Riformatori a Grottammare nell'800:
Giosafat Ravenna junior, suo figlio Nicola e il marchese Pietro Laureati
pubblicato (completo di note) su Cimbas n. 25-2003
Finora non è stata messa in rilievo la presenza a Grottammare, nell'Ottocento, di personaggi che si siano interessati al miglioramento delle strutture e delle normative dello Stato pontificio.
Nel corso di ricerche svolte è emerso che almeno tre personaggi si sono dedicati a tale: Giosafat Ravenna junior, suo figlio Nicola e il marchese Pietro Laureati.
Anche se il successo non ha arriso alle loro proposte, si ritiene opportuno ricordarli e dare un cenno di quanto hanno scritto.
Cominceremo da Nicola Ravenna.
Un ecologista ante litteram. Nicola Ravenna e il suo Progetto di Codice Agrario per lo Stato Pontificio
In un articolo dedicato a Giosafat Ravenna jr. ed apparso su questa rivista sono stati ricordati brevemente i componenti della sua famiglia. Di essi merita un cenno aggiuntivo, sia pur sommario, il figlio primogenito Nicola in quanto autore di un progetto di Codice agrario.
Non sono molte le notizie biografiche che lo riguardino. Oltre a quelle già riportate in precedenza sappiamo che, nel 1827, chiede il rilascio della patente di sensale, che gli viene rifiutata per la sua appartenenza al movimento carbonaro, ufficialmente ignota al Governatore di Grottammare, nota invece a Fermo e a Roma.
Canaletti Gaudenti non si pronuncia in merito al contenuto del progetto di cui ci occuperemo e lo data ai primi anni dell'Ottocento. Dopo attento esame, si può affermare con certezza che l'autore vi lavorava nel settembre 1819.
Esprimere un parere sull'originalità e sul merito di una tale proposta - scaturita soprattutto dalla consultazione di alcuni libri, tra i quali vanno ricordate le opere giuridiche di Filangieri, a detta dello stesso autore - richiederebbe un approfondimento della materia trattata dai tanti riformatori che fiorirono nello Stato Pontificio dal papato di Pio VI in poi. Approfondimento che esulerebbe dai fini del presente lavoro e che si ritiene opportuno affrontare solo in parte, tenuto conto che è possibile trascrivere la conclusione originaria, che abbraccia le ultime 20 pagine del manoscritto e permette di cogliere le caratteristiche dell'iniziativa di Nicola Ravenna che si possono così mettere a confronto con quanto riportato in un utile testo di B. Vecchio apparso un quarto di secolo fa. Vi si illustrano i controversi problemi del mantenimento e della eliminazione dei boschi, dibattuti largamente in tutti gli stati italiani nel Settecento e negli anni immediatamente successivi, all'epoca delle repubbliche e del regno creati da Napoleone.
Vecchio prende in esame e tratta a fondo i diversi aspetti della questione. In particolare, per lo Stato Pontificio, vengono affrontati quelli connessi alla redenzione delle terre pontine, al mantenimento di un patrimonio forestale in grado di assicurare l'alimentazione agli uomini (indirettamente con la caccia e la pesca) ed al bestiame (direttamente, con le foglie di molti alberi) e di fornire materie prime preziose per le costruzioni navali, edili, industriali, ecc. nonché discreti quantitativi di combustibile per usi pubblici e privati, difficilmente sostituibili.
Come l'autore rileva più volte, non sempre le ragioni invocate a favore dell'una o dell'altra soluzione appaiono ragionevolmente fondate e convincenti. Va comunque apprezzato lo sforzo di questi riformatori che, dopo secoli di immobilismo, cercano di avviare un processo di modernizzazione delle strutture statali. Quasi tutti hanno dedicato la loro attenzione a molteplici problemi e sono stati oggetto di studio da parte di E. Piscitelli nell'opera già citata.
Non va ignorato in tale quadro il contributo fornito da Vincenzo Comi, lo scienziato-industriale abruzzese che impianta le prime fabbriche moderne a Grottammare, migliorate e potenziate dal figlio Raffaele. Questi, trasferitosi definitivamente nel paese piceno, si lega con vincoli matrimoniali ad importanti famiglie locali ma la sua discendenza si estingue rapidamente. Vecchio se ne occupa in margine all'opera di Melchiorre Delfico, amico di V. Comi.
In quel periodo, come scrive Demarco, "si domandano altresì miglioramenti agricoli, un codice agrario, facilitazioni nelle comunicazioni interne, introduzione di nuove manifatture, incitamento allo spirito di associazione, rimozione degli ostacoli frapposti al commercio, riduzione delle elemosine e dei sussidi da sostituirsi col procurare lavoro agl'indigenti, infine si ammette la necessità, che i proprietari siano agiati affinché anche il popolo minuto non soffra. Ancora nel 1829, A. Belmonti, in una sua memoria sul commercio marittimo svoltosi nei porti dell'Adiatico da Falconara, a Goro a Pontelagoscuro, sul Po, tra il 1821 e il 1827, enunciava le quattro massime seguenti di politica economica ch'egli desiderava di vedere applicate nello Stato romano: perfezionamento dell'agricoltura (...). l'aumento e la facilitazione delle comunicazioni interne migliorando le strade esistenti, e formandone delle nuove (...) non debbano abbandonarsi i ricolti ... introdurre le fabbriche delle manifatture grossolane o di maggior richiesta presso la più parte della popolazione (...) ".
E ancora, dallo stesso autore " (...) con notificazione del 21 novembre '49, viene istituito un premio d'incoraggiamento per le nuove piantagioni di alcuni alberi da frutto e da legname, come pini, olivi, aranci, limoni, gelsi, castagni, ecc.".
Nel 1832, Domenico Antonio Farini pubblica un suo discorso pronunciato due anni prima, relativo al codice agrario per la Romagna.
Si tratta di un'operetta del tutto diversa da quella di Nicola, non solo perché il territorio cui si rivolge è una singola regione e non l'intero stato, ma perché l'attenzione è soprattutto rivolta alla definizione di un soddisfacente contratto di lavoro tra proprietari terrieri e contadini. Soddisfacente nel senso che devono essere riconosciuti i diritti e le aspirazioni dei lavoratori, come risulta da alcuni passi che trascriviamo: " (...) è certo che colui il quale tutto si occupa in un esercizio, ha diritto a tanto frutto che basti a mantenerlo; altrimenti ne verrebbe l'assurdo, che la società potesse chiedere per se tutta la vita di un suo individuo senza concedergli modo onde conservarla (...) Si dovrebbe forse confondere col bue e col cavallo, condannati a svolgere la gleba, anche l'uomo che li regola e li dirige con intelligenza? 8...) Non sarà mai nè conforme alla giustizia nè all'interesse di alcuno, che l'uomo il quale interamente colla mano e col senno si occupa di un esercizio, abbia abbia ad impoverire per dare unicamente utilità ad un altro che non può avere alcun diritto a ciò, come accade quando si stabiliscono patti contrarj alle regole poste 8 (...) ".
Non si può fare a meno di rilevare come i cambiamenti seguiti alla rivoluzione francese abbiano colpito Nicola ed abbiano contribuito ad indirizzarlo verso una concezione sociale abbastanza avanzata per i tempi e l'ambiente in cui viveva. A differenza del padre, che teme di esporre chiaramente per iscritto le linee del suo progetto, di bonifica dell'Agro Romano e delle Paludi Pontine e di riforma dell'appalto del macinato, e che lascia intravedere un certo interesse venale alla messa in atto delle sue idee, Nicola, pur proclamandosi fedele ed obbediente suddito pontificio, ribadisce più volte la sua opposizione al sistema feudale che ancora imperava nei campi prima dello sconvolgimento operato in Francia dai rivoltosi. Inoltre afferma di avanzare il suo progetto per il bene dello Stato e per l'amore dei suoi simili.
D'altra parte non ci si può meravigliare di queste sue espressioni, in quanto ci risulta la sua appartenenza al movimento carbonaro. Già nel 1817 è segnalato come persona sospetta da un confidente della polizia pontificia.
Prima di trascrivere la conclusione, si ritiene utile premettere l'indice del progetto e stralciare dal testo alcuni passi, in cui l'autore richiama l'attenzione su ciò che avviene a Grottammare e nelle Marche, per dare un esempio del suo stile e delle sue concezioni in campo socio-economico.
Per quanto è possibile desumere dalla corrispondenza di Giosafat Ravenna con Mons. Atanasio, sembra che non vi siano stretti collegamenti tra i lavori del padre e del figlio, anche se non mancano consonanze e divergenze non esattamente quantificabili perché lo scritto integrale di Giosafat non è stato ancora reperito.
Nella trascrizione si è cercato di mantenere la più stretta fedeltà alla scrittura originale.
Per il chiaro riferimento ad una situazione che aveva reso Grottammare uno dei centri industriali più importanti dello Stato Pontificio ma che, secondo Ravenna, certamente non giovava alle condizioni igienico-sanitarie del paese né al rendiconto economico complessivo per lo stato si trascrive un passo da pp. 89-90:
"L'aumento delle legna da ardere è salito sì in alto che forma il principale oggetto delle famiglie marittime, e di non poco disesto alle altre, e si calcola con ragione, che tanto è il prezzo del grano, che una famiglia consuma, quanto il prezzo della legna, e nelle marine anche più. Il costruire, che fassi dei legni marittimi non nego, che abbia non poco aumentato questo prezzo, perchè chi ha da costruire Barche è necessitato di adoperare il legname più buono, e che sia più liscio, e fibroso, per avere il quale spende una moneta maggiore. Oltre a ciò si deve l'aumento del prezzo della legna da ardere a tre altre ragioni; una che di continuo, come si è detto, si recide, ne mai si sostituiscono piante necessarie; l'altra, che si è introdotto qui l'abuso di tagliare il legname di costruzione da Vascelli (pei quali come è atto il legname delle nostre Marche non ne ha neppure la Norvegia) e portarlo fuori di Stato (a); la terza poi è l'introduzione nelle spiaggie marittime di Opificj, in cui vi abbisognino molte legna da fuoco.(b)
(a) Nel Settembre 1819. in cui io sto scrivendo, si tagliano molti legnami da costruzione marittima nelle vicinanze del Mare Adriatico, dove la legna è costosissima, per imbarcarsi per la Città di Fiume, dove vi è un Commissionato Inglese, che li riceve. Anche questo sarebbe tema per una disertazione e far conoscere al Governo, il danno che ora si reca allo Stato con questa estrazione, che al contrario fatta con delle regole economiche, porterebbe una ricchezza alli particolari, ed alla finanza Pontificia.
(b) In Grottamare vi sono in attuale attività due Fabbriche di Tartarito acidulo di potassa (cremor di tartaro) che ardono continuamente. Qual mal intesa speculazione! Traggono i Fabbricatori i materiali dai Monti, poichè la Delegazione di Ascoli ne somministra in maggior copia, e quasi per intero. In una parola si spende il quadruplo, e più per il trasporto da Ascoli in Grottamare, perchè purificate le feccie non danno un quarto di Sale. Oltre questa spesa vi è la spesa del doppio costo della legna per lo meno. A momenti si attivano due Fabbriche in quest'istesso luogo di Liquerizia, che consumano immensamente in legna. Così si distruggeranno tutte le legna in vicinanza di questo paese con danno dell'Agricoltura, e dello Stato".
Oltre al dissenso sull'aspetto economico della questione, contro il quale le autorità governative non esercitano azione contrastante, in queste parole - come del resto anche nella conclusione - affiora la preoccupazione dell'autore che, amico della natura, assiste impotente allo scempio ed alla scomparsa di tanti boschi.
Con l'espressione famiglie marittime si ritiene che l'autore abbia voluto intendere non solo quelle della gente di mare ma anche le altre che abitavano nei centri abitati costieri.
Si riportano infine le pagine conclusive dell'opera.
"Conclusione
Mi è caro di riepilogare i vantaggi fin ora descritti, onde sempre più interessare le mire del savio Governo per la compilazione di questo Codice, immediatamente necessario dopo il Civile, ed il Penale, e prima di quello di Commercio, e di Finanza.
I Proprietarj forse sul principio la faranno da fanciulli, cui è di peso il rigore del Maestro, e di aggravio l'applicazione, e non ho inteso alcuno escito dalla Minorità, che non avesse bramato di ritornare bambino, onde ritornare di buona voglia alle applicazioni trascurate. Così quando i Possessori dei fondi avranno dopo otto, o dieci anni conosciuto il profitto, che da una savia legge ne deriva a di loro particolare vantaggio, esclameranno ancor essi contro la loro infingardagine passata. Per pratica io ho visto, che erano posti a scherno quegli Agricoltori, che trattando le teorie dei buoni Autori, ed attenti alla coltura dei loro predj, disprezzanti i pregiudizj invasi, e le pratiche mal intese da veri Agronomi esercitavano l'Agricoltura, e dopo il lasso di cinque anni al più ho visto bene gli schernitori scherniti, ed approfittare essi stessi delle pratiche di quello, ch'era stato l'oggetto delle loro risa.
Ecco per questo mezzo ricco il privato possessore, che avrà aumentato le sue rendite col mezzo dell'Agricoltura.
Non mi sforzerò a provare, che la ricchezza dei sudditi è la ricchezza dello Stato; teoria conosciuta come assioma; ma lo Stato stesso, come si dice nel Capo IV.§.III, oltre il vedere il bene di tutti i sudditi, non ha ancor esso nei beni Ecclesiastici ed ex-Comunitativi un prodotto come i Particolari stessi, che avantagiano dalle disposizioni di un tal Codice ?
Sono molti anni che si studia, e si fanno progetti per neutralizzare l'aria infetta dell'Agro Romano, e renderla meno disorganizzante l'economia animale, e si è sempre confusa la causa con gli effetti. Si è creduto, che popolati quei luoghi, poi si sarebbe resa l'aria innocua; e coll'aumento dei fuochi dei Casolari, e col farvi abitare degli animali si sarebbe potuta ritornare l'aria buona nelle stagioni estive: non si è considerato dai Compilatori di essi progetti, che l'aumento dei fuochi, e la respirazione animale stanno tra le cause dell'aria mefitica, se questa non viene assorbita da sostanze, cui hanno affinità, e più se non vi siano delle sostanze, che rinfranchino l'aria vitale, che per mezzo di essi fuochi, e di essa respirazione si consuma, che non possono essere, che le foglie verdi ancora vegetanti. Si è sempre mancato di Chimica in essi progetti, e si è sempre errato. Ma quando una legge savia, e rigorosamente eseguita (perchè è sempre giusta quella legge, che è per il vantaggio generale, e che è eseguita scrupolosamente, e senza arbitrio) avrà popolato di piante di prima, seconda e terza grandezza l'agro Romano, oltre che il prodotto per questo mezzo sarà triplo, o quadruplo, di quello che ora lo è; si vedrà cessare l'infezione estiva: si ritenga dunque, che la mancanza delle piante nell'agro Romano, è la causa dell'infezione estiva, e che rivestito il suolo di alberi, allora potrà essere popolato di abitanti, e di Bestiame.(a)
(a) In Roma vi è il celebre Davis Inglese, il più gran chimico di oggi giorno: si consulti su questo proposito, e si vedrà se le mie riflessioni sull'Agro Romano sono vere, e di sicura riuscita. Non essendo più in Roma, e volendosi fare anche più, si consulti il celebre professore di Chimica nell'Università di Bologna, e tutti i più gran chimici dell'Italia, della Francia, della Germania, dell'Inghilterra, e si vedrà quanto siano veri i miei principj. Io vorrei estendere la memoria, che si dovesse presentare a questi dotti per mostrargli lo Stato dell'Agro Romano, e vorrei per conseguenza legitima, non per idee del tutto vaghe far discendere la necessità della Piantagione degli arbori, e sarei certo della loro approvazione. Però non potrà ridursi una porzione di Stato sotto una legge (mi sembra almeno) se non si farà un Codice generale per tutto lo Stato stesso, che non conosca distinzione, parzialità o arbitrio.
Un buon Codice dunque Agrario toglierà Roma, ed il di lei Agro da tante malattie, che poi si comunicano anche nel resto dello Stato per mezzo dei Coloni, che vanno nell'estate a travagliare in quell'ampiente immensamente sparso di Gas acido Carbonico.
Mi fù da un dotto mio Amico rassomigliata l'Agricoltura ad un Bove, che lentamente cammini, ma il di lui passo è sicuro, e mai lo pone in fallo. Regge questo paragone a confronto delle arti, che me le rassomiglio ad un Cavallo; e regge in confronto del Commercio rassomigliato ad un Naviglio. E' lento sì il vantaggio dell'Agricoltura, giunge tardi alla meta, ma non erra nel suo fine, e l'aumento è certo. Per calcolare con esattezza il tempo, che deve percorrere perche l'aumento sia giunto al massimo in una ben regolata Agricoltura, consultati gli Agronomi, trovo, che in dieci anni al più si ha il massimo prodotto dal fondo, che si è posto in miglioramento. Nello Stato intero voglio concedere, che per gli ostacoli tutti, che si possono incontrare dopo la publicazione di un ben'ordinato Codice, vi voglino anni dodici, ed anche quattordici. Ma quale sarà nella stabilità il vantaggio, che le savie leggi ritrarrebbero dall'Agricoltura? Io non posso garantirlo, come non potrà nessuno, ma ad un freddo calcolo messi in somma i fondi ora mal coltivati, e quelli del tutto incolti; i profitti dei Boschi, e dei Prati; la coltura dell'Agro Romano; gli effetti dell'istruzione publica: sottratte da ciò le intemperie; le vicessitudini meteorologiche; la resistenza dei pregiudizj, e delle male intese pratiche; l'avarizia degli Affittuarj, e degli Enfiteutici: io assicuro il Governo di un triplo di rendita dall'Agricoltura dello Stato dopo dodici, o quattordici anni dalla publicazione di questo Codice. Esiterà il Governo dietro un tale vantaggio a farlo compilare ?
Altro utile, e non da poco valutarsi nella publicazione di questo Codice è quello, che da una ben regolata Amministrazione della Conservazione dei Boschi, e Prati, della Polizia, rurale, dalla scienza dei Periti si toglieranno immense, e vistose liti tra i Confinanti, e i Contraenti, si vedrà con sicuro limite prescritti i Confini, con giusta norma regolate, o mantenute le servitù e le parti, che sarebbero in disputa per questi effetti divagati dai forensi, e dispendiati, e dispendiati nelle sostanze, con più profitto si dedicherebbero all'Agricoltura per più godere dei di lei vantaggi.
Se fin qui lo Stato nostro ha data molta materia allo Straniero per le di lui fabbriche, seguirà con profitto a dargliene al doppio, per l'aumento dei prodotti, che darà lo Stato. Abbondando poi lo Stato istesso si di materia, che di braccia, che vanno ad aumentarsi per l'abbondanza, che si promove con tal Codice; che di derrate di prima necessità, che di denaro, che si ritirerà dallo Straniero; vedremo in poco tempo introdotte, moltiplicate, migliorate le fabbriche, e le Arti dello Stato nostro, e così crescere a piè pari l'Agricoltura, che dà la materia, e le Arti, che danno la forma; ed in conseguenza dell' Agricoltura moltiplicate le Arti, vedrassi nascere anche il Commercio, che dà moto alla forma. Ecco venire lo Stato Pontificio una nuova Olanda, eccolo soprabbondare di ricchezze, ecco nella sua minima estensione divenire oggetto di curiosità del viaggiatore, di ammirazione al Filosofo pensatore, di speculazione al Mercante, e di una voce concorde nei sudditi a benedire il fattore della loro felicità. Non è questo un delirio, questa è conseguenza certa di ben calcolati principj. L'Agricoltura, le Arti, il Commercio marciano quasi a piè pari, e le seconde sono conseguenza della prima, ed il terzo della prima, e delle seconde; e quando in uno Stato vi sono questi tre fondi di ricchezza, questo è lo Stato, che sarà l'emulazione dei vicini; e l'invidia dei lontani. Possa io vedere avverati i miei voti, e sarò felice nella felicità dei miei Fratelli".
Del codice agrario di Nicola Ravenna
Dalle pagine dello scritto di Nicola si trae la conclusione del suo progetto:
"Il Codice di Commercio di Francia non ha che 644 Articoli. Senza qui riflettere se vi ha lasciato ciò, che vi doveva porre, dirò, che vi ha posto ciò, che era inutile; al contrario sappiamo, che il Codice di Commercio non è che una eccezione del Codice Civile, ed io ritengo il Codice Agrario un Corollario di esso. Ritenuto ciò è da ben ponderarsi dal Saggio Compilatore, che poche sono le Leggi, che devono formare un tal Codice, e meno di un mezzo migliaio di Articoli sono più che sufficienti alla materia: e per ben comprendere ciò, è da riflettersi, che altro è ciò che appartiene al Codice, altro ai Regolamenti, che devono essere uniti ad esso. Il Codice, per esempio, con pochi Articoli avrà trattato abbastanza della conservazione dei Boschi, e Prati del Conservator Generale, dei Conservatori, degli Ispettori, e Sotto Ispettori, dei Guarda Boschi, e Guarda Campi, ma di necessità contemporaneamente emanerà degli Editti, in cui si assegnerà il loro numero, le loro residenze, la giurisdizione, i doveri, le contravenzioni, il soldo.
Ciò che ò detto riguardo la Conservazione dei Boschi, e Prati, sia egualmente detto dell'Accademia, della Polizia rurale, dell'impianto dell'Ufficio dell'Iscrizione delle Servitù dei Confini, ed altre Cose, sulle quali vi sarà d'uopo di regolarità parziali. Si abbia per principio che il Codice deve dare delle regole generali nitide, ed intelligibili, che formino delle speciali applicazioni, che devono essere regolate senz'arbitrio le Magistrature prescritte dallo stesso Codice.
Lontane siano le Leggi di qualunque principio speciale di Agricoltura pratica. Esse non devono riguardare, che la Maestà di un Codice, e non le norme di uno Statuto Municipale. Ma un errore ancora vi nascerebbe da questa specialità, ed è che siccome il Codice Agricolo Pontificio riguardar deve il parallelo dal 41:12 al 44 e deve dar norma per una temperatura atmosferica che fa vegetare dove gli Agrumi delle Indie, e dove i Pini della Norvegia; se indicasse una specialità di coltivazione applicabile a tutto lo stato, una norma di Polize Coloniche, che obbligasse tutti i Proprietarj, e tutti gli Agricoltori; questo saria un Codice inaplicabile in tutta la estenzione dello stato Ecclesiastico. Queste siano le pratiche cui siano addetti e la Polizia Rurale, e la Conservazione dei Boschi e Prati.(a)
(a) Non possunt omne Articulo singulatim, aut Legibus aut Senatus consultis comprehendere: sed cum in aliqua causa sententia eorum manifesta est, si qui juirisdictio in praeest ad similia procedere, atque ita jus dicere debet, L. 12 ff de Legi et Senatu.
Si demarchino nel Codice le Attribuzioni di queste due Magistrature e si scelgano gli Ufficiali dei Boschi, e Prati intelligenti, ed istrutti quanto e più dei Periti Stimatori, e la di cui onestà li renda superiori alla prevaricazione, ed il cui genio li porti al bene dell'Agraria e del simile. Formi esso Codice una Catena, che l'ultimo suddito per la Polizia rurale, per la Conservazione dei Boschi, e Prati, per un non mai rotto ordine di Anelli sia attaccato alla massa Governativa dello Stato. Le Attribuzioni poi delle Magistrature Agrarie siano in tal guisa specificate, così strettamente vincolate le une colle altre, in modo classificate, che non abbiano arbitrio, se non nella estenzione delle pene, e dei premi in ragione delle circostanze concorrenti alle une, e agli altri. Presso di esse non siavi distinzione di rango, non ordine gerarchico Sociale, o politico, ne anche Ecclesiastico, che non vi debbano essere soggetti.(a)
(a) Se si vorrà ritenere che gli Ecclesiastici non devono essere soggetti alla polizia rurale, si potrà nelle Cause, che riguardano Ecclesiatici, o i loro beni nelle Sezioni di Polizia rurale chiamare un quarto Pretore, che siederà secondo dopo il Gonfaloniere, e sia questo il Vicario Foraneo del Luogo, così conciliare la Causa, salve sempre le prescrizioni dei Sacri Canoni, cui io non intendo di derogare, ma alle quali io come fedele Suddito Pontificio, mi riporto sempre, e venero, ed intendo di essere obbediente.
Si tratta dell'avantaggio generale dello Stato e questo Stato è composto di tutti questi Ordini, quindi tutti devono essere riguardati dalla Legge con occhio eguale, con la medesima imparzialità, se si vorrà che essa sia con esattezza eseguita.
Necessita ancora, che il Savio Compilatore nel formare queste Leggi abbia l'avvedutezza di scrivere non per i giorni suoi, ma per un lungo lasso di tempo, ed è perciò ancora, che le Leggi devono essere molto generali.(a)
(a) Lex est comune praeceptum L 1 Dig. de Legi; et Senat. Lex est cui omnes Homines debent obedire, Leg. 2 Dig., eod.
E' questa la maggiore difficoltà, che io rinvengo per la formazione di questo Codice. Qual saria il disordine, se dopo pochi Anni, che esso fu compilato, l'Agraria avesse preso un'andamento tale, che quelle leggi, che furono formate per il di Lei vantaggio, non servissero, che per aggravarla, e portarla alla decadenza? Come poi compilarne altro, che fosse adattato all'avanzamento, che l'Agricoltura può aver fatto, e conciliabile con le Leggi in antecedenza emanate, e non discordanti colle Leggi Civili ?
Il Codice Civile basato sul diritto materiale delle genti, Politico Sociale, non può venire ad una decadenza, se non succede una rara, e quasi impossibile rivoluzione politica, che la Civilizzazione dei popoli sia salita o scemata in proporzione del tempo, in cui fu compilato un tal Codice; o che i Mori, o i Goti tornino ad imbarbarire le colte Nazioni. Non così succeder potrebbe di un Codice Agrario, che formato per l'aumento dei prodotti terrestri, che sono la prima ricchezza dello stato; aumentato il prodotto annuo massimo potrebbe per questa o altre imprevedute circostanze rendersi inapplicabile nelle sue prescrizioni. L'immortal Filangieri aveva previsto questo caso nella sua Scienza di Legislazione, e vi aveva portato anche un rimedio, creando una Magistratura sotto il titolo di Cenzore delle Leggi.
Se lo Stato Pontificio non avrà una Censura per le Leggi nella totalità, siavi almeno questa Censura per il Codice Agrario. La Maturità allora del Popolo; l'essersi sviluppati tali lumi filosofici, e morali nel corso del secolo passato; l'avere visto tante Costituzioni di diversi Governi, che più che Proteo erano mostrate nella Superfice dell'Europa, la moltiplicità delle Leggi, che in venti Anni sono state emanate, e che hanno dato una giusta norma nelle loro modificazioni diverse per poter supporre che si stabilirà un Codice Civile, e Penale su basi solide, coerenti, ed invariabili: fa escluder quasi la necessità di questa Censura almeno per un mezzo Secolo. Ma nella formazione di un Codice del tutto nuovo, che non so se siasi mai compilato da altro Governo finora, quale l'Agrario, in cui si può mostrare una variazione per i progressi dell'Agricoltura, e per altre circostanze accessorie in dodici, o quattordici Anni, io credo necessaria questa Magistratura.
Sarà facile ad essere istallata, e non potrà essere che consultiva soltanto, e dovrà dar conto delle sue consulte alla Conservazione Generale dei Boschi, e Prati, che ne farà rapporto all'Ufficio d'incoraggimento Agrario, che intesa la consulta, che incaricato il Conservatore Generale dei Boschi, e Prati a farvi la discussione, si riserverà se debbano emanarsi nuove leggi in proposito di Codice Agrario, o modificare le vecchie, o abrogarle, e sostituirne delle nuove.
Quali pertanto saranno i Membri di questa Magistratura per la censura delle Leggi Agrarie? Io sento, che non sarà degna di quest'oggetto, quanto che nello stabilire le pratiche dell'Accademia Agraria, come si disse nel Capo V.
Para II, sian tra i Membri di essa scelti per lo meno cinque Censori, che oltre l'Ufficio di esaminare quali siano le dissertazioni degnie di esser coronate, quali quelle di far parte negli Atti dell'Accademia, e rendersi pubbliche nelle Copie; nel dar il loro voto nelli premj; avremo anche la Censura delle Leggi, e ciò in via soltanto consultiva.
Ed in ogni anno ad una data epoca devono su ciò emanare il loro voto, ed inviarlo all'Ufficio dell'incoraggimento. Nè basterà ciò. Abbia il Codice istesso, se si crede, un'Articolo, in cui senza apertamente dichiararlo, sia conosciuto, che egli è provisorio fino ai dodici, o quattordici Anni, perchè quindi possa essere con certezza di basi solide riformato esso Codice per intero, e si provegga quindi dietro le pratiche introdotte, i miglioramenti arrecati, le providenze mal previste in somma per rimediare alla meglio l'imperfezione di un primo Codice, giacchè la perfezione non è il retaggio degli Uomini, che sarà esso riformato o norma dei miglioramenti, e dei cambiamenti nati in quest'epoca da stabilirsi.
Sono certo, che non si dirà ciò una volubilità del Legislatore, ma una previdenza sicura, onde in appresso stabilire una Legge, che potrà durare quando un Codice Civile, ed ancor più.
Sarà ciò facile dietro il primo emanato Codice; dietro l'aver visto gli Avanzamenti dell'Agricoltura in riflesso del Primo Codice; dietro le disposizioni generali e dei Proprietari, e dei Coloni dello stato nell'aver adottato dei metodi sicuri di coltivazione, dietro i lumi acquistati per mezzo della istruzione Agraria, e delle Macchine introdotte, dietro le Fabbriche aperte, che richieggono la Materia dello Stato. Può star bene anche un primo Codice senza ciò, ma lo propongo per non veder la mostruosità dei cambiamenti, che questa censura potrebbe apportare nel lasso di dodici, o quattordici Anni; con tutto ciò la Censura è necessaria dopo il lasso al più di anni quattordici, in cui l'Agricoltura dev'essere pervenuta al maximum, di riformare il Codice, che sono certo godrà poi di perpetuità inalterabile.
Potrei io aver errato in varie parti questo mio progetto, e se lo ripeto, la perfezione non è il retaggio degli Uomini, che dirò di un Uomo solo, che senza consultar, che pochi Libri, ha d'indirizzare i suoi pensieri sino al Saggissimo Ministero del suo Stato? Mi ha però animato il bene dello stato istesso, l'amore dei miei simili; i miei errori saranno effetto di poche cognizioni, ma non di volontà, che in me è pura, ed animata dall'Amore della Patria. Se non saranno le mie riflessioni ritenute per esatte, siano almeno di sprone ad altri per far meglio, ed io mi consolerò in vedere tanto vantaggio degli Abitanti dello Stato Pontificio, e del mio stesso Sovrano.
Sono queste le riflessioni, ed i desiderj di Nicola Ravenna di Grottamare".
Il Codice Agrario di Nicola Ravenna trent'anni dopo
Tra i personaggi più eminenti di Grottammare nella prima metà del XIX secolo va annoverato l'avvocato Ludovico Nardinocchi, che manifesta segni di non conformismo politico. Non solo per il nome di Napoleone assegnato al suo quartogenito, nato a novembre del 1821, pochi mesi dopo la morte a S. Elena dell'imperatore. Ma anche, e soprattutto, per quanto riportato nel rapporto di un anonimo informatore della polizia che, tra i Carbonari di Grottammare, segnala il notaio Nardinocchi, confondendo forse l'avvocato con un notaio e per una testimonianza di Ludovico stesso, come risulta dai resoconti delle assemblee dei deputati della Repubblica Romana, nella seduta del 3 aprile 1849. Se ne stralcia un passo:
«"Nardinocchi Ludovico di Grottammare nel premettere che, per le sue opinioni radicalmente repubblicane, ha sofferto l'esilio, il carcere, percosse e ferite nel cessato Governo, offre alla Repubblica un voluminoso manoscritto originale, che dice lavoro di forte ingegno, il quale assai figurò sotto l'Impero francese. Il manoscritto porta per titolo: Progetto di Codice agrario. Il Nardinocchi domanda, che qualora il suo dono sia trovato utile, gli si conceda in ricambio non più che il pane quotidiano, onde l'antico repubblicano non soffra la fame, almeno fin che Dio nol richiami".
La Commissione è stata di parere che si formi dal seno dell'Assemblea una Commissione per esaminare il progetto, e trovandosi utile dovrà provvedersi alla sussistenza del Nardinocchi.
Presidente. Intendono di procedere subito alla nomina di questa Commissione?
Gajani. Si potrebbe rimettere alla Commissione governativa.
Presidente. Ella dunque formuli la sua proposizione.
Gajani. Io diceva che invece di formare una nuova Commissione fosse rimandata a quella che già esiste diagricoltura e commercio.
Presidente mette a voti la remissione come sopra.» «E' adottata».
Non si può certo dubitare della realtà dell'episodio, stante l'autorevolezza della fonte. Un dubbio potrebbe riguardare l'esatta identità di questo Ludovico.
Tenuto conto degli stretti rapporti esistenti tra i notabili del paese, in particolare di quelli accomunati dagli ideali di libertà e democrazia, non si può escludere che il manoscritto in questione fosse proprio quello di Nicola. Ma non abbiamo nessuna prova che lo confermi. L'avvocato era nato il 22 settembre 1788, nel 1849 avrebbe avuto 61 anni. Finora non era noto che fosse stato perseguitato dalla polizia e che fosse ridotto in miseria, cosa che andrebbe approfondita scavando negli archivi. Ma sembra molto probabile che si tratti del Ludovico Nardinocchi, abitante in contrada S. Lucia 44, in una casa corrispondente oggi ai ni 12 e 14 di via C. Peretti, e padre del giovane Romano, studente a Macerata nel 1831 e aspirante rivoluzionario. Incuriosisce il sapere che era in possesso di un Progetto di codice agrario. Non è da escludere, però, che con le parole "forte ingegno" Nardinocchi si riferisse a Giosafat jr. anziché al figlio. Con quale attendibilità e verosimiglianza ? Per ora lo ignoriamo.
Nicola Ravenna chiede di divenire sensale
Si trascrivono i documenti in proposito rintracciati all'ASR.
«Fascicolo 906
Grottamare
Ravenna Niccolò
Per essere riconosciuto con analoga Pat.e in pub.° Sensale».
Testo della richiesta di Nicola Ravenna, segnata col n° 21712:
«E.mo Principe
Nicolò Ravenna di Grottamare Delegazione di Fermo umilmente espone all'Em.za V.ra R.ma avere egli esercitato per lo spazio di molti anni la Professione di Curiale, e Conciliatore di Contratti, come risulta dall'unito Certificato del Sig. Gonfaloniere Locale.
Per impedire ogni sorta di cavilli, e questioni fra i Contraenti su i moltiplici Contratti, che dallo stesso O.re si tratta, implora dall'Em.za V.ra Rev.ma la Grazia di abilitare l'O.re al libero esercizio di Sensale munito della necessaria Patente (...) ».
Si rilevi come, nella Conclusione prima trascritta si possa cogliere un'eco di questa attività di Nicola, là dove scrive: «Altro utile, e non da poco valutarsi nella publicazione di questo Codice è quello che (...) si toglieranno immense, e vistose liti tra i Confinanti, e i Contraenti, si vedrà con sicuro limite prescritti i confini, con giusta norma regolate, o mantenute le servitù e le parti, che sarebbero in disputa per questi effetti divagati dai forensi (...)».
La domanda viene trasmessa al Delegato Apostolico di Fermo con lettera dell'8 marzo 1827, firmata da Francesco Giannini, Governatore di Grottammare:
«Rapporto al di lui civile compone esso una di queste primarie Famiglie, che sempre si è trattata con lustro anche maggiore dei tempi presenti, avendo sofferto nella domestica economia, attesa la numerosa Figliuolanza. La di lui Madre è una Dama Fermana della Nobile Famiglia Cordella.
Circa al morale vi si scorge una coltura, ed educazione adeguata alla sua nascita civile, alli studj precorsi sì nelle controversie Forensi, che nel criminale, coprendo egli in questo Governo la carica di Fiscale; come pure è instrutto negli oggetti amministrativi: e contro la di lui buona condotta nulla emerge, ad onta di esplorazioni uscite con Persona Religiosa, e con qualche altro Individuo, cui spetterebbe aver qualche notizia.
Parimenti sulla di lui politica niente in contrario ho potuto risapere, tanto per quelle relazioni, che posso io avere col medesimo, quanto per altre informazioni, che non ho mancato procurarmi.
La qualità richiesta di pubblico Sensale penso possa avere analogia coll'impiego di pubblico Rassegnatore degl'Imbarchi in questa Spiaggia, esercitato dal defunto di lui Genitore Sig.r Giosafatte, ora in età decrepita, e cadente; e questo stesso Figlio lo ha assistito frequentemente, e rappresentato in tale operazione, di modo che si è questo un'oggetto, sopra cui gode tutta la buona opinione e per la usata esperienza, e per la responsabilità, in cui sole impegnarsi stante l'essere Possidente e dotato delle relative cognizioni e buone qualità (...) ».
Il Delegato Apostolico di Fermo invia la domanda a Roma il 13 marzo 1827, con lettera riservata n° 53: «(...) mi diressi all'Autorità Governativa del Luogo, e questa corrispondendo alle mie richieste mi ha fatto avere l'informazione, che le umilio qui acclusa in copia. Io non posso a tutto ciò altro aggiungere se non che esaminati i Registri di questa Delegazione ho rilevato, che il medesimo Ravenna si trova inscritto nell'Elenco delle Persone che nei tempi passati ingerirono sospetti in materia di opinione.
Nulla però si conosce di specifico su questo particolare, perchè tutti gli atti relativi furono richiamati da cotesta Direzione Generale di Polizia (...) ».
Il foglio riservato n° 23403 del 30 aprile 1827 contiene questa notizia: «Nicolò Ravenna di Grottamare, nel qual luogo egli è domiciliato da dieci anni a questa parte dopo aver per lungo tempo dimorato in Ascoli, fosse iscritto nell'elenco delle persone, che per lo passato ingerirono sospetti in materia politica.»
Si riporta il testo della lettera riservata inviata il 5 maggio 1827 al Card. Galleffi, Camerlengo: «Non può dubitarsi della pertinenza di Niccola Ravenna di Grottamare a segrete società, anche in distinto grado, nel di lui impegno per l'avanzamento di esse; dappoichè più, e concludenti prove ne esistono in questa Direzione g.le (n.d.c.: va inteso come generale).
Nel dovuto sistema adottato dalla stessa Direzione g.le fin dalla sua istituzione di non rilasciare documenti inclusivi, o esclusivi in tal materia per evitare le conseguenze preggiudizievoli al Governo nelle sue ulteriori investigazioni, il sottos. Governatore, e Dirett. g.le di Polizia, mentre adempie i preg. commandi di V.ra Em.za R.ma, la prega di far del presente riscontro un uso riservato a Lei sola (...) »
Stralciamo il seguente brano dalla lettera 24329 indirizzata in risposta della precedente dal Camerlengo al Delegato apostolico di Fermo, il 22 maggio 1817: «Si compiaccia V. S. I. significare a Niccolò Ravenna di Grottamare che per forti ragioni non credo espediente di accondiscendere alla domanda dal med.° avanzata, colla quale facevasi a chiedere di esser con patente autorizzato ad esercitare l'impiego di Pub.° Sensale (...)»
Dobbiamo rilevare, ammessa la buona fede del Governatore di Grottammare che raccomanda Nicola Ravenna come individuo di ottime qualità ed immune da pecche di qualsiasi genere, che è perlomeno sorprendente come ad un individuo, segnalato come sospetto già da dieci anni, si consentisse di svolgere la funzione di fiscale e di curiale nell'ambito di un ufficio, il governatorato, che doveva presiedere all'amministrazione della giustizia, sia pure al livello inferiore. Abbiamo già fatto presente in altra sede che tale indulgenza, che non si riscontra in altre province, non va di certo attribuita alle autorità centrali ma, molto probabilmente, alla insospettabile e tollerante benevolenza dell'arcivescovo-principe di Fermo, il cardinale Cesare Brancadoro, a meno che, date le mediocri condizioni di salute del porporato, qualcuno di sua fiducia non abbia approfittato delle circostanze per non infierire sui carbonari.
Tuttavia non si può ignorare anche che, non molti anni dopo. Nicola è incluso nell'elenco dei legali esercitanti la professione a Fermo. Non è detto però che si fosse ravveduto, perché insieme al suo appaiono i nomi di molti altri professionisti animati sicuramente da sentimenti patriottici.
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