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Muzio Attendolo Sforza Caterina Sforza Ippolita Maria Sforza Lodovico Maria il Moro Galeazzo Maria Sforza Gian Galeazzo II Maria Sforza Bianca Maria Visconti Battista Sforza.jpg stemma degli Sforza

Questa ricerca è composta da 2 saggi:
  • SFORZA SECONDO SFORZA
  • FRANCESCO SFORZA DALLE MARCHE A MILANO
    Per arricchire i pregevoli saggi dell'ing. Silvestro aggiungo alcune notizie:
  • Una interessante cronologia sugli Sforza si può seguire sul sito http://www.sardimpex.com/Files/sforza.htm
  • Un interessante saggio sui Simonetta e gli Sforza si può seguire sul sito http://www.storiadimilano.it/Personaggi/Milanesi%20illustri/CiccoSimonetta.htm.

    SFORZA SECONDO SFORZA

    (Piceno anno XIII, giugno 1989, pp. 63-78)

    In altra sede è stata presentata la figura di Sforza Secondo Sforza, figlio naturale di Francesco duca di Milano, nato a Grottammare nel 1435.(1) In questa, invece, riallacciandosi a quanto già esposto, si formula un giudizio sulla sua personalità, si propongono le linee genealogiche principali scaturite da Francesco Sforza e si illustrano alcuni dati relativi alle doti di famiglie patrizie dell'epoca.
    Gli autori che si sono occupati della famiglia Sforza, non hanno in genere dedicato molta attenzione a Sforza Secondo, che ci viene descritto come individuo insofferente e ribelle, frequentatore di cattive compagnie, impegnato in attività guerresche ma amante delle buone lettere. Aveva avuto dei precettori prestigiosi ed era stato avviato alle armi, seguendo un iter formativo simile a quello riservato ai suoi fratelli ed ai rampolli dei signorotti suoi contemporanei, fatta forse eccezione per i nobili di Venezia, Firenze e Roma. Ma a Urbino, Mantova, Ferrara, Rimini, Pesaro ed in molti dei feudi sparsi per l'Italia la sopravvivenza dei signori era affidata alle armi, direttamente ed indirettamente. Un esercito ben addestrato e comandato era essenziale per la salvaguardia del potere e inoltre il signorotto, in molti casi, una volta affermatosi come capitano di vaglia, andava anche a condotta delle potenze per trarne vantaggi economici, militari, politici e dinastici. In certi casi fortunati condottieri come i Montefeltro, gli Este ed i Gonzaga, ci hanno lasciato tracce indimenticabili ed incancellabili dalla civiltà della loro epoca. Si potrebbe dire che, con lo splendore d'innumerevoli capolavori, ricoprirono tanti fatti e misfatti compiuti per giungere al potere e mantenervisi.
    Per valutare la personalità di Sforza Secondo potremmo trarre alcuni elementi dalle lettere di Elisabetta Visconti, moglie del napoletano Colella, che si lamenta delle cattive disposizioni ed abitudini del marito, ed istituire analogie sul carattere e sul comportamento dell'amico Secondo. Ma con quale fondamento? Infatti lo vediamo applicarsi negli studi, sotto la guida di Mattia da Trevi, allievo del Filelfo - anche se non manca di contestare un maestro "pazzo" - e cercare d'influenzare favorevolmente Cosimo de' Medici nei confronti del Filelfo, colpevole di non pochi torti verso il signore fiorentino. Più che la manifestazione d'interessi culturali, di cui peraltro ci rimangono poche tracce, in quest'episodio cogliamo la dimostrazione di buone qualità umane, il desiderio di ottenere un riconoscimento dignitoso ed adeguato a favore di un illustre vegliardo, e di facilitare la chiusura in termini onorevoli di una lunga vicenda, in cui il Filelfo si era lasciato andare a manifestazioni non molto apprezzabili.
    Forse difficile, ma certamente arbitrario ed ingiusto, è lo spacciare giudizi sulla base di testimonianza tanto scarse. E' quindi preferibile limitarsi a riferire soltanto le proprie impressioni.
    Sforza Secondo ci appare un immaturo, certamente animato da buone intenzioni ma tuttavia incapace di conformare sempre le sue azioni a principi di giustizia e liceità; uno che si lascia trascinare a colpi di testa da amici con cui ha stabilito legami senza ponderare il giusto valore delle persone contrapposte e le conseguenze del proprio operato; uno che non ha messo a frutto né gl'insegnamenti di prestigiosi maestri né, per quanto validi ed impiegabili, i precetti empirici deducibili dall'esperienza e dal comportamento di Francesco e Bianca Maria. Uno che ha dovuto spesso far fronte a cose che lo sovrastavano, che ha riportato più sconfitte che vittorie e che ha ottenuto una posizione di un certo rilievo non tanto per i suoi meriti quanto perché membro della famiglia ducale.
    Osserviamo però anche le figure di altri personaggi suoi contemporanei. Che giudizio potremmo dare sulla moralità di uno qualunque degli Sforza maschi del ramo maggiore, o di Sigismondo Pandolfo Malatesta, degli Aragona, dei Medici, degli Este, dei Gonzaga, dei Borgia o di uno dei tanti condottieri che hanno lasciato nelle cronache dell'epoca le impronte sanguinose della loro esistenza? Certamente non molto dissimile da quello che daremmo su Sforza Secondo, a prescindere dalla maggiore o minore sfortuna nel conseguimento degli obiettivi, fattore che, per quanto ingiusto, a volte pesa indebitamente nei giudizi di merito.
    Tanto più che molti critici si limitano a ripetere il giudizio negativo espresso da un antisforzesco come il genovese Gallo.
    Che Sforza sia stato sfortunato in guerra non possiamo certo considerarlo come sua colpa esclusiva. E forse nemmeno tanto grave visti i risultati complessivi. Contro i genovesi era attorniato da una schiera dei più chiari, sebbene inesperti, condottieri milanesi, cui egli non seppe imporre la propria personalità ed autorità.
    Il Natale, pur non facendo esplicitamente il nome di Secondo Sforza, così commenta le sconfitte dei milanesi contro i genovesi: "La guerra era già nello stato di Milano: i ribelli genovesi ebbero il sopravvento (8 agosto) sulle milizie sforzesche, che si mostrarono codarde, come mai erano state. La infelice novella della rotta, volò da un giorno all'altro (9 agosto), con quanto, poi si seppe anche, del tradimento degli abitanti dell'entroterra ligure ai danni dei soldati, sbandati e fuggiaschi. L'esercito cedeva: esso, ch'era stato il nerbo del dominio sforzesco, perdeva ora il prestigio; una parte, a Genova, s'era fatta sconfiggere da un pugno di ribelli, e, fuggendo, s'era fatta ignominiosamente disarmare dai villani dell'Appennino ligure; un'altra si ribellava, in danno ai sudditi ducali, senza timore di superiori rappresaglie. Quanto non è detto nei Diari, ove son registrati i fatti di Genova e di Bellinzona, balza evidente: l'esercito era privo del suo comandante, che non poteva essere, né esservi condegno sostituto - se pure non fosse stato infido o impari come Roberto Sanseverino - se non il duca in persona: coså Francesco, perfetto conoscitore del rapporto umano tra soldato e condottiere, aveva educato il suo erede al trono ducale, Galeazzo Maria, anche all'onore della spada. Ora che l'erede era così giovane e il governo era tenuto a reggenza, su cui gravavano gli occhi avidi e del Moro e del Sanseverino e dei loro consorti, il danno poteva trasformarsi in catastrofe."(2)
    E' indubbio che a volte l'esperienza può attenuare le conseguenze di errori dovuti a difetti di carattere o di processo educativo. Ma è pur vero che a quei tempi i condottieri si formavano facendo la gavetta sul campo di battaglia e che dal 1450 al 1490 l'Italia visse in pace molto più a lungo che nel recente passato e nell'imminente futuro. Scarse furono le occasioni per affinare le qualità di un capitano di discreta, ma non eccelsa, levatura, quale possiamo considerare Sforza Secondo. Si contano sulle dita di una mano le campagne cui ha partecipato: 1450-1454, 1455-1456, 1467, 1478 e 1482-1483: quasi nulla in confronto a quelle sostenute dal padre fino al 1454.
    A suo sfavore peserà sempre l'imprigionamento decretato da Francesco. Nell'intricato viluppo dei rapporti familiari degli Sforza dopo la morte di Francesco, vedremo una bella serie di misfatti compiuti da Galeazzo Maria, Ludovico il Moro, Ascanio Maria, Sforza Maria ed altri ancora contro membri della famiglia e contro estranei. Ma nessuno di costoro, neanche il trascurato Polidoro, osò cospirare contro il genitore. Uscito dal carcere e superati momenti critici con Galeazzo Maria, Sforza riuscirà a recuperare parte del suo credito, pur rimanendo estromesso per sempre dalla lotta per il potere, appannaggio esclusivo dei fratelli legittimi.
    Una misura indiretta del prestigio goduto da una persona è costituito dagli onori conseguiti vita natural durante. Le fonti consultate ci hanno dato la possibilità di individuare con una certa approssimazione il rango conferito a Sforza.
    Adolescente era nelle grazie del padre. Di conseguenza era stato inserito ad un buon livello nella gerarchia milanese.
    Sappiamo che egli fu ascritto al consiglio segreto. Si trattava di un organismo importantissimo nella gestione del potere ducale che, tenuto in grande considerazione da Galeazzo Maria e da Bona di Savoia, più tardi fu ridimensionato da Ludovico il Moro. Anche Tristano faceva parte di questo consiglio, non però gli altri figli naturali di Francesco.(3)
    Come già detto in precedenza, fu capo della flotta ducale, capitano generale del Parmense, governatore di Piacenza e godette dell'amicizia e della fiducia di Bona di Savoia.
    Per conoscere qualcosa di più particolare, facciamo ricorso al formulario presentato da Frati, la cui elaborazione sembra risalga ad anni antecedenti il 1461.(4)
    Sforza Secondo risulta inserito al sesto posto nell'ordine di priorità delle personalità lombarde, dopo Bianca Maria, Agnese del Maino, Galeazzo Maria, Bosio Sforza e Corrado da Fogliano, prima di Tristano, Roberto Sanseverino, Elisa Attendolo, Bona Caterina Attendolo, Folco Attendolo e Tommaso Moroni da Rieti. Evidentemente non c'è stata ancora la ribellione contro il padre.
    Per epoche posteriori all'imprigionamento, disponiamo delle relazioni sulle nozze del duca Gian Galeazzo: in un ambito molto più vasto, non circoscritto alla sola Lombardia, lo vediamo diciassettesimo su trenta degli invitati di maggiore prestigio.
    Mentre a Bianca Maria è riservato l'appellativo di illustrissima ed eccellentissima, ed a Galeazzo Maria non ancora insignito della corona ducale quello d'illustre, a Sforza, come a Bosio, Corrado, Tristano e Roberto viene dato del Magnifico. Penserà poi la storia, con il senno dei posteri a fare giustizia ed a riservare questo titolo solo a Lorenzo de' Medici, anche se tuttora sopravvive l'usanza medievale di dare del magnifico ai rettori di tutti gli atenei.
    Ci pare quindi, in conclusione, che, tranne negli anni dal 1461 al 1467, Sforza Secondo abbia goduto di alta considerazione da parte dei duchi e della corte.

    Discendenti di Sforza Secondo
    Abbiamo già rilevato che nessuno dei figli di Francesco riuscì ad uguagliare i successi del padre nelle imprese belliche, nella gestione del potere né, tanto meno, nelle battaglie d'alcova. Una certa omogeneità di comportamenti e di risultati possiamo rintracciarla nella perenne difficoltà di reperire i fondi per far fronte non soltanto alle impellenti necessità irrinunciabili ma anche - e questa notazione va riferita soprattutto ai figli e ai nipoti - a quelle voluttuarie.
    Tutti rimasero ben lontani dal traguardo dei 35 figli ed anche da quello dei 20 raggiunto dal nonno Muzio Attendolo.
    Alcuni addirittura non ebbero prole, alcuni un solo figlio naturale, come Tristano, che probabilmente si sposò per ragioni dinastiche date le sue prevalenti inclinazioni omosessuali. D'altra parte in quell'epoca l'omosessualità non era una condizione emarginante, come risulta anche dall'ampio esame condotto dal Rocke sulla società fiorentina del '400, trasferibile sia pur non integralmente ad altre città d'Italia.(5)
    Tra i padri di prole legittima ed illegittima abbastanza numerosa vanno ricordati Galeazzo Maria che, morto a soli 32 anni, ebbe il tempo di generare 12 figli e Ludovico il Moro, con sette paternità. Da rilevare che alcuni di essi rivolsero indifferentemente le proprie attenzioni a rappresentanti dell'uno e dell'altro sesso, come Gian Galeazzo e Ludovico il Moro. Nulla, invece, ci risulta a questo proposito per Sforza Secondo.
    Questi, dal canto suo, fu padre almeno 9 volte, ma ebbe una sola figlia legittima che riuscì a superare, ma non di molto, l'infanzia: Giovanna, nata il 30 aprile 1466 e morta il 23 settembre 1483. Secondo il Litta sarebbe morta addirittura il 29 aprile 1453 mentre l'Agazzari ricorda di avere tenuto a battesimo il 4 aprile 1466 una bimba di nome Lucia.(6)
    L'Agazzari riporta la notizia della nascita di un figlio legittimo nel settembre 1467, che si deve presumere morto poco dopo e che, forse, avrebbe provocato la morte della madre, avvenuta il 28 gennaio 1468.7 Dal Cerri e dall'Arata abbiamo invece il testo dell'epigrafe dedicata ad Antonia, che si trovava nella collegiata di Borgonovo: "1482 die Jovis 19 septembris Hora XIII Ill.ma D.na Antonia Sfortia uxor ill. D.ni Sfortiae Secundi obiit in Burgonovo cuius anima Requiescat in pace".(8) Secondo l'Arata l'anno andrebbe letto 1487. Comunque si legga, la differenza fra le date dell'Agazzari e del Cerri e dell'Arata è troppo rimarchevole per essere accettata. Si potrebbe però pensare ad un errore nella trascrizione del testo da parte del cronista o addirittura allo scambio tra soggetto e complemento oggetto della frase: "Et eodem mense Ill.ma Domina Antonia Sfortia peperit filium et die XXVIII Januarii decessit".(9) Questo decessit dovrebbe cioè essere riferito al figlio, non alla madre, ma si tratta di una supposizione e nulla più. Peraltro, dopo quella data, nel diario del medico amico di Sforza Secondo non si trova più menzione della contessa.
    Gli altri figli furono:
    - Francesco, primogenito, naturale legittimato, nato il 4 aprile 1466 da una relazione con Margherita de Buris (o di Buggio o dei Bori), moglie di Bartolomeo da Lodi cui Secondo l'aveva sottratta e cui fu costretto a restituirla il 15 gennaio 1491 a Borgonovo. Francesco era stato designato erede del titolo paterno, che fu invece trasmesso ad Alessandro, natogli dal matrimonio con Franceschina Borromeo, sposata all'inizio del 1486 a Milano, alla presenza del duca, di Ludovico il Moro, della corte ducale e degli ambasciatori reali. Di Francesco sappiamo che fu presente alle feste nuziali di Gian Galeazzo Sforza ed Isabella d'Aragona.(10) L'Arata e il Cerri riportano il testo dell'epigrafe, gi_ nella chiesa parrocchiale di Borgonovo e ora distrutta: "1491, die Sabati 15 Januarii Hora XII, Ill. Co. Franc. Sforz. Filius Dilectus Primogenitus Ill.i D.ni Sfortiae Secundi obiit in Burgonovo cuius anima requiescat in Pace".(11)
    - Jacopetto, naturale legittimato, avuto da una certa Maria, designato a subentrare alla linea diretta nel caso di estinzione di questa. Cosa che sarebbe dovuta avvenire nel 1680, ma la camera ducale di Parma fece opposizione ed avocò a sé il feudo, che poi cedette agli Zandemaria. Ritorneremo più avanti sugli ultimi discendenti di Jacopetto.
    - Leone, naturale legittimato, anch'egli nato da Maria e designato a subentrare nel caso della duplice estinzione delle famiglie dei fratelli maggiori.
    - Lucrezia, naturale legittimata, anch'essa figlia di Maria, sposata al conte Antonio Anguissola. Rimasta vedova, il 12 maggio 1536 fa testamento a favore dei nipoti Alessandro, figlio di Francesco, e Sforza, figlio di Jacopetto. - Polissena, naturale, figlia di una non precisata Giovanna.(12)
    - Lucia, naturale legittimata, ricordata solo dal Cerri.(13)
    - Drusiana, naturale, di cui sappiamo ben poco oltre il nome.
    Non si può dire che i conti di Borgonovo abbiano lasciato grandi tracce nella storia nazionale. La Franciosi riporta un albero genealogico della schiatta, ridotto all'essenziale, ed osserva che "i suoi (di Sforza) discendenti, senza individualità predominanti, furono in continuo contatto con la corte di Milano, estinguendosi nel 1680".(14) A dire il vero, questo giudizio è troppo conciso per essere pienamente attendibile. Infatti, dopo la reazione del ducato farnesiano, le relazioni preminenti degli Sforza di Borgonovo non furono più con Milano ma con Parma e Piacenza. E, inoltre, va ricordato perlomeno Alessandro, quinto conte di Borgonovo, marito d'Isabella Farnese, figlia naturale del duca Ottavio di Parma, che si comportò brillantemente nella guerra di Fiandra agli ordini di Alessandro Farnese e fu ambasciatore del duca di Parma presso il granduca di Toscana e consigliere di stato. Morì nel 1638.
    Ma veniamo a tempi molto più vicini a noi ed alla linea di Jacopetto, tuttora fiorente. Da essa proveniva il conte Carlo Sforza, ben noto ministro degli esteri della repubblica italiana. Citiamo dal volume dello Zeno: "A chi gli domandava se veramente discendeva dai duchi di Milano rispondeva con noncuranza: oh no, noi proveniamo soltanto da un bastardo di Francesco, il primo duca. Il che era assolutamente esatto: quel bastardo, Sforza Secondo, fu il capostipite degli Sforza di Borgonovo."(15)
    Possiamo quindi affermare, con dati di fatto inoppugnabili, che Sforza Secondo ha dato un personale contributo alla instaurazione della repubblica in Italia!
    In appendice riportiamo una ricostruzione delle linee genealogiche facenti capo a Sforza Secondo, sulla base di quelle pubblicate dal Litta, dall'Arata, dalla Treccani, dal Ratti, dalla Santoro, dal Fiori, etc.
    Ci siamo limitati a riportare le notizie indispensabili per avere una rappresentazione dello sviluppo della schiatta. Purtroppo non sempre è stato possibile accertare le date di nascita e di morte dei vari personaggi e, in alcuni casi, neppure l'esatta linea dinastica (ramo di Castelsangiovanni).
    In proposito va osservato che il Fiori, dopo aver asserito che il capostipite Sforza Secondo era nato nel 1431 a Grottammare negli Abruzzi senza tanto riguardo all'esattezza geografica e, per quanto ci risulta, a quella cronologica, sostiene anche che la linea di Jacopetto non ha dato origine agli Sforza di Montignoso, dei quali presentiamo l'albero genealogico ricostruito in base alle indicazioni dell'Arata e dello Zeno.(16)
    Secondo quest'autore, il Giovanni capitano a Montignoso, nel 1525, non può inserirsi coerentemente nella linea di discendenza.
    Jacopetto sposò Elena Bonelli nel 1518, ma aveva avuto da lei i figli prima del matrimonio e li aveva legittimati nel 1515. Come risulta dal testamento redatto dal padre il 30 giugno 1515, essi avevano allora 15 anni circa ed erano "il frutto di una lunga relazione con una contadina di Castelsangiovanni (...) secondo le vecchie e meno apprezzabili tradizioni sforzesche".
    Non abbiamo documenti atti a sostenere la correttezza delle ipotesi Arata-Zeno, oltre a quelli da loro citati. Possiamo fare però alcune supposizioni per verificare se esista la possibilità che il conte Carlo Sforza sia disceso dal nostro Secondo.
    Il primogenito di questi, Francesco, era nato nel 1466. Il secondogenito dei maschi superstiti, Jacopetto, generato da altra madre, potrebbe essere nato prima del 1470. Suo figlio Sforza potrebbe essere nato tra il 1486 ed il 1490.
    Risulta che costui abbia avuto soltanto due figlie ma, come abbiamo avuto modo di notare confrontando le opere dei vari autori citati in bibliografia, molte certezze sono soltanto parenti. Supponiamo quindi che Sforza abbia avuto anche un figlio naturale, quel Giovanni capitano a Montignoso nel 1525, che potrebbe essere nato tra il 1502 ed il 1506. La carica di capitano, come risulta anche dal testo del Fiori, poteva essere assegnata a titolo onorifico: parlando di Giacomo, morto nel 1586, dice infatti che "il suo secondogenito Sforza (...) portava il titolo di capitano, benché analfabeta e dotato di scarse risorse finanziarie".
    Quindi non ci pare strano che un giovane sui vent'anni, di nobile estrazione, possa essere stato nominato capitano. Tutto ciò in linea teorica, soltanto per verificare la conciliabilità delle date. Però dovremmo anche negar fede, almeno parzialmente, al testamento di Jacopetto, in base ad altri documenti che non abbiamo. D'altra parte va osservato che la commissione araldica che a suo tempo esaminò la richiesta della famiglia Sforza - che non abbiamo potuto consultare - accettò la discendenza da Jacopetto.
    Pertanto, pur ritenendo non del tutto fondato quanto asserito dall'Arata e dallo Zeno, abbiamo tracciato di conseguenza la linea genealogica relativa, dando opportuno rilievo alle osservazioni del Fiori che, recentemente, nel lavoro sulle antiche famiglie piacentine, le ha ribadite, senza però negare esplicitamente il legame tra gli Sforza di Castelsangiovanni e quelli di Montignoso.
    Rimane tuttavia la probabilità, da supportare con documenti ancora da reperire, che questo "famigerato" Giovanni fosse in realtà un bastardo sforzesco di altro ceppo non individuato o, addirittura, figlio di Secondo Sforza. La cronologia lo consentirebbe, mancano però le prove.

    Note
    (1) A. e S. SILVESTRO, Sforza Secondo Sforza, un condottiero del '400 nato a Grottammare, L’Ancora n° 15 del 01.05.1988.
    (2) A. R. NATALE, a c. di, I diari di Cicco Simonetta, Milano 1962.
    (3) C. SANTORO, Gli uffici del dominio sforzesco (1450-1500), Milano 1948; V. BASSINI - G. FRATI, La cancelleria della duchessa Sforza, G.S.L.I. Vol. XVII, Torino 1891.
    (4) L. FRATI, Un formulario della cancelleria di Francesco Sforza, Milano 1891.
    (5) M. J. ROCKE, Il controllo dell'omosessualità a Firenze nel XV secolo. Gli Ufficiali di Notte, Quaderni Storici dic. 1987.
    (6) G. AGAZZARI, Chronica civitatis Placentiae, Parma 1862, p. 58.
    (7) G. AGAZZARI, cit., p. 60.
    (8) L. ARATA, Genealogia degli Sforza conti di Borgonovo ..., Piacenza 1909, p. 6; G. CERRI, I conti Sforza Visconti e il feudo di Borgonovo, Parma 1915, p. 130.
    (9) G. AGAZZARI, cit., p. 60.
    (10) L. ARATA, Genealogia..., cit., p. 10. Per alcune notizie su Franceschina Borromeo cfr. G. FIORI, Gli Sforza Visconti piacentini, Milano 1971-73, pp. 108-109.
    (11) L. ARATA, Genealogia ..., cit., p. 6; G. CERRI, cit., p. 130.
    (12) I nomi Polissena e Drusiana, che s'incontrano frequentemente nei vari rami degli Sforza nei secoli XV e XVI, ricorrono ancor oggi nella famiglia Sforza Cesarini.
    (13) G. CERRI, cit.
    (14) G. FRANCIOSI, Gli Sforza, Firenze 1931.
    (15) L. ZENO, Ritratto di Carlo Sforza ..., Firenze 1975, p. 38.
    (16) G. FIORI, Gli Sforza Visconti piacentini, cit.; G. FIORI et al., Le antiche famiglie di Piacenza e i loro stemmi, Piacenza 1979.

    Appendice 1
    (Le appendici e le varianti non sono state pubblicate)

    Cronologia di Sforza Secondo Sforza
    - Novembre 1433 - Francesco Sforza invade la Marca e la conquista in meno di 20 giorni.
    - 24 Agosto 1435 - Sforza Secondo nasce a Grottammare. Un bimbo dello stesso nome, pure figlio di Giovanna d'Acquapendente, era nato a Mortara nel 1429 ed era morto l'anno seguente. La data di nascita di Secondo è controversa: spazia dal 1431 al 1435.
    - 1435-1445 - Insieme alle sorelle Polissena e Drusiana vive a Fermo, nel Girifalco, accudito dalla madre fino al 1438, da Bianca Maria Visconti dopo il 1442. Anche altri figli naturali di Francesco (Tristano, Isotta ed Isolea) vengono allevati con i figli della Colombina.
    - 17.8.1440 - Da una lettera di Francesco a Giovanna apprendiamo che Alessandro Sforza ha recuperato le terre occupate da Iosia di Acquaviva, tranne Monte Secco e Cellino e che i "magnifici figlioli stanno bene, ciò è Sforza, Pulissena et Drusiana".
    - Luglio 1441 - A Fermo, Sigismondo Pandolfo Malatesta ottiene in moglie Polissena. La sposerà il 19.4.1442.
    - 24.5.1442 - Francesco mette "a capo di tutta la provincia l'inclita illustre nostra consorte", mentre egli si preoccupa di fronteggiare Niccolò Piccinino resosi padrone di Todi ed infiltratosi nella Marca.
    - 31.7.1442 - Viene scambiata una promessa di nozze tra Maria d'Aragona, figlia di Alfonso V re di Napoli, e Sforza Secondo, con atto stipulato a Rottacoppa di Servigliano, notaio e segretario Antonio de' Minuti. Queste nozze non avranno luogo, ma altri legami verranno stabiliti fra le due famiglie dopo il 1454. Maria invece, già nel settembre successivo, verrà promessa dal padre a Lionello d'Este.
    - 17.9.1442 - Ripatransone si ribella a Francesco ma viene presa e duramente punita. Bianca Maria segue da Grottammare le vicende della lotta e sosterrà sempre il marito nelle successive alterne vicende, che si concluderanno con l'abbandono della Marca nel 1447, dopo innumerevoli battaglie in Toscana, Umbria, Veneto, Lombardia, Emilia, Romagna, Lazio, Abruzzo e Marche.
    - 23.8.1447 - Morte di Filippo Maria Visconti. Luglio - Agosto 1447 - La prole di Francesco è a Forlì, "fra i quali era uno figlio d'anni XII o circha (...) Era bello d'aspetto et de bona eloquencia". Dovrebbe essere Sforza Secondo. Il 13 agosto i ragazzi sono a Cotignola.
    - Agosto 1447 - Francesco conquista Parma e ne fa conte Sforza Secondo. Così asserisce il Cambi, ma senza conferma di documenti e di altri autori.
    - 31 Agosto 1447 - Sforza Secondo scrive al padre di non poter sopportare "questo maestro pazo el quale è deventato pazo in tuto".
    - Dicembre 1447 - Tentativo di riconciliazione tra il Filelfo e Cosimo de' Medici. Sforza Secondo, allievo di Matteo da Trevi scolaro del Filelfo, su richiesta del maestro scrive a Giovanni de' Medici.
    - 1448 - Nel corso del conflitto tra Venezia e la Repubblica Ambrosiana, che si concluderà con l'ascesa di Francesco al trono ducale, Bianca Maria, pur seguendo il marito, non trascura i suoi compiti di madre di famiglia, curando non solo i propri figli, ma anche Tristano, Drusiana, Sforza Secondo e gli altri bastardi, ad eccezione di Polidoro, figlio di Perpetua di Varese.
    - 1.11.1448 - Sforza Secondo, Polissena e Drusiana vengono legittimati da papa Nicolò V.
    - 1.11.1448 - Luigi dal Verme si pone al servizio di Francesco Sforza. A quest'epoca risale probabilmente il concordato di nozze tra Sforza Secondo e Antonia dal Verme.
    - 27 Settembre 1451 - Rogito di Cicco Simonetta, stipulato a Lodi, con cui Francesco Sforza dichiara di ricevere 10.000 ducati d'argento da Filippo Confalonieri, delegato di Luchino dal Verme, la cui figlia Antonia viene promessa a Sforza Secondo, che ottiene in feudo il castello e il paese di Borgonovo Valtidone, già degli Arcelli, che lo avevano tenuto a lungo pur contrastati dai Visconti, fino a quando nel 1438 Filippo Maria Visconti lo concede a Niccolò Piccinino. Il feudo passa per eredità a Francesco e Jacopo Piccinino. Quindi Francesco Sforza lo dà al conte Lazzaro Arcelli, alla cui morte subentra Sforza Secondo.
    - anno 1452 - Il "magnifico Sforza" è angustiato da problemi economici, per la cui soluzione interviene il padre, "acciò che Sforza nostro figliolo da mo' inanze no habia casone de mendicare la provisione soa de qua et de llà come ha facto per lo passato". Gli è ancora precettore Matteo da Trevi, e lo sarà fino al 1455, come risulta anche da una lettera del duca in data 1.4.1452, con cui si dà ordine al maestro delle entrate di versare annualmente 150 fiorini da 32 soldi come stipendio di Matteo. Dal testo appare che questi era al servizio sforzesco già da 13 anni e che continuava ad esercitare il suo magistero per Tristano e per Sforza Secondo. In questo periodo Sforza Secondo stringe amicizia con il condottiero napoletano Colella, uomo violento ed indisciplinato, con il quale presta servizio nelle milizie paterne. Nell'autunno sono insieme al campo in "Scandolara" e "Gromtardo". Nel concedere lodi al Colleoni e a Roberto Sanseverino per la vittoria riportata, Francesco non trascura di elogiare "Sfortiam, eburneum et magnanimum adulescentulum", cui però spetterà anche il compito di risarcire i danni provocati dai soldati ai contadini ed ai paesani. Colella, marito di Elisabetta Visconti, morì prima del 1467. - 1453 - Insediamento di Carlo Sforza, nuovo arcivescovo di Milano. Nel corteo di dignitari e familiari è presente anche il nipote Sforza Secondo.
    - 9.4.1454 - Pace di Lodi, preludio alla istituzione della Lega Italica tra Roma, Venezia, Firenze, Milano e Napoli (1455).
    - 1454 - Ippolita Maria Sforza, secondogenita di Francesco e Bianca Maria, viene promessa ad Alfonso, duca di Calabria, primogenito di Ferrante II ed erede al trono paterno. Promessa nuziale anche per Sforza Maria, terzogenito dei duchi di Milano, con Eleonora, secondogenita del re.
    - 5.5.1454 - Nozze di Sforza Secondo ed Antonia dal Verme.
    - Agosto 1454 - Le entrate della terra di Borgonovo vengono assegnate a Sforza Secondo.
    - 17 Ottobre 1454 - Sforza a Milano è testimone dell'infeudazione di Manfredo Giberto, Antonio e Niccolò da Correggio su "Scarany et Bazani parmensis", e del conte Filippo Borromeo su Palestro.
    - 1455 - Con la moglie partecipa alla cerimonia nuziale del fratellastro Tristano e di Beatrice d'Este, "regina della festa".
    - 1455-1456 - Milita sotto Roberto Sanseverino e Corrado da Fogliano nella campagna contro Jacopo Piccinino nel Senese.
    - Novembre 1456 - Sforza Secondo è a Pavia con il padre.
    - 1457 - Viene emesso un documento per l'esenzione dalle tasse a favore dei frati di San Francesco in Borgonovo, basato su un rescritto favorevole del Duca, in data 12 luglio, e del signore di Borgonovo, Sforza Secondo. Contro questo provvedimento il comune di Borgonovo presenta ricorso. Il Duca affida al podestà di Borgonovo l'incarico di accertare la situazione e prendere gli opportuni provvedimenti.
    - 1457-1458 - Nei suoi soggiorni milanesi Sforza è a pensione presso Filippo Faruffini.
    - 1459 - Risulta che Sforza ha un maestro d'arpa.
    - 1459 - Pio II indice a Mantova un concilio a cui sono invitati i regnanti cristiani per concordare una crociata antiturchesca. Presente la famiglia Sforza, compreso Sforza Secondo.
    - 5.11.1459 - Lettera di Tristano, Sforza Secondo e Corrado da Fogliano a Francesco Sforza, in merito al soggiorno di alcuni ambasciatori a Pavia.
    - 25.4.1460 - Secondo revoca dall'ufficio di podestà di Borgonovo Agostino di Valenza e nomina luogotenente Giovanni Agazzari, medico, cronista e suo amico, cui già il 23 settembre aveva concesso immunità ed esenzioni reali e personali.
    - Agosto 1460 - Sforza subisce un incidente. Viene curato da Giammatteo da Grado, inviatogli dalla matrigna con l'approvazione del padre.
    - 1460-1462 - Sforza Secondo governa duramente i suoi sudditi e si lascia invischiare in trame rivoluzionarie da nobili gelosi della potenza sforzesca e partigiani di Giovanni d'Angiò. Francesco Sforza, ripresosi da una grave malattia che l'aveva colpito nell'agosto 1461, reprime la sedizione. Molti ribelli, si parla di 200-400, vengono uccisi negli scontri; alcuni, tra i quali il conte Anguissola, Tiberto Brandolini e Giacomo Pellizzari detto il Peloja, vengono presi e giustiziati. Il Bignami riferisce che l'uccisione del Brandolini sarebbe da imputare a Sforza Secondo. Questi viene risparmiato ed imprigionato a Milano nella rocchetta di Porta Romana (o porta Vercellina secondo il Ratti), a volte anche nel castello di Abiate. Nel settembre 1462, caduto malato, è assistito in carcere dalla moglie. Vi rimane tre anni, finché nel 1464 Bianca Maria, sollecitata da Antonia dal Verme, non convince Francesco a farlo liberare.
    - 19.4.1464 - Gaspare da Vimercate occupa Genova per conto di Francesco Sforza. I maggiorenti genovesi si recano a Milano per rendere omaggio al duca, circondato dalla duchessa e dai figli.
    - 7.8.1464 - In viaggio per Milano, dove si reca a prendere in moglie Drusiana Sforza, Jacopo Piccinino si ferma a Borgonovo, già suo feudo, per rendere visita al futuro cognato Sforza Secondo dopo la sua liberazione, avvenuta nel luglio dello stesso anno e per la quale anch'egli si era adoperato. Secondo scrive al padre di sentirsi "renasciuto o posto in un altro mondo quale gli pareva un paradiso rispetto al tempo passato".
    - 8.3.1466 - Muore Francesco Sforza. Le casse ducali sono vuote. Sforza a questa data risulta creditore dell'erario, come pure altri condottieri: Bosio, Tristano, Corrado, Roberto Sanseverino, etc. Bianca Maria e Galeazzo Maria danno disposizioni di vendere a privati i dazi e le imbottature per l'investitura feudale di alcuni dei creditori, come Bosio Sforza che ottiene Castell'Arquato; di suddividere diversamente le tasse del sale e dei cavalli; di rivedere le esenzioni fiscali.
    - 1466-1467 - Bianca Maria regge il ducato. Galeazzo Maria vuole portare soccorso ai fiorentini con i quali militano già lo zio Alessandro, il cugino Costanzo ed il fratellastro Sforza Secondo. Il suo apporto non viene apprezzato, anzi è aspramente criticato, soprattutto a causa dello sfarzo esagerato esibito dal duca e dai suoi accompagnatori. Di ritorno in patria Galeazzo Maria comincia a perseguitare Sforza Secondo, nel quale probabilmente intravede un rivale al potere.
    - 26.1.1467 - Sforza Secondo fugge a Crema, territorio veneziano, perché "teme per la vita come a tutt'Italia è noto". Il 18 marzo vengono tradotti a Milano sua moglie Antonia e suo cognato Pietro dal Verme. Questi viene arrestato e spogliato di tutto. Sarà liberato, per intercessione del duca di Urbino, solo il 25.3.1468. (Secondo il Corna l'arresto di Pietro va spostato al febbraio 1468). Quindi Sforza passa nel Bresciano al comando di 600 cavalli e si arruola con i Veneziani, sotto Bartolomeo Colleoni. A maggio, nel Modenese, transitano le truppe di Galeazzo Maria dirette a contrastare il Colleoni.
    - 1.1.1468 - Dopo averlo privato di Borgonovo il 28.1.1467 a favore di Sforza Maria, il duca restituisce il feudo e conferisce il titolo di conte a Sforza Secondo, con il quale s'è rappacificato. Infatti Sforza il 4 settembre 1467 ha abbandonato il Colleoni dopo lo scontro, avvenuto tra gli opposti partiti il 25 luglio a Bologna, e si è presentato a Milano per chiedere perdono al duca. Il 1 febbraio Sforza Secondo viene reintegrato nel dominio di Borgonovo.
    - 24.2.1468 - Proclama di Sforza Secondo che proibisce la caccia nella contea di Borgonovo, dalla Trebbia in su. - Giugno 1468 - Tristano Sforza si reca alla corte di Francia per concludere le trattative matrimoniali tra il fratellastro Galeazzo Maria e Bona di Savoia. Nel viaggio da Amboise a Genova, e da qui a Milano, la futura duchessa è accompagnata da Tristano e Sforza Secondo.
    - 1468 - Pur non essendo in floride condizioni economiche, Sforza Secondo estende i suoi possedimenti acquistando terreni nei pressi di Piacenza. Chiede di essere esentato dal pagamento del pedaggio alle porte della città.
    - 6-7 luglio 1468 (o 16-17 Luglio) - Alle feste nuziali di Galeazzo Maria partecipa anche il Magnifico Signore Sforza Secondo, con la moglie. Gli invitati sono più di duecento ma, per timore della peste, molti non intervengono.
    - 19 (o 23) Ottobre 1468 - Muore Bianca Maria, circondata da figli, figliastri e parenti.
    - Marzo 1469 - Drusiana si ritira nel convento di S. Agostino a Milano da dove, pochi giorni dopo, fugge con la figliastra Gabriella. Sforza Secondo, con Giovanni Simonetta e l'arcivescovo di Milano, la ricerca nei conventi cittadini, senza fortuna. Mentre Drusiana si rifugia a Trezzo, poi a Bergamo e infine a Padova, Gabriella viene rintracciata a Borgonovo, dove Secondo l'aveva affidata alla moglie Antonia. Lo stesso zio l'accompagna a Melegnano.
    - 29 Giugno 1469 - Cristoforo da Lampugnano scrive a Secondo ed al duca per comunicare la morte improvvisa di Drusiana. Anche Sforza scrive al duca per informarlo del lutto e del suo dolore, "non essendo altro che essa et lui de sua madre", e della sua intenzione di far ritirare da persona di fiducia le cose lasciate dalla defunta sorella, che ha voluto essere sepolta presso la madre.
    - 1469 - Di nuovo rottura dei rapporti tra Galeazzo Maria e Sforza Secondo, ma di breve durata. Dal 20 marzo al 15 maggio i sudditi di Borgonovo devono riconoscere come signore il duca di Milano.
    - 20.3.1470 - Con atto dei notai Cristoforo Cambiaso e Giovanni Antonio Gerardi si conferisce a Sforza Secondo l'investitura del feudo nel castello, terre e luogo di Borgonovo, eretti in comitato, e in Pavarano, Ziano, Arcello, Montebolzone e rispettive pertinenze.
    - 1472 - Galeazzo Maria gli affida il comando della flotta ducale. Compie ispezioni a Genova, Savona e lungo la riviera ligure.
    - 1472-1474 - Sforza con 600 cavalli e 100 squadre di soldati è al servizio del duca di Milano.
    - 26.1.1473 - Sforza Secondo invia a Pavia il suo famiglio Andrea da Lodi per recapitare al duca 8 stendardi. Altri 6 erano stati bruciati.
    - 21.9.1473 - Cicco Simonetta riporta una nota delle entrate di alcuni luoghi del Piacentino, chiesta da Sforza Secondo. Si tratta di Rinasco, Sarturano, Grugnitori e Guardanachi, Tavernago, Mirabello, Bilegni, Castiglione Valtidone, Fabiano, San Nicola con Castellazzo e Centoria. In totale hanno 165 fuochi, 669 bocche e danno un reddito di 1004 lire e 5 soldi per i dazi di pane, vino, carni, taverne, fieno e per l'imbottatura del fieno e del vino.
    - 1.1.1474 - Ambasciatori del duca di Savoia vengono a Milano per trattare il matrimonio di Bianca Maria Sforza e Filiberto di Savoia. Il 6 gennaio l'atto viene firmato alla presenza dei rappresnetanti della famiglia ducale milanese, tra cui Secondo.
    - 1474 – Insieme ad un figlio del duca di Borgogna, Sforza si reca a Brescia, diretto a Vienna, dove intende arruolarsi per combattere i Turchi che hanno valicato il Danubio.
    - 29.6.1474 ?? - Sforza riceve la scarsa eredità della sorella Drusiana, morta in meschine condizioni a Padova cinque anni prima.
    - 11.5.1476 - Sforza Secondo confeziona una colossale forma di cacio: diametro 0,8915 m., altezza 0,1564 m., peso 95,255 kg.
    - 26.12.1476 - Uccisione di Galeazzo Maria Sforza. Seguono "nella corte e negli stati de' torbidi gravissimi: gli zii del giovinetto (d'anni 8) duca Gian Galeazzo volendo intromettersi negli affari di governo." (Boselli)
    - 1.2.1477 - Riunione del consiglio segreto milanese, con la partecipazione degli ambasciatori accreditati. Nell'elenco degl'intervenuti seguono: Ascanio, Filippo Maria, Sforza Maria, Ludovico Maria, Roberto Sanseverino e Sforza Secondo. Infine i consiglieri e i segretari tra cui Cicco Simonetta. Non abbiamo il verbale della seduta, che doveva deliberare cose della massima importanza relative alla condotta dello stato.
    - 5.3.1477 - Rinnovo dell'investitura di Sforza da parte di Bona di Savoia.
    - 26.5.1477 - Nella chiesa di Borgonovo viene battezzato un etiope ventenne, che Secondo Sforza aveva sottratto agli ambasciatori del Sultano presso la corte milanese.
    - Agosto 1478 - E' duce dell'esercito di 20.000-30.000 uomini, nella spedizione contro Genova, coadiuvato dal cognato Pietro, da Pier Francesco Visconti, dal conte Borelli e da Gian Pietro Bergamino. Gli si oppone Roberto Sanseverino, assoldato dai Genovesi il 10.7.1478. Il 7 agosto gli sforzeschi respingono a Recluso le avanguardie nemiche, ma vengono messi in rotta il giorno 9 sotto il colle dei Due Fratelli, dopo una battaglia durata più di otto ore. Un cronista riferisce che, dopo essersi rifugiato a Montobbio, Sforza sia stato catturato con gli altri condottieri sforzeschi. Il fatto non risulta altrove.
    - 25.12.1478 - Ferdinando d'Aragona scrive a Sforza Secondo invitandolo ad unirsi a lui per ottenere il ritorno a Milano dei fratelli Sforza esiliati, "per potere più facilmente mettere in ruina et dissipatione la cosa del dicto stato, la salute del quale è a noi non meno cara che delle proprie nostre (...) al fine di render libero quello stato da tanto mal governo et tirannaya di quelli che lo reggono". Non ottiene l'adesione di Secondo.
    - Aprile 1479 - A seguito di sospette connivenze con Ludovico Maria, Ascanio Maria, Ottaviano Maria e Filippo Maria Sforza, con Roberto Sanseverino e con gli Svizzeri non ancora pacificati con il duca di Milano, Pietro dal Verme e Sforza Secondo vengono convocati a Milano. Quegli si finge malato e non si presenta, mentre questi vi si reca e viene arrestato. Viene comunque scagionato e rilasciato, in data non precisata.
    - 2.9.1479 - Accompagna Ercole d'Este in visita a Parma e, l'indomani, a Borgo San Donnino.
    - Settembre 1479 - Con altri, viene lusingato dal fratellastro Sforza Maria, duca di Bari, a concorrere all'eliminazione di Cicco Simonetta. Dopo l'arresto dello stesso Cicco, del figlio Antonio, del fratello Giovanni e di altri, il popolo saccheggia le case degli arrestati. Nell'ottobre Ludovico il Moro offre inutilmente a Cicco, in carcere a Pavia, la libertà in cambio di denaro. Le proprietà di Cicco e della sua famiglia vengono donate a Ludovico il Moro, a Roberto Sanseverino e ad altri. Il 30 ottobre 1480 Cicco Simonetta viene decapitato nel castello di Pavia. Nel dicembre 1480 Antonio e Giovanni Simonetta vengono scarcerati e reintegrati nei loro beni.
    - 1480 - Sforza Secondo risulta incluso nell'elenco dei condottieri dell'esercito sforzesco, insieme a Ludovico il Moro, al marchese di Mantova, a Galeazzo Manfredi, al duca di Ferrara, a Giovanni Bentivoglio, a Costanzo Sforza, a Pietro dal Verme, al duca d'Urbino, etc. Gode della stima di Bona di Savoia.
    - 1481 - Viene nominato consigliere dello stato di Milano. In occasione della contesa tra Roberto Sanseverino, Obietto Fieschi, Piermaria Rossi e altri nobili da una parte e Ludovico il Moro dall'altra, Sforza Secondo ed il cognato Pietro vengono sospettati di connivenze con i ribelli, ma senza fondamento.
    - 1482 - Dopo aver affiancato, insieme a Gian Giacomo Trivulzio, Costanzo Sforza nel comando delle truppe ducali inviate a domare la rivolta dei Rossi di San Secondo, viene nominato capitano generale delle armi ducali in sostituzione del cugino. Il 14 maggio, ottenuto senza combattere il forte di S. Andrea grazie al tradimento del castellano, provvede a munirlo. Ottenuto allo stesso modo Corona, viene però respinto a Roccaleone. Rientra a Parma, va a Ferrara contro i Veneziani in soccorso del duca Ercole. Di nuovo a Parma, allestisce un grosso esercito e si spinge a San Secondo, ma è duramente sconfitto e costretto e retrocedere fino al Grugno. Muore Piermaria Rossi. La lotta procede con alterne vicende. Prende alcuni castelli a patti che poi non rispetta. Cerca di far avvelenare i capi del partito avversario, senza successo. Nel settembre cede il comando al marchese di Monferrato e si reca in soccorso del duca d'Este. Infatti il 10 settembre è morto il duca Federico d'Urbino, capitano generale della Lega che sostiene Ferrara. Il 17 settembre Sforza gli succede e prende campo alla Stellata, nei pressi di Bondeno, preminente fortezza lungo il Po, a contrasto dei Veneziani guidati da Roberto Sanseverino. Si sposta di lì il 24 novembre con alcuni reparti, a soccorso di Ferrara gravemente minacciata. Il 25 lo segue, con altre truppe, Pietro dal Verme. Dopo alcuni scontri minori nello stesso mese e alla vigilia di Natale, il 26 gennaio 1483 insieme a Pietro Bergamino respinge sanguinosamente i Veneziani che avevano attaccato Argenta. Alla fine del mese cede il comando ad Alfonso duca di Calabria, nuovo capitano generale della Lega, arrivato a Ferrara il 15 gennaio. Dopo essere diventato capitano generale nel Parmigiano il 28.1.1483 per combattere i popolani ribellatisi al Moro, si trasferisce nel reggiano per riconquistare Montecchio, feudo estense che era stato occupato dal conte Guido Torelli, ribellatosi al duca di Milano.
    - 19.9.1482 - Muore Antonia dal Verme Sforza.
    - 14.5.1484 - E' nominato governatore e luogotenente generale della città di Piacenza, che abbandona il 21 giugno senza preavviso per rifugiarsi a Borgonovo a causa della peste. Aveva assunto la carica il 28 maggio, con amplissimo potere di giudicare ogni sorta di cause civili e criminali e di punire fino all'ultimo supplizio. "Le cause più rimarcabili pel nuovo luogotenente dovean essere quelle fra i Nicelli e i Landi e noi diremo che le giudicasse in parzialità (...) Pose al bando i Nicelli (che) furono inoltre dichiarati ribelli e spogliati de' loro beni".
    - 8.5.1485 (o 27.10.1485) - Muore Pietro dal Verme, forse avvelenato per ordine di Ludovico il Moro, di cui aveva sposato la figlia Chiara.
    - 29.10.1485 - Sforza redige il testamento, confermato il 18.3.1486 dal duca di Milano, a favore del primogenito Francesco, con lasciti agli altri figli e figlie naturali e legittimati (Jacopetto, capostipite degli Sforza di Castelsangiovanni, Leone, etc.).
    - Secondo il Cerri, Sforza ottiene conferma dell'investitura feudale con atto di Cicco Simonetta, notaio e cancelliere ducale. Ma a questa data Cicco era morto da 6 anni. Così pure erano morti Tristano e il duca di Montefeltro, testimoni dell'atto. Probabilmente la data va spostata di una diecina d'anni.
    - 18.3.1486 - Il primogenito Francesco viene investito in via sussidiaria dei beni di Montebolzone e Sarturano. Alla morte della sorellastra Giovanna aveva già ottenuto in eredità parte dei beni di famiglia.
    - Luglio 1486 - Nozze a Milano tra il conte Francesco Secondo Sforza e Franceschina, figlia del conte Giovanni Borromeo, alla presenza del duca Gian Galeazzo, di Ludovico il Moro, dell'intera corte e degli ambasciatori reali. - 5.7.1486 - Sforza Secondo rivolge una supplica al duca per trasmettere al primogenito Francesco anche i beni allodiali e feudali appartenenti alla defunta moglie Antonia. Dal testo del Cerri risulta che la figlia Giovanna muore dopo la madre ma prima del padre.
    - 17.1.1489 - Con Annibale Bentivoglio e Agostino Doria riceve, su incarico del Moro, Isabella d'Aragona che arriva a Genova in vista del matrimonio con Gian Galeazzo. Alle successive feste nuziali (Milano 2.2.1489) il corteo viene così ordinato: prima i paggi e i camerieri; poi i feudatari; quindi i cortigiani, i trombettieri e pifferai del duca e dei signori e, a coppie, i dignitari, tra cui il conte Francesco del Signor Sforza Secondo (5° su 30), il Signor Sforza Secondo (17° su 30), che precede i fratellastri Signor Filippo e Signor Ludovico, vari ambasciatori e nobili. Quindi, dall'ordine di precedenza adottato in questa occasione risulta che a Sforza Secondo era riservata alta considerazione.
    - 15.1.1491 - Muore il figlio primogenito Francesco.
    - 15.7.1493 - I commissari ducali pronunciano sentenza sfavorevole a Sforza Secondo nella vertenza che l'oppone al conte Bartolomeo Scotti per il "diritto di pescar l'oro da pagliuola nelle ghiaie del Po dalla bocca d'Adda fino a Parpaneso, etc.". Fin dal 1487 Sforza con più di 200 armati aveva intimidito e torturato uomini dello Scotti, per costringerli a testimoniare in suo favore davanti al tribunale.
    - 21 Novembre 1494 - Muore il duca Gian Galeazzo. Gli succede lo zio Ludovico il Moro.
    - La data della morte di Sforza Secondo è molto incerta. Alcuni la pongono nel 1491, altri nel 1492 o 1493. Il Ratti ed il Litta la spostano addirittura al 1501 e 1504, in considerazione dell'ascrizione alla nobiltà napoletana di uno Sforza Sforza di Sforza Visconti, avvenuta nel 1501. Il Cerri cita la supplica avanzata dalla figlia di Sforza Secondo, Lucrezia, al duca di Milano il 18.3.1493 per ottenere il pagamento della dote assegnatale dal defunto padre e l'atto di tutela del nipote Alessandro, suo successore, redatto il 26.3.1493 come termini di riferimento per affermare che la data di morte di Secondo è anteriore a quella dei documenti citati.
    In mancanza di altre testimonianze certe, le prove citate dal Cerri ci sembrano molto più sicure di quelle del Ratti. Questi, tra l'altro, non è sempre affidabile. Ad esempio, assegna a Sforza Secondo due soli figli naturali (Francesco e Lucrezia); riconosce soltanto 20 figli a Francesco Sforza; identifica in Alessandro figlio di Francesco Sforza Secondo quel Signor Sforza di Borgonovo sospettato di connivenza coi Francesi, mentre risulta che Alessandro ebbe un fratello di quel nome; etc.
    Non va però dimenticato il decreto di Luigi XII sottocitato, in cui compare il nome di Sforza Secondo, che potrebbe contribuire a considerare parzialmente fondata l'ipotesi del Ratti.
    - Ottobre 1499 - Re Luigi XII di Francia spoglia dei rispettivi feudi Sforza Secondo, conte di Borgonovo, Ziano, Pavarano, etc.; Francesco Sforza conte di Castell'Arquato; il Card. Ascanio Maria Sforza; il signore di Fiorenzuola ... a favore del maresciallo di Francia Pietro di Rohan. (Si potrebbe opinare che, pur essendo morto Sforza Secondo, i beni fossero ancora a lui intestati).
    - Aprile 1500 - Cattura di Ludovico il Moro. Carlo Orsino e Soncino Benzone con 4.000 uomini assediano Borgonovo, difeso da Franceschina Borromeo, chiusa nella rocca. La contessa rifiuta di cedere la sua torre e accetta soltanto la presenza di 4 soldati in rappresentanza del re.

    Appendice 2
    Aspetti finanziari del regime sforzesco

    Esaminiamo un aspetto collaterale della politica matrimoniale sforzesca: l'entità delle doti, in entrata ed in uscita. Con una certa attendibilità le possiamo considerare come un indice dell'importanza dei nubendi, delle rispettive famiglie e quindi del legame che si viene a stabilire fra di esse.
    Al fine di ricavare indicazioni utili a fornire un quadro di riferimento e di valutare alcune particolarità economiche dell'epoca, porremo a confronto il loro ammontare con quello d’altre spese sincrone, di cui c'è pervenuta documentazione, operandone anche la trasformazione in moneta odierna (1986). Cercheremo infine di dare una lettura "compatta" del bilancio ducale preventivo del 1476. Precisiamo infine che, quando compare il termine ducato senza alcuna specificazione, intenderemo sempre ducato d'oro e non d'argento, e che ducato e fiorino vanno considerati termini valutariamente equivalenti.
    Nelle tabelle 1 e 2 riportiamo i valori relativi a doti ed appannaggi vari desunti da alcune delle opere citate in bibliografia. Con f.o., d.o. e d.a. indichiamo rispettivamente fiorini d'oro, ducati d'oro e ducati d'argento.

    Prima di procedere oltre è opportuno soffermarsi brevemente sulle monete dell'epoca e sulla loro conversione in moneta attuale, pur senza entrare in dettagli di carattere specialistico. Una trattazione più ampia e dettagliata sull'argomento è affrontata da Franca Leverotti che, tra l'altro, prende in esame l'andamento della moneta, l'assetto fiscale ed alcuni bilanci dello stato milanese risalenti all'epoca di Francesco I, Galeazzo Maria e Francesco II.
    Facciamo ricorso al Giulini per reperire dati sulla moneta milanese del 1400 e, con l'aiuto del testo del Martini, ne effettuiamo la conversione in valore attuale.
    Per notizie più dettagliate sull'argomento si rimanda all'opera di F. Leverotti citata in bibliografia.

    Per convertire i ducati in lire italiane del 1883 facciamo ricorso al Martini, che non riporta integralmente il quadro monetario ora tracciato. Tenuto però conto dello scopo limitato di questa nota e dell'equivalenza tra ducato e fiorino, accettiamo i valori riportati nella successiva tabella 4, pur se non coincidono esattamente con quelli della

    Alcuni autori indicano il ducatone d'argento come moneta impiegata per il pagamento della dote di Antonia dal Verme. Risulta che tale moneta fu introdotta in uso certamente da Carlo V ma, probabilmente, era stata già coniata in precedenza, sotto Luigi XII. Spostare quindi, sulla semplice testimonianza di pochi cronisti,
    l'introduzione del ducatone d'argento alla metà del XV secolo è un compito che potrebbe essere assolto da un esperto numismatico in possesso di validi documenti, non certamente da noi. Ci si limita pertanto a porre in evidenza tale anomalia e traduciamo la dote di Antonia in ducati d'argento.
    Purtroppo il Martini non ci dà l'equivalenza del ducato d'argento. Però il dodesino d'argento del 1409, del valore di un soldo imperiale, corrisponde a 0,19 lire italiane. A quell'epoca il ducato valeva 56 soldi (Martini) o 50 soldi (Giulini), pari cioè a Lit. 10,64 nel primo caso e 9,5 nel secondo. La differenza di valore tra la moneta aurea e quella argentea all'epoca era valutata intorno al 20%. Ne discende che da 10,64 si passerebbe a 12,75 Lit. e da 9,5 a 11,4 Lit., valori abbastanza compatibili con quelli riportati nella tabella 5.

    I valori ricavati sono molto prossimi a quelli ottenibili rivalutando il ducato, sulla base delle indicazioni del Beltrami, valide per i primi anni del 1500 e per l'equivalenza di 1 lira imperiale con 12 Lit. del 1890. Per la conversione ai valori attuali si è fatto uso del coefficiente 3.525,342 tratto dalla tabella Lira Story, riportata in Italia Oggi.
    Prima di procedere oltre è opportuno soffermarsi ancora sulla conversione del ducato in moneta attuale. Il Perria dà al ducato aureo un valore di 500.000 lire (1970), senza fornire alcuna indicazione sul criterio seguito nella rivalutazione.
    La Santoro fornisce invece dei dati relativi al consumo giornaliero di viveri della mensa ducale, da cui desume un valore di 300 lire per un soldo e di 5.000 lire per una lira imperiale. Ne consegue un valore compreso tra le 15 e le 18.000 lire 1968. Va rilevato che tale criterio ha caratteri di settorialità tali che il risultato ottenuto, pur costituendo un parametro significativo, non può essere assunto come indice globale di valore universale.
    Secondo la nostra rivalutazione 1 soldo vale 755 Lit. (1986), 1 lira imperiale 15.100 Lit. e 1 ducato 45.265 Lit., valori notevolmente differenti rispetto a quelli della Santoro che, rapportati al 1986, darebbero 1 soldo = 2.300 Lit., 1 lira imp. = 46.000 Lit. e 1 ducato = 115.000/138.000 Lit.
    Ancora maggiore la differenza rispetto al Perria: il suo ducato nel 1986 varrebbe circa 3.500.000 Lit. Rimangono comunque di perenne attualità le considerazioni del Nitti sulla aleatorietà di tali operazioni. Si riporta infine, in tabella 6, una rilettura del preventivo delle entrate e delle spese ducali per l'anno 1476, tratto dal cap. XI dell'opera del Perria.

    Precisiamo che i valori inseriti in questa tabella provengono dalla rielaborazione di un preventivo più particolareggiato. Il raggruppamento è stato fatto, per quanto possibile, sulla base della omogeneità delle singole spese. I dati relativi alle uscite presentano una lacuna di 94.645 ducati per giungere al pareggio con l'entrate e di 48.615 ducati tra il totale delle spese e la somma delle singole spese sopra elencate. Lacune di questo ed altro genere, però, ricorrono anche nei bilanci esaminati dalla Leverotti e non possono essere considerati come indice di avanzo gestionale. Non è stata effettuata la conversione dei valori in moneta odierna.
    Prendiamo ora in considerazione quanto riportato nei precedenti prospetti.
    Dalla tab. 1 risulta evidente l'importanza connessa alle nozze di Bianca Maria Sforza con il titolare del sacro romano impero: oltre all'innalzamento della famiglia Sforza nella considerazione generale, si mirava ad ottenere, e si ottenne, l'investitura ufficiale del ducato milanese. Perciò la dote di 400.000 ducati (pari a 16 miliardi di Lit. 1986 valutando il ducato = 40.000 Lit., o a 1.400 miliardi accettando invece l'equivalenza proposta dal Perria) va considerata un picco anomalo in un diagramma che traduca graficamente i valori della tabella. In proposito va rilevato che, nel 1530, Carlo V pretese da Francesco II Sforza 400.000 ducati per il recupero del potere e l'obbligò anche a pagare 50.000 scudi l'anno per altri 10 anni.
    Una dote di 100.000 ducati può essere considerata appropriata per un matrimonio di membri di una casa regnante, mentre le doti di esponenti di famiglie principesche sono comprese tra 10.000 e 40.000 ducati. La più modesta di questo gruppo è quella di Antonia dal Verme che, pur essendo di 10.000 ducati, è l'unica espressa in moneta d'argento anziché d'oro.
    Anche le spese per il corredo, che generalmente erano una quota della dote, presentano forti escursioni. Dai 1.500 ducati di Antonia dal Verme si passa ai 75.000 di Valentina Visconti.
    Dalla tabella 2 emerge invece la sproporzione tra l'appannaggio annuo di un membro della famiglia ducale e quello di un professore universitario: i 150 fiorini d'oro di Amedeo Laude devono essere moltiplicati per un fattore maggiore di 60 per approssimarsi alla spettanza annua di uno qualunque degli zii di Gian Galeazzo. Un fattore ovviamente maggiore deve essere introdotto per l'analoga operazione, partendo dalla retribuzione di un lavoratore qualunque.
    Meritano attenzione anche le cifre della condotta annua di Francesco Sforza (240.000 fiorini), della somma versata dal card. Riario per l'acquisto d'Imola (40.000 ducati) e delle taglie sulla testa di alcuni ricercati dalla Repubblica Ambrosiana.
    La condotta che Filippo Maria Visconti avrebbe dovuto versare al genero, se prima non fosse intervenuta la morte, è molto prossima alla metà delle entrate annue del ducato milanese. Questa semplice considerazione può già dare un'idea della situazione disperata in cui si era venuto a trovare l'ultimo dei Visconti.
    Il prezzo pagato per Imola, invece, in confronto alle altre spese, sembra non eccessivo: equivale, all'incirca, all'appannaggio di tre fratelli Sforza.
    L'ammontare delle taglie ci fornisce quasi automaticamente una graduatoria del valore dei ricercati. Quindi lo Sforza ed il Colleoni si equivalevano, mentre i Crivelli ed il Borro valevano dieci volte di meno, anche se la storia nel frattempo ha quasi completamente cancellato le tracce degli uomini di ventura più modesti. Non possiamo compilare una classifica completa dei condottieri dell'epoca, in mancanza di altri dati.
    Dalla tab. 6 risulta la rilevante preponderanza delle spese familiari e personali del duca su tutte le altre. Sommando le voci e) e f) otteniamo ducati 131.369, pari al 31,18 % delle uscite ed al 26,36% delle entrate: un quarto abbondante dell'intero incasso dello stato si dissolveva per il sostentamento di una famiglia, peraltro numerosa. E un altro quarto delle entrate se ne andava per spese militari, cioè sempre, in fin dei conti, per assicurare la permanenza al potere degli Sforza. Il condottiero Francesco aveva fatto bene i propri calcoli ed il suo investimento era stato molto redditizio!
    Di lì a poco, con sorprendente esattezza contabile confermata anche dai conteggi della Leverotti, il Commynes scriverà che "quanto a questo ducato, non vidi mai più bella terra, né di maggior valore; e, se il signore si contentasse anche soltanto di cinquecentomila ducati l'anno, i sudditi sarebbero fin troppo ricchi e il signore vivrebbe in buona pace; ma invece ne leva seicentocinquanta o settecentomila, il che è una cosa iniqua, cosicché il popolo non chiede altro che di cambiar signore".
    Purtroppo per gli sforzeschi, egli aveva visto giusto: altri avidi occhi avevano preso di mira la ricca preda e, dopo appena un cinquantennio che vi si erano insediati, gli Sforza furono cacciati da Milano. Non merita alcun rilievo il ritorno di Francesco II sul trono ducale, sotto la pesante protezione di Carlo V, dal 1430 al 1435.
    Cosa ancor più triste, la loro cacciata avvenne anche in conseguenza dell'intervento di Carlo VIII in Italia, auspicato ed agevolato da Ludovico il Moro. Interpelliamo in proposito ancora il Commynes, che seguì il suo sovrano nella campagna e fu impegnato in delicate missioni diplomatiche a Venezia e a Milano. Il re "fu guidato da Dio sia all'andata sia al ritorno, perché il senno di quei due che come ho detto la menavano non servì guari ... L'impresa sembrava a tutte le persone savie e d'esperienza assai dissennata; la giudicava buona soltanto il re e un tale chiamato Stefano di Vasc ... (Carlo VIII) non era fornito né di senno, né di denaro, né di qualunque altra cosa necessaria a una tale impresa; eppure ne venne a capo mercè la grazia di Dio ... Io non dico che il re non fosse savio per la sua età, ma aveva soltanto 22 anni e usciva appena dal nido".
    Bizzarrie della storia: questa descrizione di Carlo VIII sotto molti aspetti si potrebbe attagliare a Sforza Secondo. Eppure la fortuna (o la grazia di Dio, secondo il Commynes) decise diversamente.
    D'altra parte la fortuna aveva già sparso abbondantemente i suoi favori sulla famiglia Sforza.

    Appendice 3
    Iconologia di Sforza Secondo

    Non ci è stato possibile reperire immagini di Sforza Secondo nei testi consultati, né riferimenti utili alla loro individuazione in altra sede.
    Nell'epoca sforzesca, che ha visto la fioritura del Rinascimento a Milano e in Lombardia, numerosi pittori lavorarono alacremente per tramandarci testimonianza dei fatti e dei personaggi che la caratterizzarono.
    Pertanto, nella massa che circonda gli esponenti più prestigiosi di casa Sforza, da Francesco a Bianca Maria, da Galeazzo Maria a Ludovico il Moro, non si può escludere che sia stato rappresentato anche Sforza Secondo.
    In mancanza di altro, riportiamo la riproduzione di elementi a lui strettamente legati: il castello di Borgonovo e alcuni stemmi degli Sforza.
    Lo stemma dei conti di Borgonovo risale a quello della famiglia Sforza prima dell'ascesa al trono ducale. "Uno scudo d'azzurro al leone d'oro, lampassato di rosso, all'alemanna, tenente colle branche anteriori un cotogno dal campo gambuto e fogliato di verde". Era stato conferito a Francesco Sforza dal re Roberto di Baviera. Dopo la conquista del ducato di Milano, Francesco preferì assumere per sé lo stemma visconteo, con due vipere e due aquile nei quarti alterni. Fece anche ricorso ad insegne araldiche secondarie: fasce ondulate, tizzoni con secchi, tre anelli intrecciati, il sole contornato dai raggi e, posta al centro, una colomba che tiene nel becco un nastro con l'impresa "à bon droit".
    Aggiungiamo anche la riproduzione dello stemma dei Peretti, allo scopo di mettere in luce la sorprendente somiglianza di alcuni particolari blasonici delle famiglie Peretti e Sforza che, molto più tardi, trovarono un punto d'incontro nei Cesarini Sforza.

    BIBLIOGRAFIA
    Le notizie su Sforza Secondo non sono poche, anche se non sempre esatte e complete. Tuttavia sono disperse in numerosi testi, spesso difficilmente accessibili e si prestano a facili equivoci.
    Infatti, come già detto in precedenza, il Nostro a volte viene chiamato semplicemente Sforza, come il fratellastro Sforza Maria (detto anche Sforza Terzo) oppure, più raramente, Sforzino, mentre saltuariamente viene indicato genericamente come uno dei figli naturali del duca. Molti discendenti dei vari rami della famiglia Sforza ebbero in seguito lo stesso nome: in questi casi il rispetto dell'esattezza cronologica aiuta ad evitare non improbabili confusioni.
    Abbiamo perciò ritenuto opportuno indicare in bibliografia una ricca lista di opere, solo apparentemente eccessiva e ridondante, in realtà utile ed addirittura indispensabile per orientarsi con una certa sicurezza nei meandri delle vicende sforzesche.
    Le notizie tratte da autori contemporanei al personaggio in esame, a parte l'Agazzari, provengono in netta maggioranza da cronache e altre opere raccolte nella collana Rerum Italicarum Scriptores. Abbiamo fatto ricorso, anziché all'opera originale edita dal Muratori, a quella più recente Lapi-Zanichelli che, grazie agli indici analitici - in pochi casi lacunosi ed incompleti ma generalmente ricchi ed esaurienti - ed al corredo delle note testuali agevola moltissimo l'opera del ricercatore.
    In particolare il volume curato dal Fossati fornisce un materiale estremamente ricco e stimolante, indispensabile per operare confronti e verifiche al fine di accertare la corrispondenza di molti dati.
    Il centro del feudo di Sforza Secondo attualmente è denominato Borgonovo Valtidone. Alcuni autori lo denominavano Borgonuovo. Per uniformità di scrittura abbiamo fatto ricorso al termine più recente.
    Per Grottammare, invece, abbiamo preferito conservare le denominazioni originali allo scopo di arricchire, entro certi limiti, la conoscenza di particolari episodi senza modificare l'onomastica dell'epoca.

    Abbreviazioni usate:
    AA.VV. Autori vari
    ASL Archivio Storico Lombardo
    ASPP Archivio Storico per le Province Parmensi
    ASPPN Archivio Storico per le Province Napoletane
    ASM Archivio di Stato di Milano
    ASR Archivio Storico Romano
    ASI Archivio Storico Italiano
    BSP Bollettino Storico Piacentino
    CSM Centro Studi Maceratesi
    DSPP Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi
    DSPN Deputazione di Storia Patria Napoletana
    GA Giornale Araldico
    GSLI Giornale Storico della Letteratura Italiana
    MSSOGS Miscellanea di studi storici in onore di Giovanni Sforza
    RDSPM Regia Deputazione di Storia Patria per le provincie delle Marche
    RRIISSNED Rerum Italicarum Scriptores, nuova edizione

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    FRANCESCO SFORZA DALLE MARCHE A MILANO

    Francesco Sforza

    1. Premessa
    Francesco Sforza è uno dei protagonisti del trapasso dal Medioevo al Rinascimento, epoca in cui avviene un profondo mutamento che priva quasi tutta l'Italia di ogni autonomia politica. Dalla variegata frammentazione dei domini cittadini e signorili sparsi tra i grossi blocchi del Regno, del Papato e di Venezia contrapposti a Milano e Firenze, si passa al dominio spagnolo che, effettivo in Lombardia e nell'Italia del sud, dopo aver raccolto l'eredità aragonese e cancellato le ambizioni angioine e francesi sull'Italia, condizionerà pesantemente i superstiti stati nazionali.
    In questo sconvolgimento gli Sforza recitano una parte importante. Conquistato il potere, Francesco lo gestisce saggiamente. Ricerca e mantiene intese con le potenze italiane e straniere e conduce una politica fondata sulla realtà non solo nazionale. Giustamente non trascura quanto avviene ad occidente, in un momento in cui, ad oriente, il Turco crea grandi problemi a Venezia, a Napoli e a Roma. Ansioso di distogliere le brame franco-angioine dal Milanese, mantiene buoni rapporti con Carlo VII e Luigi XI. Da quest'ultimo ottiene Genova e Savona ed in suo aiuto invia in Francia un contingente militare guidato dal figlio Galeazzo Maria.
    Le gesta belliche naturalmente conferiscono a Francesco il ruolo di capo carismatico degli sforzeschi, contrapposti da decenni ai bracceschi dei Piccinino che, dopo la scomparsa di Muzio Attendolo e di Braccio da Montone, sono i più potenti ed efficienti gruppi di armati dell'epoca d'oro dei capitani di ventura, arbitri della fortuna dei signori per cui combattono. Solo Francesco, però, riesce a coronare i suoi sogni ambiziosi e a cingere la corona ducale di uno degli stati più ricchi d'Italia. In questa impresa usa tutti i mezzi a sua disposizione: le armi, la solidarietà familiare, i legami matrimoniali, l'astuzia, la diplomazia, l'inganno, la repressione spietata, il perdono, etc.

    2 - Figli, politica e matrimoni
    «Eo anno filium suscepit nomine Sfortiam ad Cryptas ortum Picenas, secundum ab illo qui prius interierat».
    Così Pietro Candido Decembrio ci presenta Sforza Secondo, quarto figlio di Francesco Sforza e di Giovanna d'Acquapendente, detta la Colombina, e nato ad Cryptas Picenas, cioè Grottammare. Quando? Nel 1435, probabilmente il 24 agosto, come ritengono molti autori. Alcuni propongono l'11 Agosto 1435. Altri risalgono addirittura al 24 agosto e al 26 febbraio 1433 o al 1431. Queste ultime date non sembrano accettabili perché solo nell'autunno del 1433 Francesco invade la Marca e la presenza di Giovanna a Grottammare nell'agosto antecedente l'impresa, o ancora prima, non troverebbe valide giustificazioni.
    Giovanna conosce Francesco nel 1421 ad Acquapendente, suo paese natio nell'alto Lazio, dove il capitano è solito svernare. Graziosa ed avveduta, ispira un grande amore al condottiero, di qualche anno più giovane di lei. In pochi giorni stringono un rapporto caratterizzato da grandi manifestazioni d'amore, affetto e tenerezza, senza mai alcun impegno nuziale da parte di Francesco, che vede nel matrimonio un'importante carta da giocare per il raggiungimento di mete ambiziose. Il legame dura 17 anni, concede a Giovanna onori e soddisfazioni di vario genere ma lascia a Francesco la libertà sia di dedicarsi ad altri amori, sia di sposare una figlia di Giacomo Caldora, uno dei più potenti signori del regno di Napoli, intorno al 1424. Papa Nicolò V dopo poco scioglie questo vincolo rimasto infecondo.
    Giovanna dà cinque figli al suo uomo: nel 1422 una prima Polissena, morta ben presto; nel 1428 una seconda Polissena che, sposata a Sigismondo Malatesta, conclude la sua vita sulla soglia dei ventun anni, non si sa se per peste o per mano di un sicario su commissione del marito; nel 1429 un primo Sforza, scomparso già nel 1430; nel 1435 Sforza Secondo, che sarà il più fortunato e il più longevo dei cinque; infine Drusiana, nata il 30 settembre 1437 ad Antaldo, che pure andrà incontro a profonde delusioni e a tragiche avventure.
    Il nome Polissena, che spesso ricorre nella famiglia Sforza, risale alla prima moglie di Francesco, una Ruffo di Calabria sposata il 19 novembre 1418 e morta nel 1420, lo stesso anno in cui muore la loro figlioletta Polissena. Negli anni 1428-29 la forzata permanenza a Mortara impedisce a Francesco, caduto in disgrazia del duca Filippo Maria Visconti, di applicarsi alle armi ma non agli amori. Infatti nel 1429, da una donna milanese a noi sconosciuta ma di una certa notorietà all'epoca (ex clariore femina, dice il Decembrio con una punta di scarsa considerazione per la Colombina), ha Tristano, che sarà un prezioso e stimato collaboratore del padre e di Galeazzo Maria, duchi di Milano.
    La primogenitura dei maschi viene attribuita a Tristano la cui nascita, però, è prevalentemente posta nel 1429, dopo quella del primo Sforza. Quando si tratterà di dare il nome al primogenito legittimo, Francesco d'accordo con la moglie interpella il suocero per tale scelta, che si traduce in un Galeazzo Maria di schietta appartenenza alla linea viscontea. Ciò mostra quale valore il conte di Cotignola attribuisca al nome del primogenito. Il nome Sforza, destinato a perpetuare nei secoli il ricordo dell'avo paterno, viene assegnato al primo figlio naturale avuto da Francesco, che alla nascita di Tristano probabilmente è ancora vivo. Dopo la sua morte va a Secondo e, in seguito, ricorrerà frequentemente nei vari rami sforzeschi.
    Poi viene una bimba, di cui non conosciamo il nome, da una donna dell'Aquila: abbiamo pochissime notizie di entrambe. Nel 1427 ecco Isotta, che diverrà bellissima e andrà sposa a Giovanni Mauruzi da Tolentino: non conosciamo il nome della madre. Seguono altri amori, altri figli e figlie: Leonardo, Isolea, Lucia, Taddea, Clara, Fiordelisa, Elisa e Bona Francesca.
    Nel 1438, al profilarsi della conclusione del patto matrimoniale con Bianca Maria Visconti, promesso dal duca Filippo Maria nel 1431 ma consacrato solo dieci anni dopo, Giovanna si stacca da Francesco e si ritira a Padova nella casa di un fratello sacerdote. Ancora nel 1440, il 29 giugno, si fa viva con il conte per raccomandare epistolarmente un suo fratello. Non conosciamo la data della sua morte, che risulta avvenuta a Padova.
    Oltre ai 10 fratellastri e sorellastre legittimi, generati da Bianca Maria (Galeazzo Maria nato a Fermo nelle Marche, Ippolita Maria, Filippo Maria, Sforza Maria, Ludovico Maria, Ascanio Maria, Elisabetta Maria, Ottaviano Maria, Carlo morto ben presto e una bimba di cui non abbiamo traccia) ed agli illegittimi già citati, Sforza Secondo ha parecchi altri fratellastri e sorellastre naturali e legittimati. Ricordiamo:
    - Polidoro, nato nel 1442, figlio di Perpetua da Varese, damigella di Bianca Maria. Vivamente risentita la padrona si vendica facendo uccidere la ragazza, già promessa sposa ad un seguace di Francesco, e lasciandosi corteggiare palesemente da Guglielmo Paleologo, marchese di Monferrato, che però deve stemperare il suo ardore in prigione;
    - Paolo (1454) e Bianca Francesca, da una donna di nobili natali che poi diventa badessa di un convento;
    - Caterina (1455), da una popolana di nome Maddalena di Brandisio che il duca aveva preso con violenza;
    - Giovanni Maria, futuro vescovo di Genova, nato da una relazione con Brigida Caimi, parente di alcuni dei suoi più fidi collaboratori;
    - Bartolomeo ed Antonio, da madre sconosciuta;
    - Giulia, da Elisabetta da Prato.
    Sin da quando viene in possesso della Marca, Francesco Sforza considera i figli importanti e preziose pedine da far valere nella tessitura di alleanze e relazioni per mantenere ed allargare il proprio potere. Non è certamente il primo, né sarà l'ultimo, ad avvalersi di tali mezzi. Però pochi hanno a disposizione una così folta schiera di rampolli da accasare!
    Dopo esser salito due volte all'altare con donne che lo avevano inserito nella cerchia dei notabili napoletani, Francesco riesce a concludere davanti al sacerdote il contrastatissimo fidanzamento con Bianca Maria Visconti. Le convergenti aspirazioni dei due coniugi, decisi a non lasciarsi sfuggire il ducato visconteo, si fondono in un vincolo che è anche un rapporto di affetto solidissimo, se misuriamo con il metro dell'epoca le infedeltà di Francesco. Troviamo così una spiegazione alla non rilevante frequenza di episodi di ribellione e di irrigidimento di Bianca nei confronti del troppo esuberante marito, dedito a coltivare amori con altre donne senza alcuna discriminazione di censo, alle quali fa gentilezze e regali, ma senza esagerare. Abbiamo già visto come Bianca reagì al tradimento con Perpetua da Varese. Nel 1465, quando il marito si lega con una Izabeta (forse Isabella di Robecho), Bianca chiede l'intervento di papa Paolo II per ricondurre all'ordine l'impenitente duca, ormai prossimo alla fine.
    In questa disordinata vita sentimentale esistono due punti fondamentali, che lo distinguono da tanti signori e signorotti suoi contemporanei e che ci danno la misura delle sue regole in tema di fedeltà: nessuna donna può soppiantare la moglie; i figli, naturali o legittimi, sono sempre benvenuti e benvoluti. Bianca Maria ne è consapevole, si comporta di conseguenza e, fatta eccezione per Polidoro, è prodiga di cure materne per i tanti figliastri procreatigli dal marito utili pedine, come i figli legittimi, nel gioco delle alleanze politiche che spesso si concludono sull'altare.
    Ecco così Polissena andar sposa a Sigismondo Malatesta; Drusiana prima promessa a Giano Fregoso e poi moglie di Jacopo Piccinino e, rimasta vedova, fuggiasca per non sottostare alla volontà di Galeazzo Maria che ambisce legarla a Spinetta Malaspina; Ippolita Maria unita ad Alfonso d'Aragona, futuro re di Napoli; Tristano sposo di una Beatrice d'Este illegittima; Sforza Secondo di Antonia dal Verme; Galeazzo Maria di Bona di Savoia, dopo burrascose trattative per sposare una Gonzaga.
    Nel 1442 Francesco prova a legarsi con il re di Napoli, promettendo nozze tra Sforza Secondo e Maria d'Aragona. Il contratto non arriva a conclusione, ma i legami con quella famiglia vengono fissati 25 anni dopo quando Ippolita Maria sposa Alfonso d'Aragona, e ribaditi più tardi con le nozze tra Gian Galeazzo e la cugina Isabella d'Aragona.
    Nel 1447, dopo la definitiva perdita della Marca, Francesco passa nella Padania per impossessarsi del ducato visconteo. Durante la guerra, che avrà fine qualche anno dopo perché Venezia non gradisce l'insediamento di un uomo nuovo forte sul trono di Milano, Francesco, oltre a tenere a bada i nemici, deve guardarsi le spalle dai capitani di ventura suoi subordinati. Il pagamento del soldo non sempre è puntuale, le rivalità e i disaccordi tra alcuni dei suoi possono coinvolgere Francesco o ritorcersi contro di lui, perché i veneziani sono sempre pronti a cogliere e a sfruttare ogni occasione per indebolire il loro più forte avversario. Viene il momento d'inserire anche Sforza Secondo in questo gioco. In quell'anno è promesso ad Antonia dal Verme, figlia di Luigi. A garanzia della dote di 10.000 ducati d'argento gli viene concesso il feudo di Borgonuovo, comprendente Paverano, Arcello, Ziano, Monte Bolzone e altre località delle valli del Tidone e della Luretta. E' un territorio tra i più estesi e ricchi del Piacentino, sebbene non quanto quello adiacente dei Dal Verme. Inoltre nel suo ambito sopravvivono feudi di altri signori. Le nozze seguono nel maggio 1454, quando Sforza è prossimo ai 19 anni.
    Le intese matrimoniali continuano dopo la scomparsa di Francesco ad opera di Ludovico il Moro che si unisce ad una Beatrice d'Este legittima: Bianca Maria Sforza, figlia di Galeazzo Maria e sorella di Gian Galeazzo, sposa l'imperatore Massimiliano; Gian Galeazzo la cugina Isabella d'Aragona; Bona, figlia di Gian Galeazzo, il re di Polonia. Matteo Bandello, nelle sue novelle, ricorda sia Bianca Maria sia Bona.
    I figli e i parenti sono anche carte da giocare nei rapporti con la Chiesa: Ascanio Maria diviene cardinale di Sacra Romana Chiesa e Giovanni Maria arcivescovo di Genova. In precedenza Carlo Sforza, fratellastro di Francesco, era diventato arcivescovo di Milano: verrà poi innalzato agli onori degli altari come beato Gabriele. Nella famiglia ci fu anche un vescovo di Ascoli Piceno, dal 1438 al 1442: era Pietro, fratello di Carlo. Inutile ricordare le tante figlie finite in convento.
    Vivente Francesco, la famiglia Sforza appare come una comunità ordinata e attiva sotto l'occhio del vigile pater familias onusto di gloria e di figli, con l'eccezIone della ribellione dell'incauto Secondo. Poi tutto cambia: Galeazzo Maria trova il modo di ridurre al minimo il ruolo della saggia duchessa madre e contribuisce ad accelerarne la fine; allontana da Milano gli ambiziosi e turbolenti fratelli Sforza Maria, Ascanio Maria e Ludovico Maria. Anche Sforza Secondo deve fuggire, ma riesce a tornare nelle grazie del duca. I soprusi e gli arbitrii di "Galeaz", dispensati a familiari e ad estranei, trovano naturale conclusione nella chiesa di S. Stefano il 26 dicembre 1476, sotto i pugnali di un gruppo di congiurati.
    Alla sua scomparsa la disgregazione familiare giunge al culmine, con i reiterati tentativi degli irrequieti fratelli di sopraffare la reggente Bona di Savoia (che aveva poca testa, secondo Commynes), il giovanetto duca Giangaleazzo e il vecchio cancelliere Cicco Simonetta, che tanta parte aveva avuto nell'esercizio del potere. Arrivato al trono, Ludovico non riesce a comporre un quadro più ordinato all'interno della famiglia né, all'esterno, può evitare di essere coinvolto nelle controversie tra Napoli, Venezia, Firenze e Roma. Alla fine è travolto dalle truppe di Luigi XII.

    3 - Una famiglia patriarcale?
    Vale la pena di riportare quanto scrive pittorescamente la Terni de Gregorj: «nel maestoso castello di Fermo, detto Girifalco, per la posizione dominante e il forte cerchio di mura e torri, scelto per centro della sua amministrazione e roccaforte della sua famiglia, Francesco alloggia madonna Giovana d'Acquapendnete che da anni l'accompagna nelle prospere ed avverse vicende. Con lei sono i figli Polissena, nata quando Francesco in disgrazia con il duca di Milano oziava a Mortara, e Sforza detto Secondo. Vi si trovano pure affidati alle cure di Giovanna altri figli di Francesco. Tristano, primo dei maschi, Isotta, Isolea. Francesco stesso si ferma spesso nel Girifalco, nelle sue assenze vi risiede come vice-marchese suo fratello Alessandro e vi vengono continuamente i suoi parenti, capitani aderenti e dipendenti del Girifalco. Madonna Giovanna, forte e rude donna di condottiero, comanda da prepotente signora e fa requisizioni nei paesi vicini di tutto ciò che le occorre: viveri, combustibili e fieno per il suo bestiame ... Le popolazioni devono fingere di gioire, suonare le campane e indire festeggiamenti pubblici per ogni arrivo, partenza o fausta ricorrenza nella famiglia del Signore ... Il Signore e chi ne fa le veci comanda contributi, festeggiamenti; il Podestà e i Priori eseguiscono, sotto minaccia di grave pena, estorcendo ai cittadni il denaro, ai villani il bestiame, pollame e grano. Nella Marca conquistata l'amministrazione di Francesco Sforza fu durissima, ma non più dura di quella di altri conquistatori e tiranni. Dure furono le condizioni politiche dell'epoca, il sistema che divideva l'umanoità in oppressori ed oppressi ... Bianca entra da sovrana a Fermo, ricevuta dalle autorità e dal popolo in festa ... entra nel mondo tetro e chiuso della grande fortezza dove, annidatovi da 9 anni, tutto un piccolo popolo sforzesco vive nel labirinto delle sale, logge e torri. Sono i figi bastardi di Francesco con le persone addette, sono fratelli e fratellastri che vanno e vengono. Talvolta vi è anche madonna Lucia, tra aderenti fedeli di ogni categoria, agenti, politici, impiegati d'amministrazione, ufficiali e servi. In questo piccolo mondo ossequioso ma geloso, chiuso nella fortezza, Bianca deve insediarsi sovrana.»
    Molti dei figli seguono l'esempio del padre e procreano una numerosa prole naturale. A titolo esemplificativo stralciamo alcuni passi da un atto da cui risulta quanti fossero i figli di Sforza Secondo: «Huic est quid Ill.mus et Excell.mus Dom. Sfortia Secundus Vicecomes, Comes Burginovi et pertinentium ... istituit haeredes universales, etc., Franciscum Sfortiam Secundum, filium suum, primogenitum, naturalem, legitimatum, ex Margarita de Burris, Jacometum, Leonem et Lucretiam similiter filios suos, et filiam suam, naturales et naturalem, legitimatos et legitimatam ex Maria, Polissenam filiam naturalem suam similiter et legitimatam ex Johanna; nec non Hedusianam filiam suam naturalem ex Madalena.»

    4 - Aspetti finanziari del regime sforzesco
    Esaminiamo un aspetto collaterale della politica matrimoniale sforzesca: l'entità delle doti, in entrata ed in uscita. Con una certa attendibilità sono un indice dell'importanza dei nubendi, delle rispettive famiglie e quindi del legame che si viene a stabilire fra di esse.
    Per ricavare indicazioni utili a fornire un quadro di riferimento e per valutare alcune particolarità economiche dell'epoca, poniamo a confronto il loro ammontare con quello di altre spese sincrone, di cui c'è pervenuta documentazione. Ducato e fiorino sono considerati termini equivalenti, pure se soggetti a variazioni nel lungo termine. Corrisponderebbero a circa 12 lire del 1883 ed a 42.000-50.000 lire del 1986. Il ducato d'argento varrebbe almeno il 20% in meno di quello aureo.
    Nelle tabelle 1 e 2 riportiamo i valori relativi a doti ed appannaggi desunti da varie opere. Con f.o., d.o. e d.a. indichiamo rispettivamente fiorini d'oro, ducati d'oro e ducati d'argento.

    Risulta evidente l'importanza connessa alle nozze di Bianca Maria Sforza con il titolare del sacro romano impero: oltre all'innalzamento della famiglia Sforza nella considerazione generale, si mira ad ottenere, e si ottiene, l'investitura ufficiale del ducato milanese. Perciò la dote di 400.000 ducati (pari a circa 16 miliardi di Lit. 1986) andrebbe considerata un picco anomalo in un diagramma che traduca graficamente i valori della tabella 1. Va rilevato che, nel 1530, Carlo V pretende da Francesco II Sforza 400.000 ducati per il recupero del potere e l'obbliga a pagare 50.000 scudi l'anno per altri 10 anni.
    Una dote di 100.000 ducati può essere considerata appropriata per un matrimonio di membri di una casa regnante, mentre le doti di esponenti di famiglie principesche sono comprese tra 10.000 e 40.000 ducati. La più modesta di questo gruppo è quella di Antonia dal Verme che, pur essendo di 10.000 ducati, è l'unica espressa in moneta d'argento anziché d'oro.
    Anche le spese per il corredo, che generalmente sono una quota della dote, presentano forti escursioni. Dai 1.500 ducati di Antonia dal Verme si passa ai 75.000 di Valentina Visconti.
    Dalla tabella 2 emerge la sproporzione tra gli appannaggi di membri della famiglia ducale e di professori universitari: i 100 fiorini d'oro di Paolo da Runa devono essere moltiplicati per 125 per ottenere la spettanza annua di uno degli zii di Gian Galeazzo. Un coefficiente molto maggiore andrebbe introdotto per la retribuzione di un lavoratore qualunque.
    La condotta che Filippo Maria Visconti avrebbe dovuto versare al genero nel 1447 è prossima alla metà delle entrate di Milano nel 1476 (516.000 ducati) e dà un'idea della disperazione in cui si era venuto a trovare l'ultimo dei Visconti. Il prezzo pagato per Imola, invece, non sembra eccessivo: equivale, all'incirca, all'appannaggio di tre fratelli Sforza.
    L'ammontare delle taglie fornisce una graduatoria del valore dei ricercati. F. Sforza e B. Colleoni si equivalgono, mentre i Crivelli ed il Borro valgono dieci volte di meno: la storia nel frattempo ha quasi completamente cancellato le tracce degli uomini di ventura più modesti.
    Le spese familiari e personali del duca prevalgono su tutte le altre: nel 1476 giungono a ducati 131.369, pari al 31,18 % delle uscite ed al 26,36% delle entrate. Un quarto abbondante dell'intero incasso dello stato si dissolve per il sostentamento di una famiglia, peraltro numerosa. Un altro quarto delle entrate va alle spese militari, sempre per assicurare la permanenza al potere degli Sforza. Francesco aveva fatto bene i propri calcoli ed il suo investimento era stato molto redditizio! Di lì a poco, con sorprendente esattezza contabile confermata anche dai conteggi della Leverotti, il Commynes scriverà che "quanto a questo ducato, non vidi mai più bella terra, né di maggior valore; e, se il signore si contentasse anche solo di cinquecentomila ducati l'anno, i sudditi sarebbero fin troppo ricchi e il signore vivrebbe in buona pace; ma invece ne leva seicentocinquanta o settecentomila, il che è una cosa iniqua, cosicché il popolo non chiede altro che di cambiar signore."
    Purtroppo per gli sforzeschi, egli aveva visto giusto: altri avidi occhi avevano preso di mira la ricca preda e, dopo appena un cinquantennio che vi si erano insediati, gli Sforza furono cacciati da Milano. Non merita alcun rilievo il ritorno di Francesco II sul trono ducale, sotto la pesante protezione di Carlo V, dal 1430 al 1435.

    BIBLIOGRAFIA
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