Noterella sui rapporti tra paroni grottesi e consoli pontifici alla fine del '700

(Cimbas n. 13-1997, pp. 1-9)

Premessa
L'esame di numerosi documenti conservati all'Archivio di Stato di Roma, (poi ASR), ci ha permesso di conoscere notizie, rimaste finora in ombra, sulla presa di posizione di alcuni paroni grottesi in occasione della conferma, della sostituzione o della messa in discussione di consoli nelle sedi di Trieste, Fiume, Pescara, Ortona, etc., alla fine del XVIII secolo.(1)
Innanzitutto si rileva che, in assenza di statistiche certe sul movimento commerciale del porto di Grottammare in quell'epoca, tali carte costituiscono una testimonianza importante, anche se puramente indicativa, della vitalità della marineria grottese e dalla intraprendenza di molti dei suoi esponenti.
In secondo luogo, esse mettono in luce particolari sconosciuti sull'ambizione di alcuni maggiorenti locali, che cercano di ottenere l'investitura di cariche sicuramente onorifiche, pur se non sempre procacciatrici di soddisfazioni economiche dirette, poiché le tariffe consolari non sono certo di rilevante entità, a meno di comportamenti illeciti da parte del titolare o della concessione di privilegi governativi (tratte di grano).
Trova conferma, inoltre, quanto scritto da G. Speranza a proposito di Francesco Saverio Giammarini, nativo di Grottammare e console pontificio a Fiume, ma vengono resi noti anche i tentativi operati da G. Battista Bernardini e da Giosafat Ravenna per ottenere l'investitura consolare, rispettivamente a Trieste ed a Fiume.
Altri fogli dello stesso carteggio, invece, ci rivelano aspetti più consueti delle abitudini dei marittimi impegnati nel cabotaggio in Adriatico, alla perenne ricerca di far fruttare al meglio il capitale di cui dispongono e di ridurre, lecitamente o non, l'esborso di denaro. Nell'illustrazione dei fatti faremo ricorso a stralci dai fogli originali, nel limite dello spazio disponibile, riservandoci di farne pi- ampia trascrizione in altra sede.

- Consolato di Venezia
Negli anni che c'interessano, tra il 1770 e il 1800, il console pontificio in Venezia costituisce un importante punto di riferimento, non solo per tutto quanto concerne i territori soggetti alla Serenissima, ma anche per l'Istria asburgica, pure se, come fa notare Agostino del Bene in occasione della richiesta di chiarimenti a proposito di una lettera da Fiume di F. S. Giammarini: «siccome poi il Porto di Fiume è molto di qui distante, e non ha Posta regolata, così spero che l'E. V. non farà meraviglia se io ritarderò un qualche ordinario, a darne i più accertati, ed adeguati riscontri.»(2)
Così pure, nel momento in cui molti padroni di barche, soprattutto dorici ma anche grottesi (Patrignano Albini,Francesco Bernardini ed Egidio Albini), sollecitano l'istituzione di un ufficio consolare a Zara e ne propongono come titolare l'anconetano Michele Neri, il console in Venezia viene ripetutamente interessato.(3)

- Consolato di Trieste
Le carte che prendiamo in esame coprono un arco di tempo limitato, dall'1.9.1776 al 2.7.1777.
Titolare della sede consolare, all'epoca, è il goriziano Maffei, suddito imperiale che però gode della cittadinanza ferrarese. La sua nomina è avvenuta dopo una dura e contrastata contesa tra vari concorrenti.
Nel settembre del 1776 molti paroni pontifici che frequentano quello scalo, senza minimamente curarsi del rispetto delle norme, sottoscrivono presso il notaio Domenico Foglietti di Torre di Palme un atto, dal quale stralciamo alcune frasi: «Necessitati Noi (...) Capitani, e Paroni de Bastimenti, e Barche di questo felice Stato Pontificio di venire all'elezione del nuovo Console nella Città, e Porto di Trieste, acciò da questo siamo ben difesi, assistiti, protetti, e ben accolti alla congiuntura della nostra andata in d.° Porto, e siccome abbiamo tutta la fiducia nelle ottime qualità, sapere, buona maniera, onestà, e prudenza dell'Ill.mo Sig.re Gio: Batt. Tenente Bernardini di Grottamare, siamo pervenuti nella risoluzione col presente nostro foglio (...) di elegerlo, e nominarlo per nostro Console in d.a Città, e Porto (...).»(4)
G. B. Bernardini ne è lusingato, invia attestati comprovanti le sue qualità ed una lettera ad un corrispondente a noi ignoto, dalla quale stralciamo un passo che si riferisce al Ravenna di cui parleremo più avanti: «per la provista delle piante indicatemi, ne ho immediatam.te parlato con mio Cog.to Giosafat; da parte di cui Le presento li rispettosi ossequij, come della Sig.ra mia, e di tutta casa Ravenna.»(5)
In testa a questa lettera, si leggono 15 righe scritte con altra calligrafia ed estremamente elogiative del Tenente, «l'Uomo più savio, e delle più civili famiglie di Grottammare, Luogo tutto dedito alla Navigazione, e che ha il maggior commercio a Trieste.»
Nel fascicolo sono conservate altre lettere di raccomandazione a favore di G. B. Bernardini, indirizzate al Camerlengo ma senza il nome dello scrivente.
A Roma non approvano tali iniziative ed il governatore di Fermo viene duramente invitato a far desistere i "ribelli" dall'azione intrapresa da «alcuni Paroni, e Capitani dello Stato Pontificio (...) tumultuanam.te uniti per deputare un certo Sig.re Gio: Batta Tenente Bernardini per Console pontificio in Trieste.»(6)
Il governatore, Girolamo della Porta, ha successo ma si rende conto della situazione e cerca di sostenere la causa dei paroni: «Hanno dimostrato Essi una totale obbedienza, e sommissione ai di Lei autorevoli comandi; anzi rincrescendo loro estremamente di aver incorso l'indignazione di V. E. mi hanno presentato in discolpa un memoriale con alcuni documenti, che qui annessi mi do l'onore di umiliarle (...) Asseriscono ciò provenire dall'essere il Console non della loro Nazione, e d'attendere alla Mercatura, per cui non ha premura, nè tempo di assisterli nelle loro vertenze. Da tali motivi indotti erano ricorsi a V. E. come loro Superiore (...) Una tal supplica per indolenza di chi ne aveva avuto essi fatta, con tutta ragione si è risentita della loro indoverosa condotta. Quelle preghiere dunque. che prima d'ora V. E. non avrà forse ricevute, e quei motivi, che non avrà potuto esaminare, li umiliano per mio mezzo al di lei animo caritatevole, e al suo savio intendimento, affinché poss'apporre l'opportuno riparo al grave pregiudizio, che asseriscono continuamente soffrire (...)»(7)
Nel frattempo, un anonimo corrispondente da Grottammare informa di quanto sta succedendo Maffei, che scrive al Camerlengo per ribadire la sua appartenenza alla cittadinanza ferrarese e la correttezza del suo operato, rimettendosi, comunque, alle decisioni del Cardinale.(8)
Il carteggio qui si conclude ed il console rimarrà. In carica anche dopo la Restaurazione, come si desume da altri fondi consultati. Ignoriamo, però, se le proteste dei paroni abbiano ottenuto almeno il risultato di renderlo più sollecito nell'espletamento del servizio.

- Consolato di Fiume
Nel maggio 1792 muore F. S. Giammarini. Molti pretendenti alla successione avanzano la propria candidatura e, per avere successo, ricorrono a raccomandazioni di personaggi influenti.
Ricordiamo brevemente i nomi di alcuni di loro:
- Giosafatte Ravenna, che si dichiara di Fermo pur essendo grottese, raccomandato dall'abate Vincenzo Filioni, da mons. Cacherano, da Giuseppe Colucci, dall'agente imperiale di Brunati;(9)
- Timoteo Bernardini, di Grottammare;
- Marco de Susanni, sostenuto dal vescovo di Segna;(10)
- Giuseppe David, fiumano, segnalato dal vescovo di Segna;(11)
- Spiridione Tuda, di Porto di Fermo;(12)
- Agostino Danni, fiumano ma accolto nella cittadinanza di Grottammare, raccomandato dalla vedova Giammarini, dall'arciprete della Collegiata di Fiume e dai Priori di Grottammare per il posto di console; dal nuovo console Cordella per la carica di viceconsole;(13)
- Matteo Paravich, suggerito da de Susanni;(14)
- il conte Muzio Paccaroni di Fermo; (15)
- il nobile fermano Giacinto Cordella, raccomandato dal governatore della sua città (mons. Tommaso Arezzo), dal vescovo di Macerata e Tolentino, dall'arcivescovo di Fermo, dal vicario generale di Fermo (abate Antonio David), da Michele Pietrangeli, dalla contessa Chiara di Lutezia e dal conte Eufemio Vinci;(16)
- Saverio Matteucci, di Fermo.(17)
I più accaniti e determinati sono Giosafat Ravenna e Giacinto Cordella, legati da qualche legame di affinità in quanto la moglie del grottese appartiene alla nobile famiglia fermana Cordella. Entrambi si dichiarano disposti a favorire in modo generoso la vedova Giammarini, venutasi a trovare in precaria situazione economica.
Cordella prevale e, il 30 ottobre 1792, viene nominato console dopo aver accettato le condizioni imposte dal Camerlengo a favore della Giammarini. Prima che possa raggiungere la sede, muore sua moglie. E' perciò costretto a ritardare la partenza. Una volta a Fiume, trova accoglienza in casa Giammarini ma, ben presto, i suoi rapporti con la vedova si deteriorano ed egli non mantiene le sue promesse.
Inoltre conosce una fiumana, che vorrebbe sposare. I futuri suoceri, forse per motivi d'interesse, istigano Cordella contro la vedova.
Dalle numerose carte consultate appare che Carolina Giammarini, forse non molto versata nelle lettere - almeno a giudicare dalla sua firma stentata - è pugnace e combattiva e ribatte punto per punto le accuse mossele dal console, che ricorre spesso ad ingiurie e minacce. I rapporti si complicano a seguito del ritorno temporaneo della vedova a Grottammare e dei frequenti viaggi di Cordella a Fermo e a Roma. In tutti i modi essa cerca d'impedire che al console vengano concesse delle tratte per il commercio di grano e formentone che, come in passato, avrebbero permesso al console di godere di buoni introiti. Finalmente, per l'interposizione di autorevoli personaggi, il 12 settembre 1794 si giunge ad un accordo. Ignoriamo, però, se sia stato rispettato, perché non abbiamo reperito altra corrispondenza dopo quella data.
Riportiamo in questa sede alcuni passi stralciati dalle tante lettere consultate, dove non mancano frequenti errori di grammatica e d'interpunzione:
- «Credeva la povera vedova Giomarini di poter vivere tranquillam.te dopo che le fù assegnata la Quinta parte di tutte le rendite del Consolato: ma oltre le continue amarezze cagionatele dal nuovo Console Cordella in tutto il tempo che si trattenne in Fiume nella di Lei casa, le nega di più al p(rese)nte il riferito sussidio, affacciando non poche superflue spese delle q(ua)li si vuole a parte a fronte dell'accennata Sovrana disposizione.»(18)
- «Non prima di jeri sulle ore 19 circa, dopo giorni otto di viaggio disastroso eseguito per mare, da Fiume sana, e salva (grazie all'Altissimo) pervenni in questo Luogo di pertinenza allo Stato Pontificio» (si tratta di Grottammare) «sono costretta a prevenire l'E. V. a non dare ascolto a q.to gli sarà forse a quest'ora non bene rappresentato contro di me dal Console Pontificio di Fiume Giacinto Cordella Patrizio Fermano. Il med.° a bella posta, non contento di aver sparlato in ogni luogo dove hà posto il piede, contro di me, si è portato in cotesta Dominante, per avvantaggiare li proprj interessi (...).»(19)
- «Dal Sig.re Cardinale Rezzonico mi è stato consegnato un memoriale contro di me dato da voi, ma invece di pregiudicarmi mi a assai giovato, perchè il Sig.re Cardinale a conosciuto la pettegola che siete volevo giustificarmi, ma mi a risposto che non accadeva perche principia con una impostura, e termina con tante calunnie, e tante bugie e ragiri soliti di voi il memoriale lo ritengo presso di me per farlo vedere a tutto Fiume per meglio onorarvi.»(20)
- «Ben tardi mi accorsi di esser stata tradita da quei, ai quali mi diressi per avere un genuino dettaglio di un Novennio di fruttato di quel Consolato di Fiume, e quando oggi volevo rimarcare alla perdita fatta con averne un giusto Foglio, quel' Console Sig.re Giacinto Cordella ha imposto al Vice Console, che non debba dar fuori veruna copia dei Libri di Registro del medesimo Consolato.»(21)
- «Ritorno a gettarmi a Piedi di Sua Eminenza, qual Padre Benefico d'una infelice Vedova, ed udita trista Novela, chè il Console non voglia restituirmi la Robba del defunto mio Consorte, anzi v'è più contro di me inviperito cerchi ogni strada per levarsi da questo Dovere (...)»(22)
- «Non contento il Console Cordella di millantarsi, che mai sarebbe venuto all'esecuzione di qualunque ordine in favore della Vedova Or.che (il fatto invero lo comprova), si è protestato altresì, di volerle usare ogni maggiore ostilità nel farle i Pagam.ti della convenuta Penzione di scudi 40: Annui, e di tutt'altro, che dev'Egli contribuirle (...)»(23)
- «Dal Sig.re Arcidiacono Peri avrà sentito, la mia estrema condescendenza per non sentir più pettegolezzi di questa donna, almeno mi lasci ora in pace (...) Eminentissimo, il consolato apena mi basta a pagar la penzione; e da sostener la carica, e di aria non posso vivere, se Vostra Eminenza non si move di me a pietà (...)»(24)
Il materiale che abbiamo finora presentato potrebbe consentire di svolgere considerazioni su:
- la sopravvivenza della consuetudine di favorire, nell'assegnazione d'incarichi statali, personaggi appartenenti al ceto medio-alto, a prescindere dalle loro qualità e capacità;
- la presenza e l'importanza di marittimi grottesi a Trieste;
- l'insofferenza di molti paroni verso persone che godono di condizioni privilegiate e che danneggiano i loro interessi;
- la loro incapacità, a rivoluzione francese già avvenuta, di modificare significativamente i rapporti tra sudditi e governanti.

- Capodistria
Ci soffermiamo brevemente su un documento isolato proveniente da altro fondo:
«Capodistria 16 Agosto 1786
Faccio Fede io sottoscritto di aver chiamato d'ordine dell'Eccellent.mo Podestà, e Capitanio la persona di Benedetto Pace dalle Grotte a mare Tartanone chiamato l'Anime del Purgatorio con carico d'Aglio, che vendeva alla minuta, e di avergli ordinato, che vadi riconoscere il Sig.r Egidio Colombo Vice-Console Pontificio nella Provincia dell'Istria in fede di che
Alfier Carlo Combatti Aiutante.
»(25)
Il documento prosegue con un'attestazione di Flaminio Corner, Podestà e Capitanio di Capodistria per la Serenissima Repubblica di Venezia, che trascuriamo di trascrivere; In proposito si rileva che:
- molto probabilmente, Pace va inteso per Paci, cognome molto diffuso a Grottammare e dintorni;
- oltre a curare il trasporto delle merci, i marittimi a volte si dedicano alla vendita al minuto del loro carico;
- anche in documenti dell'Ottocento inoltrato si riscontra la presenza di aglio, o teste d'aglio, nella lista delle merci imbarcate a Grottammare.

- Consolato di Pescara
Il carteggio va dal gennaio 1776 alla primavera del 1781.
Il 26 gennaio 1776 un diploma di console pontificio in Pescara viene spedito da Roma al mercante Tommaso Straccia, di Recanati.(26) In tal modo giunge a conclusione l'iniziativa promossa da 21 paroni mercantili pontifici, tra i quali ben 11 sono di Grottammare, desiderosi di godere di assistenza consolare nel porto di Pescara, luogo di residenza di Straccia a quell'epoca.(27)
Ben presto, però, i marittimi si dichiarano insoddisfatti dell'operato del console e ne chiedono la sostituzione.
Molti sono i motivi che espongono: imposizione di diritti consolari inesistenti; assenza dalla sede, per essersi trasferito a Penne; trascuratezza nel prestare assistenza; ecc. In particolare ricordiamo che:
- nel 1780 il console pontificio generale a Napoli dispone
che vengano restituiti 13 carlini al parone Francesco Bernardini, ingiustamente esatti da Straccia;
- il console pescarese segnala a Roma che Vito Antonio Loy ed Egidio Albini, paroni grottesi, navigano sotto bandiera napoletana. Viene subito disposta un'inchiesta dalla quale risulta che essi, e gli equipaggi da loro dipendenti, ricevono la paga mese per mese e sono imbarcati su legni posseduti da commercianti abruzzesi. Pertanto il loro comportamento è del tutto legittimo. In casi analoghi, probabilmente, il torto non è solo dalla parte di Straccia. Dalle sue lettere, in cui si esprime irosamente soprattutto contro i paroni grottesi, risulta che essi ricorrono a simulazioni per pagare minori tasse e minori diritti consolari. Ad esempio, dichiarano una portata inferiore a quella effettiva.(28) Ciò nonostante, ma questo andrebbe meglio provato, egli afferma di aver procurato notevoli riduzioni delle tariffe portuali praticate usualmente a Pescara, a vantaggio dei paroni pontifici.
Ci limitiamo a un breve stralcio: «L'orgoglio de Paroni di Barca delle Grotte a mare mi forza incommodare l'Em.za V.a m.re questi non vogliono riconoscermi per Console per cui sono stato costretto far carcerare un certo P.ne Pasquale Ravenna quale intendeva partirsene da qui con la sua Barca senza venirmi a riconoscere, e senza pagarmi alcun diritto mi si aspetta, conforme ebbe lo spirito di fare il P.ne Dominico Bernardini, Pasquale Marchetti, Filippo Seccia, Gio. Batta Maccarone, con dire che non mi vogliono riconoscere (...)»(29)
I marittimi, in particolare i grottesi, si ostinano comunque a chiedere l'allontanamento di Straccia ma, a causa della mancanza di altri documenti, ignoriamo come si sia conclusa la vicenda.

- Viceconsolato di Ortona
A seguito delle sollecitazioni di alcuni paroni pontifici che frequentano il porto di Ortona, l'anconetano Antonio Balloni viene nominato console in quella sede.
Anche nei suoi confronti, dopo breve tempo, essi manifestano insoddisfazione. Interviene il console di Napoli il quale, dopo aver fatto eseguire un sopraluogo sul posto a persona di sua fiducia, segnala a Roma «che quasi tutti i Padroni de' Bastimenti Papalini Sinigagliesi, Pesaresi, Anconitani, Ferraresi, di Grotte a mare ecc. viaggiano senza passaporto, motivo per cui non solo defraudano i dovuti Diritti, ma si fanno lecito di fare ciò che vogliono. Io ne ho continui ricorsi, e ne tengo segnati una quantità, ma in una parola sono quasi tutti; onde il mio impiego a questo motivo resta soprafatto da questa Gente (...)»(30)
Alcuni paroni, però, si prestano a sottoscrivere attestati di fiducia nei riguardi del console. Tra essi troviamo i grottesi Benedetto Paci, Egidio Albini, Vincenzo Colonna. Anche in questo caso mancano documenti che ci permettano di conoscere l'esito della vicenda. Si ritiene comunque che, da quelli cui ci siamo riferiti, emerga indubbiamente l'importanza del ruolo svolto dalla marineria grottese nel commercio di fine '700. Riscontri più certi sul numero delle navi impiegate, sulla provenienza, qualità e quantità delle merci trasportate, ecc. potrebbero scaturire da ulteriori ricerche, da condurre soprattutto a Trieste. Ci auguriamo che possano essere presto eseguiti.

Note
(1) - Si è preferito impiegare il termine "grottese", anziché il moderno "grottammarese", per maggiore fedeltà ai testi in questione ed all'antica consuetudine.
(2) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, b. 3, Venezia, lett. del 24.1.1778.
(3) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, b. 3, Zara, passim.
(4) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, b. 3, Trieste, atto notarile del 15.7.76. Nel fascicolo si trovano anche altri atti sottoscritti dai paroni.
(5) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, ib., lett. di G. B. Bernardini del 5.4.1777 ed attestati rilasciatigli dalla Comunità di Grottammare (29.5.1777) e dal vescovo di Ripatransone, B. Bitozzi, (18.5.1777). Dallo stato delle anime degli anni 1827-28, risulta vivente Lucia Catarina qm Nicola Ravenna, vedova di G. B. Bernardini, nata intorno al 1750. Vive al vecchio incasato con i figli Salvatore, Rosaria (nata il 3.1.1780), Giuditta (6.9.1781), Anna Maria (4.7.1793), con la cognata Anna Felicia, qm Ignazio Bernardini (2.2.1745), con il nipote Adriano Piermarini, figlio di Innocenzo, e con una serva ed un servitore.
(6) - Cfr. ASR ib., lett. del 19.4.1777.
(7) - Cfr. ASR, ib., lett. da Fermo del 15.5.1777 e relativi allegati.
(8) - Cfr. ASR, ib., lett. del 2.7.1777.
(9) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, b. 3, Fiume, lettere del 17.8.1792; 11.6.1792; 15.6.1792; 27.6.1792; 4.7.1792; 15.7.1792. Molto significativa deve essere considerata la raccomandazione da parte di Mons. Cacherano se, come presumiamo, si tratta di un parente dell'economista Cacherano di Bricherasio, uno dei più preparati riformatori dello Stato Pontificio, all'epoca di Pio VI: in merito cfr. E. PISCITELLI, La riforma di Pio VI e gli scrittori economici romani, Milano 1958. Questa relazione - d'amicizia, di comunanza culturale o d'interesse? - potrebbe costituire una indiretta conferma della fama di Giosafat Ravenna come studioso d'agricoltura, tramandataci da G. B. Mascaretti.
(10) - Cfr. ASR, ib., lettere del 16.8.1792; 22.8.1792.
(11) - Cfr. lett. del 22.8.1792.
(12) - Cfr. lett. del 29.6.1792. Per qualche notizia su Spiridione Tuda, cfr. A. SILVESTRO-S. SILVESTRO, Notizie sui consolati esteri nelle Marche pontificie nell'800, Quaderni dell'Archivio storico arcivescovile di Fermo, n. 12/1992, pp. 71-93 e n. 15/1993, pp. 86-110.
(13) - Cfr. lettere del 19.6.1792; 5.7.1792; 10.8.1792; 24.8.1792. Va rilevato che, abitualmente, il cognome del console grottese viene deformato in Giomarini o Giommarini anche, e soprattutto, dalla stessa vedova. Solo nelle lettere di corrispondenti originari di Grottammare viene impiegata la forma corretta. La forma Giommarini appare anche in altri documenti dell'ASR, relativi a questioni insorte tra le famiglie Giammarini, Bernardini ed Azzolino.
(14) - Cfr. ASR, ib., lett. del 16.8.1792.
(15) - Cfr. ASR, ib., lett. del 5.7.1792.
(16) - Cfr. ASR, ib, lettere del 11.6.1792; 15.6.1792; 20.6.1792; 21.6.1792; 22.6.1792; 3.7.1792; 30.7.1792; 31.7.1792; 24.9.1792; 8.10.1792; 11.10.1792; 9.11.1792; 23.11.1792; 30.11.1792.
(17) - Cfr. ASR, ib., lett. del 9.7.1792.
(18) - Cfr. ASR, ib., lett. s. d. In particolare la vedova rivendica la proprietà di alcuni strumenti, della raccolta sulle caratteristiche dei bastimenti e sulla determinazione della portata e di altre cose che, secondo Cordella, egli avrebbe invece pagato.
(19) - Cfr. ASR, ib., lett. del 26.9.1793.
(20) - Cfr. ASR, ib., lett, del 12.12.1793.
(21) - Cfr. ASR, ib., lett. del 13.2.1794.
(22) - Cfr. ASR, ib., lett. del 22.6.1794.
(23) - Cfr. ASR, ib., lett. s. d.
(24) - Cfr. ASR, ib., lett. del 23.9.1794.
(25) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, b. 1, Capodistria.
(26) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, b. 2, Pescara, annotazione sul fg. sotto citato.
(27) - Cfr. ASR, ib., fg. s. d. I paroni grottesi sono: Giacomo Antonio Marchetti, Giovanni Alessandrini, Giovanni Bernardini, Vincenzo Colonna, Luigi Paci, Salvatore Marchetti, Serafino Paci, Domenico Bernardini, Andrea Fiori, Egidio Albini, Patrignano Albini. Il console, per tacitare le loro proteste a proposito delle tariffe imposte, chiede a Roma che gli venga inviato il tariffario ufficiale. Non abbiamo reperito un documento del genere per quell'epoca ma solo le "Istruzioni Circolari sui doveri ed incombenze dei Consoli, Vice-Consoli, ed Agenti Consolari Pontificj residenti nei Porti Esteri", emanate dal Cardinale Camerlengo P. F. Galleffi il 28 settembre 1825 (cfr. ASR, Camerale II, Industria e Commercio, b. 3, f. 10).
(28) - Ricordiamo che, nel 1827, il Camerlengato - in occasione del rinnovo della lettera di comando intestata ad un marittimo grottese - non nasconde la sua «sorpresa per la poca attenzione pratticata in tale trasmissiome, avvegnachè si scorge ben chiaro essere stato supplantato il nome e cognome di Niccola Bassi a quello del suo vero proprietario», cfr. ASR, Camerlengato, p. II, Marina, b. 575 f. 1755. Quindi, a trent'anni di distanza, la situazione non era migliorata di molto.
(29) - Cfr. ASR, ib., lett. del 5.2.1777.
(30) - Cfr. ASR, Camerale II, Consoli, b. 2, lett. s. d. (autunno 1783)

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