Oro ed argento a Grottammare e dintorni nel 1796
(Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo n. 19, pp. 117-123)
A seguito dello sconvolgimento provocato dalla rivoluzione francese in campo politico, sociale, religioso, economico e finanziario all'interno ed all'estero, lo stato pontificio, come molti altri stati europei, ne risentì pesanti conseguenze.
Infatti in Francia si dette corso alla vendita dei beni ecclesiastici, all'annessione di Avignone e del Venassino, ad interventi sui conventi e sugli ordini, in attesa di modificare la condizione del clero, ed alla rottura diplomatica con Roma, che provocò sensibili conseguenze negative nel settore del commercio.
Il bilancio generale dello stato pontificio, in attivo fino al 1788, a partire dal 1789 presentò disavanzi annui dell'ordine di 100.000-200.000 scudi, per giungere poi a squilibri di circa un milione tra il 1793 ed il 1796. Si cercò in vari modi di fronteggiare tale situazione, stampando cartamoneta, prelevando fondi dalle riserve di Castel Sant'Angelo, coniando monete di rame, inasprendo i prelievi fiscali, ecc. Tra i provvedimenti adottati va ricordata anche la requisizione di gioielli e preziosi depositati presso il Monte di Pietà e di oro ed argento conservato nelle case private.
In proposito si ricorda che la Segreteria di Stato – con editto emesso a Roma il 5 luglio 1796 e pubblicato a Fermo una settimana dopo - dispose che i capifamiglia denunciassero la quantità di oro ed argento posseduta, specificando qualità, numero e peso delle posate e degli altri oggetti. Detratta la posateria, metà dell'argento residuo venne confiscata insieme a tutto l'oro. Si trattò di una versione anticipata dell'operazione "date l'oro alla Patria", che molti di noi hanno conosciuto in gioventù.
All'Archivio storico arcivescovile di Fermo è conservata una cartella dal titolo Requisizione forzata degli argenti, di cui si è avvalso W. Michelangeli per darci un panorama di ciò che dovettero versare gli enti religiosi della Diocesi di Fermo in quella circostanza.(1)
All'Archivio di Stato di Roma (poi ASR) si conserva una raccolta di queste denunce (assegne) suddivise tra le varie comunità dello stato. Ne stralciamo soltanto, per la parte essenziale, tutte le dichiarazioni di Grottammare, Genga, S. Benedetto, Marano e S. Andrea ed alcune di quelle di Fermo e Porto di Fermo.
I pesi sono espressi in libbre, once (1/12 di libbra), denari (1/24 di oncia) e grani (1/24 di denaro), corrispondenti rispettivamente a 339,072, 28,256, 1,177 e 0,049 grammi. Talvolta si fa uso di misure fermane, diverse da quelle romane o, per l'oro, è dato il valore in scudi.
Non sempre è precisato il numero dei componenti il nucleo familiare nel quale, a volte, si comprende o si esclude esplicitamente la servitù.
Le assegne prese in esame risultano tutte presentate tra il 16 e il 25 luglio, quindi pochi giorni dopo la pubblicazione dell'editto nella città capoluogo. Di regola, in calce al foglio, si trova l'attestazione dell'avvenuta denuncia giurata, a firma del governatore, del vicario o del notaio-cancelliere comunale o di un notaio pubblico (L. Tordini, Gaetano Fiorani, Francesco Saverio Abete(?), Vincenzo Pennacchietti e altri a Fermo, Michele Ruggeri a Grottammare, Vincenzo Constantini a Genga, Antonio Galassino ?) a Marano e S. Andrea, B.eo Moroni a S. Benedetto) e, in posizione irregolare sullo stesso foglio, sul retro o in foglio accluso, il consuntivo del calcolo. In fondo ad alcune dichiarazioni, o su foglio allegato ad esse, appare anche l'attestazione di un argentiere.
Le denunce di cui si tratta costituiscono indubbiamente una testimonianza del benessere di cui godevano gli abitanti dei vari paesi. Di fronte al numero di assegne presentate a Fermo (288, dalle quali abbiamo stralciato le più significative, a nostro giudizio, per l'entità del dichiarato o per la personalità del denunciante) stanno le 46 di Grottammare, le 15 di Marano, le 3 di S. Andrea, le 4 di S. Benedetto, le 4 di Genga, le 70 di Civitanova, le 19 di Massignano, le 18 di Monteprandone, le 32 di Montefiore, le 30 di Loro Piceno e le 345 di Macerata.
Cosa dire dell'attendibilità di queste dichiarazioni spontanee, ma allo stesso tempo obbligate? Se prendiamo in esame i casi di Giosafat Ravenna e di Luigi Palmaroli e Caterina Fraccagnani a Grottammare, potrebbe sorgere il dubbio che queste famiglie avessero investito tutti i capitali in beni immobiliari o che le rispettive assegne non rispondessero alla realtà. Infatti, il 29 gennaio 1805, Giosafat Ravenna acquisterà dalla R.C.A. un esteso lotto di terreno alla marina di Grottammare con un contratto che il prodelegato di Fermo, conte Eufemio Vinci, dopo annose vertenze riuscirà a far annullare ed i Palmaroli nel decennio 1796/1806 verseranno centinaia di scudi per l'acquisto di beni già appartenenti al clero o a privati.
Con i dati in nostro possesso non è possibile individuare casi di evasione totale.
Possiamo avanzare qualche altra osservazione: il termine posata equivale ad 1 forchetta, 1 cucchiaio ed 1 coltello; a Macerata il governatore della Marca, mons. Tommaso Arezzo, denuncia di possedere 270 libbre di argento, di cui 27:06 di posateria, e solo 2:18 once d'oro, molto meno dell'arcivescovo di Fermo; a volte, a Grottammare, il capofamiglia denuncia argenteria data in pegno ad un privato od al Monte di Pietà o la moglie presenta la dichiarazione per il marito, assente dal paese, probabilmente perché imbarcato; Carlo Azzolini, patrizio fermano, attesta di avere depositato ai Monti Secondo e Terzo (probabilmente a Roma, poiché risiede a piazza S. Claudio, parrocchia di S. Maria in Via) 2 scatole ed una catena d'oro del valore di 75 scudi; Onofrio Evangelista si assegna una "piccola scatola d'oro, ad uso quotidiano della mia Sig.ra dove supera quasi la fattura il valore dell'oro"; analogamente si comporta il conte Raffaele Grassi Fonseca, che alla denuncia allega una lunga nota dell'argentiere Raffaele Antonelli, il quale certifica che il valore della lavorazione degli oggetti d'argento è di molto superiore al valore della materia prima; Francesco Saverio Nazzaro fa presente soltanto che la sua argenteria è stata lavorata a Roma da Giuseppe Valadier; l'asssegna del conte Eufemio Vinci è scritta con la ben nota e chiarissima calligrafia che compare in molti documenti relativi alla realizzazione del Nuovo Incasato di Grottammare e che sembrerebbe assimilabile a quella dell'abate Giovanni Sala; Anton Nicola Trevisani, dopo aver elencato il peso dei suoi beni espresso in misure fermane, specifica che "si deve accrescere al d.o peso un'oncia per libra per la diversità, che passa fra il peso Fermano, ed il peso Romano, che in tutto formano oncie cinquantotto, e mezza che ridotte a libra sono libre quattro, oncie dieci, e mezza (...)"; nei citati paesi costieri del Fermano non viene denunciato possesso di oro e tutto l'argento dichiarato dai grottesi equivale appena a quello denunciato dalle famiglie Erioni e Vinci ed è di molto inferiore a quello "assegnato" dall'arcivescovo di Fermo.
Prospetto sintetico delle assegne presentate a Grottammare,
Marano, S. Andrea, S. Benedetto, Genga e Fermo
Note
n. p. = non precisato
(1) - Cfr. W. MICHELANGELI, La prima occupazione francese nei documenti dell'Archivio storico arcivescovile di Fermo, QASAF n° 7, pp. 35-46.
(2) - L'oggetto in questione è la guardia di una spada, appartenente al figlio, tenente dei Miliziotti. Sembra che nulla sia stato confiscato.
(3) - Denuncia 6 posate, in pegno presso il sig. Revelli per scudi 5; 1 posata presso il sig. Carlo Travaglini, per scudi 8; 1 posata presso il sig. Giuseppe Bernardini (illetterato) per scudi 3.
(4) - Denuncia di detenere 1 posata di libbre 0:07 di sua proprietà; 3 posate di libbre 1:10 di proprietà di Mariangela Murri; 1 posata di Giacinto Agnelli di once 6.
(5) - Assente, la denuncia è presentata dalla moglie Teresa.
(6) - Assente, la denuncia è presentata dalla moglia Anna Serafina.
(7) - Denuncia scritta da Giambattista Palmaroli.
(8) - Denunce scritte da Giuseppe Antonio Bernardini.
(9) - Vedi nota 3.
(10) - I conti Azzolino denunciano once 3 ed ottave 6 di ori.
(11) - L'arcivescovo Minucci compare due volte nell'elenco delle assegne, per importi pressocché uguali.
Fonti archivistiche
ASR, Assegne dell'ori, ed Argenti di Particolari d. Provincia della Marca e Ducato di Camerino 1796, voll. 43 (filza 44), 44 (filze 48 e 49), 45 (filza 63), 47 (filze 146 e 150)
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