1) - Una concessione di pesca dei primi del '700
All'Archivio di Stato di Roma (poi ASR) è conservato un foglio che ci permette di conoscere lo stato della spiaggia di Grottammare e le consuetudini nel campo della pesca costiera all'inizio del XVIII secolo.(1) Ne trascriviamo il testo:
«Massari e Comune di Grotte à mare
Facciamo piena, et indubitata Fede à tutti mediante anco il n.ro giuram.to à chi sarrà presentata la p.nte, che in q.sta n.ra spiaggia del mare vi sono molti sassi sparsi, come anco dentro mare, q.li sassi sono tutti naturali, e senza connessione, non vedendosi vestigie di muraglie, nettampoco vi possono salvar barche in tempo di tempeste di mare, mà devono le Barche allontanarsi per non correre l'evidente pericolo di rompersi et havendoci domandato licenza il Sig. Conte Luigi Paccaroni da Fermo di poter fare un Altolieva, ò sia Lucerna di pescare in dd. sassi, siamo contenti, che d. Sig. Conte habbia à fare d.a pesca, in tanto siamo indotti di conceder d.a licenza al Sig.r Conte di poter fare d° lavoro, per haver bene considerato, che non vuole apportar verun pregiuditio alla R. C. all'Ill.ma Città di Fermo, ne alli particolari, apportando utile à q.sto Publico per l'abondanza della pescagione, conoscendosi anco in dd. sassi esservi stata altre volte d.a pescagione; In fede della verità ne habbiamo fatta la p.nte riunita con il n.ro solito Sigillo = Q.sto dì 24 9mbre 1710 =
Giuseppe Ant.° Anelli Cancell.e»(2)
Ci limitiamo ad esporre alcune considerazioni:
- siamo nel 1710. La spiaggia si presenta ricca di scogli che costituiscono un grosso rischio per le barche che si avvicinano a riva. Devono ancora passare circa 130 anni prima che avvenga la grandiosa frana del Monte delle Quaglie che, probabilmente, ha ricoperto molti di essi. Oggi, in quella zona, a parte le scogliere artificiali, si notano ancora massi sparsi nel mare, ma non tanti e tali da costituire un grosso intralcio alla navigazione. In proposito, sempre all'ASR, abbiamo rintracciato dei documenti, che attestano come la frana del 1843, nel breve periodo, abbia modificato radicalmente la natura del litorale;
- con il termine poco noto di altolieva, o lucerna, pare che si debba intendere la rete a bilancia che ancora oggi è presente lungo molti corsi d'acqua e installazioni portuali.(3) Da quanto riferisce Anelli sembra che tale pesca desse ottimi risultati e, cosa molto importante per i reggitori della cosa pubblica, senza costituire un danno per i titolari della sovranità del litorale, la Reverenda Camera Apostolica e la città di Fermo. Di lì a pochi anni, però, per lo sfruttamento dei relitti di mare - i tratti di costa resi disponibili dal regresso delle acque - insorgerà una lunghissima e aspra contesa giudiziaria tra il capoluogo ed i paesi rivieraschi;(4)
- dalla natura degli scogli - "tutti naturali, e senza connessione, non vedendosi vestigia di muraglie" - si desume che nella zona non erano presenti rovine di antichi edifici;
- "nettampoco vi possono salvar barche in tempo di tempeste di mare, ma devono le barche allontanarsi, per non correre l'evidente pericolo di rompersi". Il lido piceno per secoli è stato sprovvisto di ripari, eccezion fatta del molo posto a protezione del porto di Grottammare, che risale certamente al XIII secolo e che è passato alla storia con il nome di "scogli di Sisto V".(5) Ai primi del 1800 si cerca di costruire un porto canale a Porto di Fermo, senza successo.(6) Solo nei primi del '900, dopo che per molti anni Grottammare, Cupramarittima e San Benedetto si sono combattute per la concessione di un porto, quest'ultima città riesce ad ottenere la costruzione d'una scogliera, premessa indispensabile per l'erezione d'un porto artificiale. Più recente, infine, il porto turistico costruito a Porto San Giorgio. A differenza dei paesi vicini, Grottammare nella prima metà del XIX secolo ospita abitualmente imbarcazioni di grande dimensioni per l'epoca, fino a 200 tonnellate. Sarebbe stato necessario dare avvio, allora, a tutte le azioni possibili per ricavare un porto. Infatti, dopo l'unità d'Italia, nonostante la presentazione di un progetto dell'ing. Guarducci, nulla si ottiene, anche per le critiche avanzate dall'ing. Cadolini.(7) Probabilmente un appoggio più convinto da parte della classe dirigente ed imprenditoriale locale dell'epoca avrebbe permesso di raggiungere un risultato di grande importanza e avrebbe certamente segnato in maniera diversa il futuro sviluppo cittadino;
- la richiesta di poter "pescare in dd. Sassi" è avanzata dal conte Luigi Paccaroni. Essa costituisce una conferma che, già dai primi del Settecento, i Paccaroni hanno interessi a Grottammare. Non sappiamo precisare a quale data esatta far risalire la presenza a Grottammare di questa famiglia fermana che, molti anni prima, aveva preso in affitto il Torrione delle Battaglie. Dal catasto del 1770 risulta la persistenza di questi interessi, in quanto il conte Vincenzo Paccaroni da Fermo ed i suoi fratelli sono proprietari di vari appezzamenti di terra nelle contrade Fonte della Conserva, Monte Quaglie, Fosso piedi, Bore-S. Leonardo, Monti.(8) Il Catasto Gregoriano conferma la persistenza in paese di beni della famiglia. Infine nel 1825 il conte Francesco Paccaroni costruisce a Grottammare la raffineria degli zuccheri, uno dei più grandi complessi industriali dello Stato Pontificio in quell'epoca.(9)
2) - Fisco e marineria a Grottammare nel XVIII secolo
Nel 1768 l'abate Giacomo Massi è incaricato di compiere una visita per verificare lo stato delle finanze delle comunità della Marca.(10) In tale occasione stabilisce quali siano i beni e le attività da tassare, ed in quale misura. Di conseguenza il comune di Grottammare adotta nuovi criteri di tassazione.
In particolare le imbarcazioni mercantili vengono sottoposte ad un'imposta dello 0,5% del loro valore. Ciò in base all'interpretazione di un decreto di Massi, come risulta da un'istanza rivolta alla sacra Congregazione del Buon Governo:
«Li Paroni delle Barche da Negozio della Terra di Grottamare O.ri U.mi dell'EE. VV. col più rispettoso ossequio le rappresentano, che in occasione della visita fatta nella provincia della Marca dal Sig.e d. Giacomo Massi delegato dall'EE. VV. tassò nella sud.a Terra di Grottamare l'Industrie a raggione di mezzo Bajocco per scudo nella seguente guisa = Industrie da ragguagliarsi a raggione di mezzo bajocco per scudo compresovi in esse industrie la libra morta de Magazzeni, e Case, che si danno a Nolo, Edifizj de Molini a grano, e ad Olio, e ogn'altro avere = come meglio risulta dal compiegato foglio specialmente sotto la lettera A. In sequela di tal decreto la Com.tà di Grottamare hà preteso di tassare i sud.i Paroni O.ri in mezzo bajocco per scudo per le respettive rate de loro Capitali, ch'espongonsi a Negozj di Mare, benche il d° decreto non fosse specificam.te comprensivo dell'Industrie degli O.ri. Da più motivi però risultava il gravame apportato ai sud.i Paroni da simile insussistente pretensione della Com.tà fra quali due sono i più forti, ed urgenti.
Primo, che i respettivi Capitali non rimangono impiegati nello stato Pontificio, mà per lo più s'impiegano, e traficano nel Regno di Napoli, nello stato di Venezia, e nella Dalmazia; secondo, che i Capitali non sono delle persone dello stato Pontificio, mà sono per la maggior parte di Persone estere, e di diverso stato; ond'è che i paroni per far valere le di loro raggioni spedirono avanti Monsig.r Seg.rio un monitorio super manutentione nel possesso, o quasi di traficare i respettivi Capitali senza nessun peso o pagamento di Colletta, come per il passato si era sempre pratticato, qual Monitorio presentato, e legitimamente negl'atti riprodotto, il di cui tenore si registra nell'annesso Foglio sotto la lettera B.»(11)
Così si esprimono gli armatori locali che reclamano contro un onere, forse ritenuto inappropriato da quegli stessi che lo hanno preteso:
«Avendo in oggi gli O.ri preinteso, che la Com.tà voglia esimersi da questa lite, il che anche bramarebbero gli O.ri, supplichevoli ricorrono all'EE. VV., acciò conosciuta la verità dell'esposto, e pesate le addotte raggioni si degnino liberare gli O.ri da questa affatto nuova imposizione (...)»(12)
Si riporta anche il testo del monitorio sopracitato:
«Pro parte, et ad ins.tiam Societatis Paronum Navium Terrae Cryptarum ad Mare exponitur, qualiter ipsi continuo fuerunt, ac in presens reperiuntur in quieta, et pacifica possessione, seu quasi exercendi maritimas negociationes cum propriis, vel alienis capitalibus absque ulla solutione Collectarum, sive onerum Cameralium, aut communitativorum, neque super industria, neque super valore capitalium in iisdem negociationibus erogatorum, prout suis loco et tempore iustificabitur. Cum autem nuper ad notitiam Ins.ium advenerit, quod Communitas prefatae Terre Cryptarum ad Mare jactaverit et jactet supra dd. exponentes pro rata respectivi Capitalis in iisdem negociationibus expositi collectare in dimidio obulo pro qualibet scuto, et pro hujusmodi eff. repartimentum eorumdem Capitalium conficere in prejudicium exponentium idcirco.
Fiat Monitorium jact. jact.e a Infr.is q.nus debeant a predd. jactationibus cessare, et Inst.es in quieta, et pacifica Possessione, seu quasi exercendi prefatas maritimas negociationes absq: ulla solutione Collectarum cujuscumq: generis, sive pro Industria, sive pro valore respectivorum Capitalium in iisdem negociationibus erogatorum manutenere, defendere et conservare Inhibentes ne quovis sub pretextu audeant, seu presumant ullum departimentum incipere, aut inceptum prosequi, minusque pro iisdem Collectis aliquod mandatum sive executivum, sive manuregia expedire, aut expeditum titulo sopradd. ipsarum Collectarum exequi facere sub penis etc.
Perill.ris Communitas Terrae Cryptarum ad mare et pro ea DD.
Priores Residentes (...)»
Mons. Giambattista Mirelli, governatore di Fermo, il 10 aprile 1769 spedisce alla Sacra Congregazione del Buon Governo «l'informazione sopra il ricorso avanzato all'EE. VV. dai paroni delle Barche da negozio di quel Castello».(13)
In allegato a tale lettera si trova un foglio del Vicario e dei Residenti di Grottammare, in data 6 aprile 1769, il cui testo qui si riporta:
«(...) notifichiamo, che a questa Com.tà è vero, non compete assumere una tal lite per essere di grave conseguenza; come pure è più che vero, che li stessi Paroni ricorrenti non negoziano i loro capitali nello Stato Pontificio, ma in Regno di Napoli, in Dalmazia, in Venezia, ed altre Città ad esse capitali confinanti, ma solo si serve di questa spiaggia per fare riposare le loro Barche, e Bastimenti in tempo d'Inverno; su di che pare cosa ardua fargli pagare la Colletta del negozio di Mare, che dal Visitatore non fu totalm.e spiegata, ma detta in generale, perche ebbe riguardo ancora il più delle volte alli disabili, che essi Paroni soffrono dai viaggi, che da essi si fanno. E ben vero per altro, che li Paroni di qui portano de' buoni Capitali, porzione de quali non sono di questo Luogo, ma fuori di Stato, ed essendo Essi capitali esteri, e di più negoziati anche fuori di Stato, pare cosa ardua di riscuoderne tale rigorosa Tassa, che doverrebbesi riscuodere secondo il solito cioè dieci, quindici, e venti paoli al più per cadauna Barca, ò Bastimento, e riscuodendone di più darrebbe motivo alli Capitalisti Esteri di ritirare i suoi Capitali, che ciò seguendo ridonderebbe in gravissimo danno di questo Luogo, e massime della Marinaresca, dai Paroni della quale il più delle volte nel fare li conti ai loro Principali in cambio di assegnare gl'utili, si assegnano li disutili per causa di tempesta di mare, e fallimenti di Mercanti (...)»
Evidentemente le autorità locali hanno rivisto le proprie posizioni, molto probabilmente sotto la pressione degli armatori locali, senza dubbio autorevoli cittadini grottammaresi inseriti negli organi rappresentativi della collettività.(14)
Dalla lettura dell'ultimo testo si coglie lo spunto per rilevare che:
- il campo usuale di azione del naviglio locale è praticamente esteso a tutto il bacino adriatico (regno di Napoli, Dalmazia, Venezia e suo stato, Austria);
- i capitali impiegati nei traffici sembrano appartenere, in prevalenza a soci stranieri. Ciò dimostra che la classe armatoriale grottese è in strette relazioni con corrispondenti esteri, che nutrono molta fiducia nella sua capacità imprenditoriale;
- l'importo della tassa, ritenuto accettabile dalla comunità, oscilla tra 1 e 2 scudi, il che equivarrebbe a ritenere il valore delle barche compreso tra 200 e 400 scudi, cifra che andrebbe confrontata con i prezzi di mercato. L'espressione usata, però, "dieci, quindici, e venti paoli al più per cadauna Barca, ò Bastimento, e riscuodendone di più darrebbe motivo alli Capitalisti Esteri di ritirare i suoi Capitali" sembra porre un limite all'importo massimo applicabile, indipendentemente dal reale valore della nave;
- le barche sostano a lungo a Grottammare solo nella stagione invernale, per eseguire le necessarie opere di raddobbo e per far riposare gli equipaggi;
- le autorità riconoscono che il commercio marittimo è un'attività rischiosa, sia per i danni imprevedibili provocati dalle burrasche, sia per l'incertezza del rapporto con i mercanti, esposti al fallimento. Di conseguenza il bilancio consuntivo può essere spesso passivo.
L'ultimo foglio conservato nel carteggio, con data 29 aprile 1769, è forse la minuta della relazione predisposta per presentare al Prefetto del Buongoverno la lettera conclusiva:
«Sembra ingiusta la Colletta, che la Com.tà di Grottamare pretende di esigere sopra i Paroni di quei Legni Marittimi. Giacchè la Colletta deve avere unicam.te per oggetto, o il Capitale che si possiede; o l'Industria che si esercita nel Luogo, e suo resp.vo Territorio. Se si riguarda adunque la possidenza delli sud.i Legni; questi non possono considerarsi; come Capitali; per la ragione che per solo accidente, e per mera necessità si ritengono in quella spiaggia, e che per se stessi perciò non producono alcun profitto.
E se si considera l'Industria che con i medesimi si esercita mercè la compra, e vendita di qualunque Genere; siccome si commercia in altri Luoghi fuori che in Grott'amare; così non può cadere nella natura delle altre Industrie che si collettano.
Non avendo adunque la Comunità i requisiti che si richiedono per il diritto di collettare detti Paroni; sembra che debba astenersi dalla Collettazione che avea meditato di fare sopra ad essi Paroni.»(14)
Da queste parole risulta che gli armatori hanno avuto soddisfazione.
Note
(1) - ASR, Buongoverno: purtroppo, a causa dello smarrimento della fotocopia a suo tempo eseguita, non si è in grado di segnalare l'esatta collocazione archivistica del documento.
(2) - Più tardi le autorità paesane tentano di costringere i pescatori dei paesi vicini a vendere pesce in Grottammare, per insufficienza di risorse locali. Cfr. ASR, Buon Governo, s. II, b. 1932, lett. del 20.6.1773.
(3) - Ancor oggi, nel litorale di S. Vito Chetino, esistono strutture del genere, chiamate Trabocchi: in merito v. P. CUPIDO, Trabocchi e Traboccanti a S. Vito Chetino, 2° Seminario sulle Fonti per la Storia della Civiltà Marinara Picena, G. e G. Gagliardi Ascoli Piceno 2002, pp. 159-166. (Nota aggiunta il 10.02.2005)
(4) - Per la ricca bibliografia in merito, cfr. P. POMPEI, Il castello di San Benedetto, Quaderni dell'archivio storico arcivescovile di Fermo, n° 7 1989, pp. 105-122. (In particolare si veda, F. MARCUCCI, Relitti di mare, in A. SILVESTRO-F. MARCUCCI, Documenti sulle fortificazioni pontificie del litorale marchigiano, Fast Edit Acquaviva Picena 2000, pp. 173-189. Nota aggiunta il 10.02.2005)
(5) - Per la costruzione del molo nel 1299, a seguito dell'atto stipulato tra il sindaco di Fermo ed un maestro genovese, cfr. G. B. MASCARETTI, Memorie istoriche di Grottammare, Ripatransone 1841, e G. SPERANZA, Guida di Grottammare, Ripatransone 1889, ora entrambi in V. RIVOSECCHI, a c. di, Grottammare, percorsi della memoria, Grottammare 1994. Il molo appare in documenti ottocenteschi con la denominazione di "scogli di Sisto V", ancor oggi in uso.
(6) - Forse opere a protezione del lido esistevano anche a Porto di Fermo. Altri tentativi di costruire un porto sull'Ete vivo risalgono all'inizio del '500 e alla fine del '600.
(7) - In merito cfr. U. GUARDUCCI, Progetto di un porto a Grottammare, Bologna 1877; G. CADOLINI, Il progetto di un porto da costruirsi a Grottammare, San Benedetto del Tronto 1887. Va però riconosciuto che, ben difficilmente, un porto commerciale del genere avrebbe potuto far fronte alla concorrenza generata dal progresso della tecnica (propulsione a vapore terrestre e marittima, costruzione di scafi in ferro di dimensioni incomparabili a quelli in legno, ecc.).
(8) - Cfr. B. OLIVIERI, La Mensa arcivescovile di Fermo nel Catasto di Grottammare - anno 1770, Quaderni dell'Archivio storico arcivescovile di Fermo n° 15/1993, pp. 111-127, in particolare p. 120.
(9) - In merito l'autore ha in preparazione uno studio specifico.
(10) - In proposito cfr. A. SILVESTRO, Il fisco nel XVIII secolo a Grottammare e dintorni, conferenza tenuta a Fermo, UTEFE 1994.
(11) - ASR, Buongoverno, s. II, b. 1932.
(12) - ASR, ib.
(13) - ASR, ib.
(14) - Ad esempio, Salvatore Marchetti, esponente di una famiglia proprietaria di barche, nel 1789 è priore residente; così pure Giuseppe Leopoldo Marchetti nel 1791. Nel 1816 e nel 1819 G. Battista Marchetti è gonfaloniere di Grottammare (cfr. M. GENGA-A. SILVESTRO, Grottammare, stagioni d'architettura, Ascoli Piceno 1995, pp. 35-36.)
(15) - ASR, ib.
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