di Sanità a Marano
La rivoluzione del 1831 ha profondamente segnato il comportamento dei dirigenti e dei funzionari pontifici fedeli al governo, come si desume dalle frequenti indagini disposte a carico di vari impiegati, spesso innescate da lettere anonime.
Un caso del genere riguarda Leandro Anelli, nativo di S. Benedetto e Commissario di Sanità nella vicina Marano da dove, il 25 giugno 1835 "un Cittadino difensore della propria Patria" è animato "a reclamare ... istantaneo provvedimento al sollecito turbine che sovrasta Marano."(27)
Cosa succede? Lasciamo che sia questo eroico difensore ad illustrarcelo: «Il veleno che ha contaminato gli Abbruzzi nel limitrofo Regno di Napoli ora si tenta spanderlo nelle nostre Provincie. Il Commissario di Sanità marittima in questo luogo è quello che regge una segreta corrispondenza coi Rivoltosi Napoletani, ed è quello che provvede ai loro indiretti disegni ... il suddetto impiegato è il depositario di molta polvere sulfurea, che trafugatamente spedisce ai suoi corrispondenti negli Abruzzi. Esso riceve continuamente somme di denaro dai suddetti rimessegli per mezzo di quelli che vengono a caricare la polvere, e non potendo ora avere il carico periodico dal Polveraro di Osimo, esso si è messo a reclutarla dai Contadini che ne hanno fatta la provvista, andando tuttodì dai medesimi per indagare con scaltrezza la quantità, e procurarne a qualunque costo la compra ... la notte del giorno 13. corrente mese avanti la Sanità in punto circa le ore 5. Italiane è stata clandestinamente sbarcata una Cassetta di cortissime Pistole avvitate e a fulminante provenienti da Livorno e consegnate in Mare da una Lancia di un Legno, il quale essendo stato in vista la stessa sera, il Commissario si trovò pronto al Lido per ricevere le suddette Armi, e per trasportarle in propria Casa. Si crede siasi servito di un tal Parone Basso Secci di qui, espulso dall'esercizio marittimo, a cui furono regalati due Ducati pel prestato servizio. Le suddette armi furono in seguito in più volte spedite col mezzo de' Contrabandieri di Polvere negli Abruzzi ad un tal D. Federico Mienni Defelis. Pochi sono a parte di tale delittuoso segreto, e tutti quelli che lo conoscono si sono compromessi colla propria firma in una stampa d'incognita tipografia in cui si giura di mantenere fino all'ultimo sangue l'infame diritto. Tale stampa esiste presso il denaro ed altre carte. Si avverte che deve riguardarsi innocente la firma che infine vi sono due puntini essendo quella che chiederà l'impunità, e riservatamente incolperà i Rei, mettendo al chiaro il Governo di questa unione. L'ordine dato dal Commissario ai suddetti, ed il sistema dal medesimo adottato è di passeggiare nei Luoghi isolati piuttosto che nei pubblici, e ritirarsi a casa infallantamente prima d'un ora di notte. Il succennato denaro viene dal medesimo custodito in un credenzone di legno esistente nella propria Camera ove dorme. Unitamente a questo vi sono alcune stampe costituzionali di Napoli, e vi è la nota di compromessi scritta in caratteri stenografici. Nel caso che venissero trafugate o meglio nascoste le Carte, ed il danaro, necessita che la Padrona di Casa dove il suddetto abita, non abbia affatto a concertarsi col Commissario, perchè da questa sebbene scaltra e segreta si può raccogliere quanto può essere sufficiente per venire originalmente al chiaro di tutto, poichè avendo ricoverato in casa un Emissario, come sentirà in seguito, ha essa avuta la curiosità di posrsi a sentire scaltramente i segreti colloquj, di cui essendosi accorto il Commissario, l'ha minacciata di morte nel caso Essa avesse a parlare. E siccome appena conosciutasi la cosa si verrebbe all'arresto di alcuni, perciò l'E. V. ascolterà un Detenuto, che cercasse parlarle, e che ora dichiara essersi fintamente unito per propria sicurezza e per scoprire al Governo i suoi equivoci Sudditi, ed Impiegati. Si avverte che avendosi in avanti il minimo sentore delle misure da prendersi su tal fatto sarebbe tutto rovinato, perchè si agisce colla massima accortezza sospettandosi di tutto, e di tutti in questo luogo. Non si tralascia ancora di prevenirla, che un Emissario Liberale ha tenuto più volte congresso col Commissario nella sua propria camera, e questo si è sempre mostrato con pelli, e vettura come oliararo, e sotto tale simulato aspetto forse tornerà per la parte di Offida la sera di sabato prossimo 27. corrente nel suddetto luogo dov'è stato invitato circa l'ora ed un quarto di notte altro aderente Impiegato in questo Luogo ad un congresso, il quale mai ha durato più di tre quarti d'ora. Si avverte che molte sono le porte di uscita nella Casa di D. Serafino Mareschi dove abita il Commissario, e perciò queste sieno ben guardate nel caso si dovesse fare una perquisizione, avvertendo che anche dalla terrazza si può trafugare in altra casa contigua. Sicuro dell'esito felice su quanto saprà agire sull'emergente la Polizia meriterà considerazione dal Governo chi avrà al medesimo scoperti i rei di sì nera fellonia. Marano 25. Giugno 1835
E' stata riaperta la Lettera per dirle che in questo momento che sono le ore 20.½ il Commis.° ha avuto un Espresso dal Regno, ma di più non si sa per ora, riserbandomi ad altro incontro appena si verrà al chiaro di qualche cosa di prevenirne l'E. V. R. Fuori = A Sua eccellenza R.ma Monsignor Delegato Apostolico Fermo
»
Questa denuncia viene presa in seria considerazione a Roma. In pochi giorni viene preparata la risposta per il Delegato: «Importante sarebbe conoscere il contenuto nel ricorso anonimo contro Leandro Anelli Commiss.° Sanitario a Marano se potesse esservi un qualche fondamento che lo fiancheggiasse. Sta bene che V. S. Ill.ma si occupi come mi dice nel rapporto dei 26. Giugno pross. p.to di conoscere destramente le qualità politiche di esso Commissario. Sono poi persuaso che Ella non avrà tralasciato nella sua diligenza di ascoltare come dicesi nell'anonimo un detenuto che avrebbe cercato parlarle il quale gli avrebbe reso ostensibile l'originale del reclamo per scoprirgli così delle cose importanti. Con questo mezzo avrà potuto a quest'ora procurarsi dei dati, ed attenderò di conoscerli, come anche attenderò di sentire il risultato di altre indagini che nella di lei perspicacia avrà potuto rilevare ... »(28)
Con questa lettera si conclude il fascicolo.
Da rilevare la cura ed il dettaglio con cui sono esposte le accuse a carico di Leandro Anelli, la buona scorrevolezza e correttezza delle espressioni usate dall'ignoto delatore, che però sembrerebbe in possesso di modi propri di gente legate alla categoria dei poliziotti o degl'informatori della polizia.

6 - Timori di sedizioni
Da un Rapporto Politico della primavera del 1837 veniamo a conoscere le preoccupazionii del Delegato Apostolico di Fermo per le presunte attività cospiratrici del marchese Filippo Trevisani.(29)
La materia viene presentata in maniera tale che se ne reputa opportuna la trascrizione quasi integrale: «Il 27. del prossimo passato Aprile ebbe luogo un pranzo con la riunione di molti soggetti al Casino del Marchese Filippo Trevisani posto nel Circondario di S. Elpidio al di là del Fiume Tenna, sù di cui, mentre inoltro a Monsignor Governatore l'informazione, che ha richiesto, adempio al dovere, che mi corre verso dell'Eminenza Vostra Reverendissima col prevenirLa conformemente, premettendo non esser nuove le riunioni dei pranzi nei Casini di Campagna nell'attuale Stagione di Primavera, che si effettuano sotto il vero, o simulato scopo della caccia alle quaglie. Passo quindi a significarLe, che dalla debita sorveglianza (pratticata da quest'Ufficio di Polizia anche in questo caso) è riuscito rilevare che l'argomento, il quale si trattò nella medesima riunione, vertè sulla speranza fallace, che si debba dare in breve in esecuzione un Articolo del Trattato di Vienna 1815, in cui venne aseegnata la linea meridionale d'Italia al Re di Napoli, e che queste Provincie siano comprese nella linea. Si suppone, che tale idea venga, se non fomentata, almen non esclusa dal Vice-Console. Per evitare poi la rinnovazione di riunioni anche più frequenti dopo la cessazione della caccia stimo opportuno di prevenire inoltre l'Eminenza Vostra reverendissima esser io di subordinata opinione non accordare il permesso del Teatro al Porto di Fermo nell'imminente stagione estiva, conforme n'è stata avanzata istanza, in vista del genio predominante di formare delle conventicole liberali, e di deficienza di Forza, a cui affidare la debita sorveglianza per impedire qualunque inconveniente ... »(30)

Note
(1) ASV, Segreteria di Stato, b. 250. Si tratta di un fascicolo che contiene lettere a completamento od in sostituzione del Bollettino Politico Settimanale, che doveva essere inviato dal Delegato Apostolico competente.
(2) Per la concessione di questa facoltà v. ASV, Segr. Brevi, vol. 4497, marzo 1804, Breve 172. La celebrazione della messa in oratorio privato a favore di famiglie grottammaresi viventi more nobilium viene elargita, in quell'epoca, anche a Gioacchino Laureati, padre di Marino e Pietro (ASV, ib., anno 1815, Breve 45, pp. 154, 158, 159, 172) e a Francesco e Giuseppe Ravenna (ASV, ib., giugno 1804, Breve 70). Nel caso in questione, Luigi Giacomo Palmaroli, vissuto dal 1727 al 1817, in una lettera del 1804 fa presente di aver concesso l'uso del muro divisorio, l'apertura di una finestra ed un contributo di 100 scudi per sopperire alle spese di ricostruzione della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista, al fine di ottenere l'apertura di un coretto per assistere alla messa dalla propria abitazione in caso d'infermità. L'accordo viene confermato da un breve papale che avrebbe comportato l'esborso di altri 38 scudi, cifra ritenuta esorbitante dall'interessato, che chiede e riesce ad ottenere una congrua riduzione dell'onere e la conferma del privilegio.
(3) ASV, Segreteria di Stato, b. 250, Rapporto Politico settimanale N. 5 del 3.1.1836.
(4) Ibidem, lettera 8.P.S. dell'8.1.1836 del Del. Ap. Luigi Bonini.
(5) In proposito vedasi quanto riportato da chi scrive in "I Palmaroli, artisti marchigiani dell'800. Dal Piceno a Roma, in Italia, in Europa", in attesa di pubblicazione.
(6) ASV, Segreteria di Stato, b. 250, lettera 17.P.S. dell'11.1.1836 del Del. Apost. Bonini.
(7) Ibidem, allegato 1 alla lettera 17.P.S. in due fogli, compilato il primo a Fermo il 9.1.1836 e il secondo in luogo e giorno non precisato. Ovviamente anche il governatore de' Nobili si era espresso con termini ottimistici sulla calma raggiunta in Grottammare, v. lettera 3.P.S. del 10.1.1836.
(8) Ibidem, lettera 8.P.S. dell'8.1.1836 del Del. Ap. Luigi Bonini.
(9) Ibidem, rapporto del 7.1.1836.
(10) In proposito è utile consultare L. ROSSI, Il difficile mestiere di Vescovo: La "Storia dei Vescovi di Ripatransone" di Mons. Bacher, Quaderni dell'Archivio storico arcivescovile di Fermo 14/1992, pp. 40-52.
(11) In merito cfr. G. CAVEZZI-G. MERLINI, L'Archivio Parrocchiale della Pieve di S. Giovanni a Grottammare, Cimbas 16/1999, pp. 38-48; A. SILVESTRO-F. PIGNOTTI, Lo Stato delle anime della Parrocchia di San Giovanni Battista di Grottammare negli anni 1827 e 1828 (in attesa di pubblicazione).
(12) Per tale appassionato studioso v. A. SILVESTRO, In memoria, Cimbas 9/1995, p. 111.
(13) G. B. MASCARETTI, Memorie istoriche di Grottammare, Ripatransone Jaffei 1841, riportata in V. RIVOSECCHI, a c. di, Grottammare. Percorsi della memoria, Grottammare ALDA 1994, pp. 55-61 e ss. Citazione tratta da p. 61, a p. I (tra le pp. 64 e 65) fotografia dell'Addolorata che si venera nella Parrocchia di S. Giovanni Battista.
(14) G. SPERANZA, Guida di Grottammare, Ripatransone Nisi 1889, riportata in V. RIVOSECCHI, a c. di, Grottammare. Percorsi della memoria, Grottammare ALDA 1994, pp. 119-136. Citazione tratta da p. 127.
(15) ASV, Segreteria di Stato, b. 249, lettera n° 3759 Polizia.
(16) Ibidem, dispaccio riservato del 15.10.1835 al Del. Apost. di Fermo dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni.
(17) Ibidem, lettera n. 425 P. S. del 3.8.1835.
(18) Ibidem, rapporto n. 48 P. S. del Governatore di Grottammare in data 30.7.1835.
(19) Ibidem, dispaccio n. 34214 del 18.8.1835 della Segreteria di Stato al Del. Apost. di Fermo.
(20) S. PIETRANGELI, a c. di, Tribunale arcivescovile di Fermo - Elenco de' Signori Avvocati e Procuratori abilitati nell'esercizio delle loro professioni nel sudetto Tribunale l'anno 1825 ...
(21) G. BARBONI, Diario sacro storico-statistico di Fermo per l'anno MDCCCLIV, Ripatransone Jaffei; E. MASI, Almanacco storico statistico del Piceno dello Stato e dell'Estero per l'anno bisestile 1852 diviso in sette parti, Bologna 1851
(22) ASV, Segreteria di Stato, b. 250. Per notizie sull'arcivescovo Ferretti v. E. TASSI, Gabriele Ferretti, Arcivescovo e Principe di Fermo, Segretario di Stato di Pio IX, Quaderni dell'Archivio storico arcivescovile di Fermo, n. 24/1997, pp. 11-32. A solo titolo di curiosità si riferisce che:
- Gabriele Ferretti, allora vescovo di Rieti, nel 1827 da' incarico, con esito positivo, al canonico G. Pistelli di leggere un « Opuscolo intitolato Dell'Industria Manifatturiera nello Stato Ponriticio, e del Contrabbando; e siccome non ho in esso ho trovato cosa, che repugni alla nostra S. Fede, o alli buoni costumi, così giudico che possa permettersene la stampa ...
- in un recente catalogo librario antiquario è apparsa un'opera di Mauro Cappellari (poi papa Gregorio XVI), intitolata trionfo della Santa Sede e della Chiesa contro gli assalti dei novatori, combattuti e respinti colle stesse loro armi, Napoli 1834, 2 voll., con Dedicatoria al mons. Gabriele de conti Ferretti arciv. di Seleucia, patrizio anconitano e reatino di fra Bernardinop da Sidereo
(23) M. LUZZATTI, Banchi e insediamenti ebraici nell'Italia settentrionale, in C. VIVANTI, a c. di, Storia d'Italia, Annali 11*, Gli ebrei in Italia, Einaudi Torino 1996, pp. 175-238, in particolare pp. 189-193.
(24) Per una inquadratura generale del problema cfr. C. VIVANTI, a c. di, Storia d'Italia, Annali 11*, Gli ebrei ... , op. cit. V. anche R. MORO, Le Chiese, gli ebrei e la società moderna: l'Italia, in Storia e problemi contemporanei n. 14/1994, Ebrei e antisemiti, pp. 7-22. Per gli insediamenti ebraici a Fermo fino al XVI secolo è utile la consultazione di M. L. MOSCATI BENIGNI, Marche. Itinerari ebraici. I luoghi, la storia, l'arte, Marsilio-Regione Marche Venezia 1996, pp. 78-81, con ricca bibliografia che qui si riporta in parte: A. MILANO, Storia degli ebrei in Italia, Torino Einaudi 1963; Id., Immagini del passato ebraico, "Rassegna mensile d'Israele" Roma 1974; V. COLORNI, Judaica minora, Milano Mursia 1991; S. BERNARDI, Presenze ebraiche nelle Marche un caso nella valle di Fiastra, in "Studi Maceratesi" Macerata 23, 1987; V. BONAZZOLI, Il prestito ebraico nelle economie cittadine nelle Marche, quaderno monografico di Proposte e Ricerche 1990; Id., Le comunità israelitiche in S. ANSELMI, a c. di, La provincia di Ancona, Bari Laterza 1987; Id., Guglielmo Ebreo da Pesaro in S. ANSELMI-V. BONAZZOLI, a c. di, La presenza ebraica nelle Marche, quaderno monografico di Proposte e Ricerche 1993 n. 14; M. CORVATTA-M. L. MOSCATI, Vicende degli ebrei marchigiani in F. BERTINI, Storia delle Marche, Bologna Il Resto del Carlino 1985; G. FABIANI, Gli Ebrei e il Monte di Pietà in Ascoli, Ascoli 1957; S. FOA', Gli Ebrei nel Risorgimento Italiano, Roma Carucci 1978; O. GOBBI, Emigrazione, conversione, riconversione ebraica nelle Marche, in S. ANSELMI-V. BONAZZOLI, a c. di, La presenza ebraica nelle Marche, quaderno monografico di Proposte e Ricerche 1993 n. 14; G. LARAS, Una sommossa nel ghetto di Ancona, Torino, Miscellanea di studi in onore di Dario Disegni 1969; O. LOCCHI, La Provincia di Pesaro Urbino, Roma Latina Gens, 1934; V. MANN, I TA LYA, Milano Mondadori 1990; M. MORONI, Prestatori ebrei ed economie cittadine nella Marca Anconitana, in S. ANSELMI-V. BONAZZOLI, a c. di, La presenza ebraica nelle Marche, quaderno monografico di Proposte e Ricerche 1993 n. 14; H. ROSENBERG, Cenni bibliografici di Rabbini e Letterati della comunità Israelitica di Ancona, 1932; L. ROSSI, Populus Firmanus iterum petit hebreos, in S. ANSELMI-V. BONAZZOLI, a c. di, La presenza ebraica nelle Marche, quaderno monografico di Proposte e Ricerche 1993 n. 14; A. SACERDOTI, Guida all'Italia Ebraica, Genova Marietti 1986; A. TOAFF, Comunità ebraiche di confine, Roma, Italia Judaica 1986. Va ricordato anche un fascicolo anonimo, scritto nel luglio 1924 a Vallombrosa, Firenze: I cognomi degli ebrei d'Italia.
(25) Cfr. in C. VIVANTI, a c. di, Storia d'Italia, Annali 11**, Gli ebrei in Italia, Einaudi Torino 1997, i contributi di A. MOLHO, Ebrei e marrani fra Italia e Levante ottomano, pp. 1011-1046; M. ROSA, La Santa Sede e gli ebrei nel Settecento, pp. 1069-1090; M. CAFFIERO, Tra Chiesa e Stato. Gli ebrei italiani dall'età dei lumi agli anni della Rivoluzione, pp. 1091-1134; F. DELLA PERUTA, Gli ebrei nel Risorgimento fra interdizioni ed emancipazione, pp. 1135-1170 (la citazione è tratta da p. 1141); F. LEVI, Gli ebrei nella vita economica italiana dell'Ottocento, pp. 1171-1214.
(26) G. COLASANTI-P. CONCETTI-L. FORMENTINI-J. LUSSU-M. STORTIN, Storia del Fermano, vol. 2. Dalla Restaurazione alla Comune. Marsilio Padova 1971, p. 30.
(27) ASV, Segreteria di Stato, b. 249, lettera n. 28 P. P. del 26.6.1835 del Del. Apost. di Fermo alla Segreteria di Stato per gli Affari Interni, con allegata lettera anonima. Leandro Anelli aveva sostituito nell'incarico di Commissario di Sanità Eusebio Possenti, anch'egli sospettato di simpatie per i liberali. In proposito cfr. A. SILVESTRO, A proposito di Crispino Valentini e di suo figlio Antonio, 2° convegno sulla civiltà marinara picena, S. Benedetto del Tronto 8-9 dicembre 2000. Per questioni sorte nel 1834 in merito alla sostituzione di Innocenzo Anelli, Commissario di Sanità a S. Benedetto e padre di Leandro, cfr. ASR, Ministero dell'Interno, b. 1249. Per quanto riguarda Basso Secci, da A. SILVESTRO, Il parone Ciriaco Sciarra, un contrabbandiere? Forse che sì, forse che no, Cimbas 19/2000, pp. 19-26, traiamo alcune notizie che lo riguardano. Nel Registro matricolare della gente di mare pontificia è iscritto al n° 19: «Basso Nicola Secci nato a Marano il 10 agosto 1780 e domiciliato in patria. Di statura ordinaria, viso ovale, fronte regolare, ciglia castane, occhi castani, naso regolare, bocca regolare, mento ovale. Miserabile con 4 persone. Sufficientemente esperto e di condotta plausibile. Titolare della lettera di comando n° 313 rilasciata il 12 dicembre 1826 ma punito (vedi dispaccio n.° 84707) con il ritiro della stessa. Riabilitato prima come semplice marinaio (vedi dispaccio n° 92046) e poi come parone con nuova lettera di comando (vedi dispaccio n° 37996 dell'ottobre 1842).» Sul suo conto nel fondo Camerlengato dell'ASR esiste un fascicolo di buona consistenza, del quale ci occuperemo in altra occasione.
(28) Ibidem, dispaccio n. 32800 del 4.7.1835 della Segreteria di Stato al Del. Apost. di Fermo.
(29) ASV, Segreteria di Stato, b. 250, lettera n. 260 P. S. del 24.5.1837 di mons. Bonini al Segretario di Stato. Per notizie su uno dei numerosi rami della famiglia Trevisani cfr. E. BRECCIA, Il Marchese Cesare Trevisani. Monografia, Fermo 1918, ricca di notizie su Roma, Fermo e lo Stato pontificio negli anni che portarono all'Unità d'Italia. In particolare, a pp. 35-36, le conseguenze scaturite dalla parola congiura, pronunciata per scherzo, che portò ad un'immediata inchiesta poliziesca.
(30) Per un diverso caso di censura teatrale esercitato dal delegato Apostolico di Fermo col vietare la rappresentazione di una tragedia nel teatro di Ripatransone nel 1841, v. A. SILVESTRO, Teatro dell'Ottocento a Ripatransone. Virginia Ripana, una tragedia censurata (in attesa di pubblicazione).

APPENDICE
In passato non sono mancate manifestazioni d'intolleranza verso gli Ebrei da parte della popolazione Fermana, come si riscontra da un passo stralciato da una pubblicazione periodica:(1)
«In tutti i paesi, bastava che vi abitassero degli Ebrei, che erano fatti segno a tutte le noie, a tutte le angherie, a tutte le prepotenze possibili e immaginabili. Anche a Fermo vivevano alcuni appartenenti a questo popolo perseguitato, e anche a Fermo si cercava di render loro la vita più incresciosa che fosse possibile. Per dirne una, per esempio, essi non potevano portare quel copricapo che più loro fosse piaciuto, ma dovevano coprirsi con un berretto giallo. Una volta, stanchi di sembrare tante teste di zucche, proposero al Comune, che, se fossero stati esonerati da quell'obbligo, avrebbero pagato annualmente un archibugio a testa. Non so se furono esauditi, ma forse sì, perchè, mentre questo avveniva nel 1523, nel 1529, soli sei anni dopo, per timore dei fuorusciti, la Cernita ordinò che tutti i cittadini di governo, frati e preti compresi, dovessero aver pronto un archibugio; e chi sa che non fossero distribuiti questi archibugi ebraici ?
Un'altra angheria, che dovevano subire, era l'obbligo di donare ogni anno agli scolari un cero nella chiesa di S. Lucia. Nel 1503 lo negarono. E allora, che cosa fanno i nostri bravi scolari? Adesso, si contentano di fischiare i professori o di abbandonare le lezioni; allora invece, in massa, entrarono nella Sinagoga e ne portarono via i libri. Nacque un diavolerio; la Cernita ordinò che fossero resi; ma, invece del cero, dovettero gli Ebrei pagare un fiorino; non sappiamo se agli scolari o al Comune. Se fosse avvenuto ai nostri giorni, il fiorino lo avrebbero certo dovuto pagare al Comune, unico a godere fra i due litiganti. E, siccome, quando si tratta di denaro, tutti i tempi e tutti i governi si rassomigliano, così è quasi sicuro che quei fiorini non saranno stati certo gli scolari a goderli.
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Note
(1) SCARABOCCHIO, Margutto.Lunario Fermano per il 1900, anno IV, Fermo tip. f.lli Bacher, 1900, p. 13.

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