1. Premessa
La vita di qualunque individuo o comunità d'individui dediti all'esercizio di una medesima attività segue nel tempo alcuni schemi e cicli da cui è difficile staccarsi, ieri più di oggi, marcati da eventi particolari.
I pescatori piceni dei primi decenni del secolo XIX, sottoposti al loro duro lavoro dalla tenera età di 5-6 anni fin oltre i cinquanta, affrontano disagi variamente ricorrenti: gli attacchi dei pirati; l'incertezza di riuscire a trarre dalla pesca i mezzi necessari per assicurare la propria esistenza e quella della famiglia; le burrasche improvvise, più frequenti nell'avversa stagione che vede riposare la marina mercantile ma non quella peschereccia, esposta continuamente al rischio di naufragi;le lunghe attese cui sono soggetti i familiari superstiti che ricorrono alle autorità per ottenere i sussidi indispensabili per vivere dopo la perdita dell'uomo sostegno; ecc.
Il quadro che ne risulta, pur molto frammentario, contribuisce ad illustrare alcuni aspetti, complementari ma importantissimi, di tutte le attività connesse alla pesca: commercio, cantieristica, portualità, burocrazia.
Per tracciare le linee fondamentali di una storia della marineria picena, per la prima metà di questo secolo si può ancora attingere alla tradizione orale, mentre per i tempi più lontani è indispensabile ricorrere alle fonti di archivio non trascurando però l'iconografia e la cultura materiale.(1)
Nei fondi dell'Archivio di Stato di Roma (poi ASR), si possono rintracciare molteplici notizie su diversi episodi luttuosi, in cui sono state coinvolte barche mercantili e da pesca, sia straniere sia nazionali. Si tratta di almeno 25 fascicoli di varia mole, da 9 dei quali riportiamo in questa sede un compendio necessariamente conciso. Per evidenti ragioni di spazio si rimanda ad altra occasione il completamento della trattazione. Verranno presi in esame anche naufragi avvenuti in altri circondari adriatici in quanto si tratta di eventi che mettono in luce elementi che accomunano nel bene e nel male i pescatori dell'antico Golfo di Venezia.
2. - Naufragi avvenuti tra il 1817 e il 1827
Vengono riportate notizie relative a sette eventi luttuosi avvenuti in questo arco di tempo.
2.a. - Naufragio di una bombarda greca a La Cattolica, 9 gennaio 1817.
Le poche notizie disponibili sono desunte da una lettera del 19 gennaio 1817 di Gregorio Schelini, console dei levantini in Ancona, che informa il cardinal Camerlengo dell'accaduto e dei provvedimenti adottati.(2)
Nella notte del 9 gennaio, a causa del mare in tempesta, la bombarda "greco-ottomana denominata la Madonna d'Idra" (?), diretta in Levante, cerca rifugio in Ancona ma, avendo confuso il Conero con il monte di Pesaro, finisce in costa a Cattolica. L'intero equipaggio viene salvato grazie all'aiuto di marinai locali accorsi sulla spiaggia per prestare soccorso. Si riscontra che, oltre ai 15 marittimi iscritti nella patente di sanità di bordo rilasciata a Trieste, vi sono altre due persone. Le norme sanitarie prevedono che, in questo caso, vengano adottate opportune cautele per evitare eventuale diffusione di malattie e perciò, in attesa di ricevere precisazioni da Trieste, porto da cui era salpata la nave, tutti gli scampati vengono rinchiusi nel lazzaretto di Ancona senza poter godere della "libera pratica" che li avrebbe lasciati liberi di muoversi a proprio piacimento. Anche le poche merci trasportate (alcuni colli di pannini e di fazzoletti), che pur danneggiate si è riusciti a strappare al mare, sono avviate ad Ancona.
Intanto si provvede al recupero delle attrezzature marinaresche finite sul lido. Se ne occupa il sig. Luigi Mancini, corrispondente del console Schelini, che con il ricavato farà fronte alle prime spese.
Ai marinai salvatori si aggiungono individui che cercano di trarre vantaggio dalla situazione: Domenico Zandri di Rimini e il marchese Montalti di Cesena pretendono di essere stati designati "capi di ricupero" dal Legato di Forlì e dal Delegato di Pesaro, e cercano di ottenere emolumenti nonostante che gli scampati ed il delegato alla sanità di Cattolica asseriscano che nulla essi hanno fatto; altri si danno allo sciacallaggio.
Completati questi primi atti, il console assicura che si "andranno poi esaminando le pretese di cadauno che avesse legitimamente cooperato al ricupero."
Il 25 gennaio interviene la Segreteria di Stato, preoccupata, augurandosi che "comunque (si) possa sperare che nell'affidare a Luigi Mancini gli articoli surriferiti, siano state osservate le cautele di Sanità" e riservandosi d'interpellare in merito il delegato locale.(3)
2.b. - Naufragi del marzo 1823.
"Le giornate 13= e 20= Marzo and.e segnarono un epoca lacrimevole per gl'infelici Marinari di queste Spiaggie dei quali Venticinque ne perirono in questo 1°= Circondario a causa di due orgogliose Procelle che prevenne le cognizioni Marittime colla più rapida violenza". Con queste parole l'ispettore Valentini il 23 marzo comunica al Camerlengo le disgrazie avvenute in quella circostanza.(4)
Il 13 marzo la paranza Anime del Purgatorio, di proprietè del sambenedettese Domenico Antonio Merlini, affonda in prossimitè della foce del Tronto. Si salva solo il parone, muoiono 6 marinai di etè compresa fra 14 e 38 anni.
Il mezzogiorno del 20 marzo, di fronte al Porto di Fermo sotto gli occhi di gran parte dei concittadini accorsi sulla spiaggia, impotenti a prestare soccorso, naufraga la paranza San Giuseppe di Giuseppe Vagnozzi. Scompare tutto l'equipaggio, composto da 6 persone di età tra 10 e 49 anni.
Lo stesso giorno alla stessa ora e anche in questo caso nei pressi della riva e davanti a numerosa folla, disperata nella propria impotenza, a Porto Recanati si perdono due paranze, la Maria e la Generosa, appartenenti ad un gruppo di caratisti (Alessandro Volpini, Cittadini, Velluti) e con 13 uomini tra i 15 e i 53 anni a bordo.(5)Solo tre sono i superstiti, aggrappatisi all'albero strappato da una delle due barche.
Altre 4 paranze di Porto Recanati finiscono sulla spiaggia di Casebrugiate (Monte Marciano?) e riportano molti danni senza perdite umane.
Ad Ancona affondano molte navi mercantili cariche di merci, ma gli equipaggi riescono a salvarsi.
L'ispettore provvede ad inviare a Roma gli elenchi dei morti e dei loro familiari più stretti, per la concessione dei consueti sussidi.
Dalla corrispondenza che segue emergono alcune notizie degne di menzione:
- il 3 e 6 maggio a Porto Recanati vengono distribuiti 5 scudi a testa ai familiari segnalati nella nota;
- il 12 maggio vengono consegnati i denari a Porto Fermo ed a San Benedetto: 6 scudi a testa;
- negli elenchi sono stati omessi i nomi di alcuni familiari, per lo più vecchi genitori non conviventi ma assistiti dai defunti. Viene perciò inoltrata una nuova lista;
- per ora i proprietari non ottengono nulla. "Li miserabili Proprietarj delle Barche naufragate, non hanno essi ottenuto sin qui alcun soccorso, giacchè non esistono in queste Marche ne' Attrezzi, ne' Ferramenti superflui, ne' Barche di proprietà del Governo, ed ancorchè vi fossero, non potrebbero questi riattivare l'Industria della Pesca, tanto vantaggiosa per lo Stato, senza una scorta in denaro".(6) Volpini, Velluti e Cittadini, che in soli 12 anni hanno perso 7 legni, ora sono sul lastrico ed hanno bisogno di almeno 600 scudi per ricostruire una paranza e ripararne un'altra.(7) Anche Giacomo Verchini di Porto Civitanova ha bisogno di almeno 150 scudi per riparare una paranza;(8)
- "questo ramo d'Industria (...) attualmente in questo Littorale da Ancona al Tronto, è nella massima decadenza, tanto per le disgrazie accadute, quanto per la scarsa Pescagione, che si fa' da tre anni a questa Parte, e che attualmente accade per l'incostanza dei tempi e che se la mano adjutrice del Governo non vi concorre colla sua Beneficenza, corre rischio di distruggersi affatto, essendo ridotti per la metà i Legni da Pesca nel Porto di Recanati, il simile al Porto di Civitanova, e per due terzi in questo Porto di Fermo, e S. Benedetto".(9)
2.c. - Naufragio della paranza S. Pasquale, novembre 1824.
Le notizie relative alla perdita di questa unità, di Giovanni Coletti di Porto di Fermo, si riferiscono solo al disbrigo delle consuete pratiche d'ufficio: cancellazione del natante dalla matricola e distribuzione dei sussidi agli scampati che hanno perso i loro beni ed ai familiari dei naufraghi.
L'ispettore del 3° circondario, Alessandro Belmonte, il 23 novembre informa il cardinale che, a seguito della perdita del passaporto in occasione dell'affondamento della barca, bloccherà la validità del documento. La stessa informazione viene estesa agli altri ispettori ed ai consoli pontifici all'estero.(10)
Il 22 dicembre a Porto di Fermo il Gonfaloniere distribuisce i sussidi. L'ispettore Maggiori e il luogotenente di porto non vengono invitati alla cerimonia.
Il patrizio se ne lamenta con il Camerlengo che interessa il Tesoriere Generale per evitare che, in futuro, vengano nuovamente ed ingiustamente dimenticati questi funzionari, sempre in prima linea nel trattare i problemi della gente di mare.
2.d. - Salvataggio di un trabaccolo napoletano a Grottammare, ottobre 1827.
Nella notte dal 5 al 6 ottobre si scatena una furiosa tempesta con vento predominante da greco-levante, rinforzato a volte da ostro-scirocco.(11)
Fortunatamente le barche nazionali sono state ritirate tempestivamente a riva e non subiscono danni. Un trabaccolo napoletano, invece, proveniente dall'alto Adriatico e sorpreso in mare nei pressi di Grottammare, si trova in serio pericolo e chiede soccorso con segnali luminosi.
Intervengono subito il luogotenente di porto e la guardia di finanza, che predispongono gli aiuti, cosicché la mattina si riesce a trarre in salvo la barca, comandata dal parone Domenico Delgiudice di Rodi (Garganico?), l'intero equipaggio e le poche merci esistenti a bordo.(12)
Nonostante la violenza della tempesta, le onde non provocano danni ai centri costieri, a differenza della pioggia caduta ininterrottamente per otto giorni, come verrà riferito al successivo para 3.c.
2.e. - Naufragio delle paranze S. Marone e Madonna Addolorata, gennaio 1827.
Nella notte dal 17 al 18 gennaio 1827 si scatena in Adriatico una "orribile procella" che coinvolge due barche a distanza di parecchie miglia tra loro.(13)
Il S. Marone, di proprietà di Giuseppe Feliciotti di Porto Recanati, cerca rifugio in Ancona ma "mentre manovrava al di là della Lanterna in bocca d'acqua avendo dovuto fare la vela grande (...) mentre stava per imboccarvi stante la perdita del terzarolo fu rovesciata da un forte colpo di Vento verso le ore 9. circa pomeridiane in una località da non poter essere intese le grida degli infelici Marinari componenti l'equipaggio, né veduto il funesto accidente".
Muoiono tutti e nove, età compresa tra 16 e 50 anni.
Relitti vari e dotazioni di bordo giungono a riva presso la nuova strada della Palombella. Il proprietario accorre per recuperarli e riesce a salvare buona parte delle attrezzature.
La paranza Madonna Addolorata di Nicola Grandoni di San Benedetto, invece, viene sorpresa dalla tempesta la stessa notte "nelle acque di Umana e Silvi nel Regno di Napoli", a circa 15 miglia da terra.(14) Non si sa nulla di preciso su cosa sia accaduto ma soltanto che la barca rimane in balia delle onde e senza gli 8 uomini dell'equipaggio a bordo, di età tra 11 e 48 anni. Il proprietario, dopo aver cercato inutilmente di recuperare il legno, che è scomparso, chiede un sussidio.
Altre imbarcazioni sorprese in mare davanti a Porto di Fermo riescono a trovare scampo perché non si leva il garbino che le avrebbe trascinate al largo con gravissimo pericolo.
A Porto Civitanova, fortunatamente, le barche sono in terra e non corrono rischi.
A Roma la notizia della perdita del S. Marone viene segnalata dal capitano di porto di Ancona prima ancora che giunga la lettera dell'ispettore fermano.
Vengono subito date disposizioni per la cancellazione delle unità dalla matricola, pratica conclusa in aprile. Il passaporto della Madonna Addolorata viene rintracciato nella paranza compagna, mentre quello del S. Marone non viene recuperato.
Hanno inizio le consuete formalità per concedere sovvenzioni ai familiari. Gli elenchi, che comprendono 44 assistibili per 8 morti a San Benedetto e 40 per 9 morti a Porto Recanati, vengono giudicati eccessivi a Roma. Il Camerlengo dà incarico ai delegati di Fermo e Macerata "perché prendano ad esame gli acclusi prospetti, e faccian conoscere coloro strettamente derelitti dai naufragati Marinai, che vivevano della loro industria positivamente, sembrando di riconoscere una eccessiva latitudine degli Ufficiali di Porto nella presentazione dei suindicati prospetti".(15) Provvedono alla rettifica il governatore di Grottammare, che depenna 12 nominativi, e il governatore di Recanati, che opera una riduzione di consistenza a noi ignota.(16)
A luglio i recanatesi hanno già percepito il sussidio di 6 scudi a testa, i sambenedettesi sono ancora in attesa del denaro a causa di sopravvenuti banali incidenti burocratici.(17)
Il conte Maggiori sollecita l'intervento del cardinale e invia di nuovo la documentazione, prima di ricevere la reprimenda da Roma.(18) Resosi conto di aver concesso eccessiva fiducia al curato Pizzi, assicura i superiori che in futuro si comporterà con maggiore attenzione.
A fine settembre è pronto il mandato di pagamento di 162 scudi e l'ispettore provvederà appena possibile alla distribuzione dei soldi ai beneficiati, che risultano essere solo 27, anziché 32 come risultava dopo la riduzione operata dai 44 iniziali.
I genitori di Pasquale Offidani, segnalati dall'ispettore ma esclusi dall'assegnazione, cercano inutilmente di ottenere qualcosa. A loro favore interviene anche il gonfaloniere de Signoribus, secondo il quale la tassa di ½ baiocco per ogni giocata del lotto era stata imposta per elargire sussidi ai superstiti dei naufraghi. Invano, da Roma fanno sapere che quegli introiti sono devoluti alla cassa di giubilazione degli impiegati statali.
A distanza di 9 anni dal naufragio troviamo ancora una richiesta di sussidio: Matilde, figlia di Pasquale Spazzafumo, chiede che le venga concessa la dote di 15 scudi. Non si conosce l'esito della sua richiesta.
Lo stesso dicasi per quanto riguarda il sussidio implorato già dal febbraio 1827 da Nicola Grandoni a compenso della perdita della paranza.
2.f. -Naufragio della paranza Anime del Purgatorio, agosto 1827.
Nel tratto di mare davanti a Porto S. Elpidio, alla profondità di 7 passi pari a 1,7 metri, a seguito di un colpo di vento, il 23 agosto 1827 affonda la paranza sambenedettese Anime del Purgatorio, di Nicola Grandoni.(19)
Con l'aiuto della paranza compagna l'equipaggio riesce a salvarsi, ad eccezione del mozzo Pietro Biondi.
"Dopo essersi un tal legno ribaltato, fu dall'impeto delle onde rimesso in piedi, e quantunque affondato si vedea la sommità dell'antenna". Viene poi trascinato dalla corrente di fronte a Porto di Fermo, a due miglia dalla riva.
Si predispongono i dispositivi per il recupero e l'ispettore auspica il successo: "io ardentemente desidero che questo disgraziato Proprietario possa ottenere il bramato intento". Appena calmato il mare, il 25 marzo la barca viene parzialmente esaurita fino a raggiungere la galleggiabilità. Portata a terra e completato l'esaurimento dell'acqua, nel locale prodiero viene trovato il corpo del giovane. Viene effettuato il sopraluogo giudiziario e, non essendovi nulla contro le norme sanitarie, si provvede all'inumazione del cadavere.
Le carte e i documenti di bordo, tra cui il passaporto, vengono recuperati e accuratamente asciugati. I danni subiti non sono di grande entità: è andata persa una sola rete.
Il cardinale, soddisfatto per la positiva conclusione della vicenda, esprime il suo compiacimento all'ispettore, in particolare per la cura posta nell'impartire le disposizioni "onde venisse data ecclesiastica sepoltura all'infelice", e s'informa se vi sia necessità di sostituire il passaporto.
In proposito l'ispettore riferisce che "l'acqua non potè penetrare che per poco, ond'è che diligentemente asciugate (le carte) ritornarono nell'essere primiero".
3. Iniziative per migliorare la ricettività dei porti piceni. Varie.
Si fa cenno di alcuni interventi e proposte avanzati per adeguare la portualità ed i servizi essenziali del 1° circondario alle esigenze della marineria.
3.a. - Progetto di G. Castagnola per un porto canale a Porto di Fermo.
Disponiamo solo di una lettera del 25 marzo 1819, con la quale Domenico Nocelli illustra e sostiene un progetto dell'ing. Giuseppe Castagnola.(20)
In occasione di una visita del Camerlengo a Porto di Fermo il Nocelli gli aveva illustrato l'esigenza di un porto nel paese piceno. Ora è pronto un piano che "abbraccia le vedute statistiche e finanziarie". Mancano invece "il disegno, le piante, e la perizia".
Si rimanda ad altra occasione l'esame di questo documento.
3.b - Costruzione del ricovero a Porto di Fermo, 1827.
Dopo anni di silenzio sul progetto Castagnola, la proposta di realizzare un porto canale viene ripresentata il 20 ottobre 1827 dal gonfaloniere di Porto di Fermo, marchese Alessandro Trevisani, che scrive a Roma per ricordare che il problema, preso in considerazione già nel 1803 e poi abbandonato, era stato riproposto sotto altra forma elaborata dell'ing. Castagnola.(21)
Anche il conte Maggiori è coinvolto nella vicenda. Nonostante l'interesse che dovrebbe avere in merito, come ispettore del 1° circondario, per un'opera che darebbe
sicurezza ai pescatori ed agli armatori locali, il 23 novembre esprime parere sfavorevole e lo conferma il 3 dicembre: "nell'esporre che ho fatto la vera necessità di un ricovero in questa spiaggia di sottomonte (...) per me ritengo per indubitato che non sia eseguibile la cosa in faccia a questo Incasato".(22)
Il Camerlengo interviene per chiedere altri pareri al delegato di Fermo, pregandolo d'interpellare l'ing. Castagnola per ridimensionare il progetto. Infatti l'obiettivo da raggiungere è limitato perché l'opera deve fornire soltanto un ricovero economico e sicuro alle barche da pesca. Purtroppo il carteggio termina il 18 dicembre e non conosciamo nulla di ciò che ne seguì, se non che Porto San Giorgio ha ottenuto solo recentemente il coronamento delle sue aspirazioni.(23)
3.c. - Piogge dirotte, autunno 1827.
In realtà l'argomento trattato in questa corrispondenza - pur incluso nello stesso fascicolo del salvataggio del trabaccolo napoletano - ha pochi punti di contatto con la materia in esame. Se ne dà, comunque, un breve cenno perché fornisce un contributo alla conoscenza della molteplice attività dell'ispettore dei porti e della sanità del 1° circondario, che scrive in questi termini: "il mio racconto è limitato veramente all'accaduto presso il Littorale non avendo d'uopo di far parola di ciò che possa essersi avverato nei Paesi superiori al che avranno supplito, io credo, le competenti autorità".(24)
Le piogge durano otto giorni e provocano gravissimi danni:
- l'Albula straripa, allaga la marina di San Benedetto e provoca gravissimi danni alle abitazioni;
- il Tesino allaga le campagne circostanti;
- a Grottammare si allaga il nuovo incasato, con pochi danni alle case, mentre al paese alto crollano alcuni edifici;
- a Marano crollano tre case sulla collina, nessun danno alla marina;
- l'Aso, l'Ete, il Tenna e il Chienti allagano le campagne;
- a Pedaso subisce gravi danni la villa del conte Porti;
- nessun danno a Porto di Fermo, Porto S. Elpidio, Montesanto e Porto Recanati;
- tutti i ponti sui fiumi crollano e il legname viene trascinato in mare. Solo quello sul Potenza, pur seriamente danneggiato, rimane in piedi;
- i terreni preparati per la semina del frumento sono coperti da uno spesso strato di fango;
- cessata la pioggia, il mare in tempesta porta in spiaggia il legname dei ponti, che l'ispettore fa raccogliere e mettere da parte.
Il Camerlengo esprime la sua gratitudine per il "rapporto resomi intorno ai gravi e desolanti guasti", ringrazia l'ispettore e gli chiede di tenerlo al corrente della situazione. Maggiori continua perciò a fornire notizie segnalando gravi ritardi negli interventi di riparazione e negligenza da parte degli incaricati nella delegazione di Fermo, mentre i lavori procedono bene in quella di Macerata.(25)
Il cardinale chiede chiarimenti ai delegati: quello di Fermo smentisce recisamente le affermazioni di Maggiori ma, implicitamente, riconosce la fondatezza delle critiche dell'ispettore con queste parole: "non posso costringere il Rappresentante dell'Appaltator Generale ad eseguire alcun lavoro, sia perché manca la base legale su cui debbe confezionarsi; sia perché, se bene avvisa, converrà attendere la propizia stagione alfine di non azzardare una spesa rilevante alle piene, che potrebbero avvenire o nel corso dell'Inverno, o per effetto delle aque di Primavera".(26)
4. – Considerazioni
Anche se le finalità di questa rivista privilegiano la ricerca delle fonti e la valorizzazione dei testi originali, si ritiene comunque opportuno fornire un piccolo contributo alla lettura della parte espositiva, soprattutto per stabilire collegamenti e relazioni con documenti di altra derivazione.
Già ad un primo esame sommario ci si rende conto che la materia trattata, di carattere chiaramente pluridisciplinare, rende difficile rispondere direttamente ed esaurientemente a tutti i quesiti proponibili, che vanno dalla metereologia alle scienze nautiche, dall'architettura navale alle costruzioni navali, dalla sociologia alla burocrazia, ecc. Si farà quindi spesso rimando alle opere specialistiche citate nella nota 1.
La frequenza con cui si trova traccia di burrasche che provocano gravissimi danni fa ritenere che possa risultare utile la creazione di un apposito archivio, da impiegare in campo statistico e storiografico per ricostruire vicende del passato legate a questi eventi calamitosi.(27)
Un primo elenco relativo a burrasche e piogge verificatesi negli ultimi decenni del XVIII secolo è desumibile da uno studio dello scrivente sulla via Lauretana, al quale si possono aggiungere le notizie ricavate dai fascicoli esaminati:(28)
- 9.1.1817 - burrasca nei pressi di Cattolica.
- 13-20.3.1823 - violentissime burrasche nel medio Adriatico, tra Pescara e Ancona.
- settembre 1824
- 17.1.1827 - fortissima tempesta nel medio Adriatico marchigiano.
- 23.8.1827 - burrasca nei pressi di Porto S. Elpidio.
- 5-6.10.1827 - burrasca nei paraggi di Grottammare.
- ottobre 1827 - burrasche nel medio Adriatico marchigiano.
- ottobre 1827 - otto giorni di piogge dirotte con estesi allagamenti tra Albula e Potenza.
Nel giro di pochi anni si contano molti naufragi con perdita di numerosi marinai. Questi due elementi (ah! Il maledetto senno del poi!) dovrebbero mettere in guardia i reggitori della cosa pubblica, ai quali è ben noto che al disotto del Conero non esiste nessun ricovero che possa accogliere le unità che tentino di sfuggire alle burrasche e che l'unica via di scampo è di riuscire ad alare le barche sul lido prima che il maltempo lo impedisca, se si è in mare, o rimanersene a terra dopo aver fiutato il vento con tempo incerto.(29)
Il primo circondario marittimo dell'Adriatico ha assolutamente bisogno di un ricovero. Un gruppo di operatori sangiorgesi nel 1803 comincia a stimolare le autorità perché venga costruita tale struttura al Porto di Fermo.
Nel frattempo crolla il potere pontificio e se ne riparla dopo la restaurazione. Nel 1819 D. Nocelli si batte affinché trovi attuazione il progetto di G. Castagnola.
Passano alcuni anni prima che si torni a parlare dello scalo a Porto San Giorgio. Siamo arrivati al 1827, ma alla pressione esercitata dal gonfaloniere si oppone la contrarietà dell'ispettore e nulla si ottiene. Bisognerà aspettare i primi anni del novecento per ottenere qualcosa, ma non a Porto di Fermo, bensì a San Benedetto, che riesce a prevalere sui paesi vicini.
Sarebbe interessante disporre del progetto Castagnola, purtroppo non reperito nel fondo consultato. Si ritiene perciò opportuno condurre, non appena possibile, ricerche in archivi locali. Esiste invece un disegno risalente all'anno 1793, conservato alla Biblioteca Gambalunga di Rimini, relativo ad un altro progetto del Castagnola, la costruzione di un porto canale a Cattolica, anch'esso non pervenuto a conclusione per la spesa ritenuta eccessiva: 11.000 scudi, di molto inferiore a quella per Porto di Fermo. In fig. 1 ne diamo gli elementi essenziali, che possono risultare utili per dare un'idea della concezione del tecnico.
Tornando alla relazione Nocelli e trascurando la distinzione tra treport e porto, cui il relatore attribuisce grande importanza ma a che noi, per il momento, sfugge, rileviamo che, pur enunciando i vantaggi che il ricovero darebbe a Porto di Fermo, il Nocelli coglie l'occasione per criticare il concetto di porto canale, riferendosi alle difficoltà riscontrate a Pescara.(30)
Eppure, dalle poche righe dedicate all'opera da costruire, sembra di capire che il ricovero sangiorgese non sia altro che un porto canale. Rimane perciò da spiegare la contraddizione in cui è caduto il Nocelli, pur tenendo conto della diversa importanza della portata del Pescara rispetto a quella dell'Ete.
Ciò potrebbe anche spiegare in parte l'opposizione manifestata dal conte Maggiori, massima autorità portuale del Fermano, cui certo non possono sfuggire i grandi vantaggi connessi al coronamento dell'iniziativa: assicurare un ricovero ai legni in caso di tempesta, attrarre nuove correnti di traffico verso il fermano, potenziare l'attività peschereccia. Probabilmente l'ispettore, che avrà avuto modo di studiare a fondo l'argomento, si è reso conto dell'inaffidabilità del progetto.
Si deve riconoscere, tuttavia, che le ragioni esposte dal Nocelli a sostegno della proposta sono in gran parte condivisibili tranne quelle un po' farraginose e fumose quando si addentra in calcoli, più immaginari che fondati, per dimostrare la modicità della spesa e la facilità di recuperare i soldi impiegati.
Certo alcuni di questi vantaggi non sono di poco conto.
Inestimabile quello delle vite umane risparmiate. Per quanto riguarda gli altri, si dovrebbe riscontrare un aumento del traffico mercantile, anche se di difficile valutazione; la durata di una barca passerebbe da 12 a 24 anni.(31) Dalla letteratura sulla marineria romagnola risultano valori sensibilmente più alti di questi, dovuti senz'altro alla disponibilità di porti canali più che a tecniche costruttive diverse.(32)
Si ricorda che moderne unità in legno militari o di corpi armati dello stato riescono a superare i venti anni solo rispettando scrupolosamente le scadenza periodiche dei turni lavori di grande e di piccola manutenzione.
Sarebbe interessante disporre dei disegni e della relazione tecnica che illustrano le tecniche costruttive dell'epoca. In mancanza di documentazione di tal genere nei fondi consultati presso l'ASR, si rimanda alla letteratura pubblicata a proposito delle marinerie picena e romagnola, già citata in precedenza.
La causa del naufragio del S. Marone è attribuita ad un colpo di vento che l'ha fatto ribaltare mentre era in procinto di salvarsi ed a seguito della perdita dei terzaroli. Secondo Ricca Rosellini tale pericolo è insito nella procedura delle manovre per virare con vento di prora o di poppa.(33)
Nella già citata letteratura d'ambito romagnolo viene riportato un quadro esauriente delle conoscenze nautiche e metereologiche e delle tecniche di pesca della gente di mare del riminese.(34) Riteniamo che si tratti di un patrimonio culturale comune non solo alla gente dell'alto, ma anche del medio e basso Adriatico, come riconosciuto da molti degli autori precedentemente citati.
Ampio spazio meriterebbero la conservazione e la vendita del pesce. In Romagna, grazie alle ricerche condotte da Graffagnini ed altri, sono venuti alla luce alcuni edifici adibiti a conserve e ghiacciaie. Si tratta di costruzioni dotate di un grande fossato, dove venivano accumulati ghiaccio e neve pressata, da impiegare in occasione del trasporto del pesce. In tali ambienti si potevano raggiungere temperature inferiori a 0 °C, anche fino a -10, e potevano esservi collocate vivande deperibili per prolungarne la commestibilità. Impianti del genere sono stati rintracciati anche in Iran. In considerazione dei molteplici legami esistenti tra le marinerie picena e romagnola, si ritiene opportuno condurre una ricerca volta ad accertare se anche nel 1° circondario dell'Adriatico esistessero ghiacciaie o conserve, tenendo presente che Pedrocco ne esclude la presenza mentre Ottaviani ricorda che "i commercianti, e nemmeno in tutti i casi, cominciarono a fare uso di neve conservata o ghiaccio per assicurarne una maggiore resistenza alla putrefazione".(35)
Con il passare degli anni molte delle case dei pescatori dell'800 sono scomparse. Anche i quartieri da loro abitati si sono trasformati per l'inserimento di abitazioni e di esercizi di altre attività. Le forme di vita delle famiglie si sono trasformate e sono state abbandonate le lavorazioni tipiche dell'epoca: fabbricazione di reti, imbarco dei giovani come mozzi, ecc. Tra i documenti di fine '700-inizio '800 che possono darci un'idea di come vengono realizzati le abitazioni lungo la costa in un ambiente con forte presenza marinara, sia pure non pescatoria, ricordiamo quelli che si riferiscono al nuovo incasato di Grottammare, i cui lavori hanno inizio nel 1780 e si protraggono fin verso il 1820.(36)
FONTI ARCHIVISTICHE
ASR, Camerlengato, p. I, tit. IX, Marina, b. 87, f. 25/3.
ASR, Camerlengato, p. II, tit. IX, Marina, b. 535, f. 42; b. 545, f. 365; b. 576, f. 1763; b. 584, f. 2104; b. 585, f. 2140 e f. 2146.
ABBREVIAZIONI
ASR, Archivio di Stato di Roma
b., busta
Del. Ap., Delegato Apostolico
DPSM, Deputazione di storia patria per le Marche
f., fascicolo
QASAF, Quaderni dell'archivio storico arcivescovile di Fermo
Note
(1) - Per le fonti di archivio in genere, cfr. G. CAVEZZI, Incontri culturali, Cimbas 1-2, ott. 1991-mar. 1992, pp. 31-48. In questo caso ci si è però avvalsi dei fondi dell'ASR sopra citati. Senza alcuna pretesa di completezza, inoltre, si elencano alcuni titoli di opere dedicate alla marineria e si rimanda alla bibliografia citata dai sottoelencati autori: V. AMICI, Porto canale presso S. Benedetto e navigazione del Tronto; S. ANSELMI, Adriatico. Studi di storia secoli XIV-XIX, Ancona 1991; AA. VV, Atti del convegno "La marineria romagnola, l'uomo, l'ambiente", Cesenatico 7-8-9 ottobre 1977 (con scritti di A. GRAFFAGNINI, Le "conserve" e le "ghiacciaie" del litorale romagnolo, stato di un accertamento, pp. 243-294 - M. BONINO, Considerazioni sulle imbarcazioni della tradizione marittima romagnola, pp. 315-349 - S. RICCA ROSELLINI, Le manovre con le piccole barche attrezzate al terzo, pp. 350-360); AA. VV., Cultura popolare in Emilia-Romagna. Mestieri della terra e delle acque, Milano 1982 (con scritti di A. GRAFFAGNINI, Le attività del litorale romagnolo, pp. 164-183 - M. BONINO, Le barche del Po, della valle e del mare, pp. 216-237 - S. RICCA ROSELLINI, Navigatori e navigazione, pp. 240-253); AA. VV., Viaggio nel mondo della pesca, Ancona 1990, con scritti di: S. ANSELMI, La pesca in Italia. Note e indicazioni per un profilo storico, pp. 11-50 - U. MARINANGELI, I pionieri della pesca atlantica, pp. 151-176 - L. DEL GRANDE-G. GADDONI, I pescatori raccontano. Storie di vita raccolte in varie marinerie italiane, pp. 209-232; AZIENDA DI SOGGIORNO DI CESENATICO, Cesenatico, Museo della marineria, Cesenatico 2^/1985; G. CAVEZZI, Le due geniture, Cimbas 1-2, ottobre 1991 - marzo 1992, pp. 2-22; M. L. DE NICOLO', Ricerche sulle tecniche pescatorie tra Marche e Romagna nei secoli XVII e XVIII, in Atti e Memorie della DPSM, 85 (1980), Ancona 1982, pp. 329-340; A. GRAFFAGNINI, Le barche romagnole. Linee di una ricerca, Faenza 1975; G. GUIDOTTI, Da San Benedetto in Albula a San Benedetto del Tronto, voll. 2, Negrar 1989-90, cfr. vol. II p. 276 (case), pp. 278-281 (burrasche), pp. 289-344 (Vita sociale e domestica, principali caratteristiche della popolazione, San Benedetto nei passati secoli, la restaurazione); P. IZZO, a c. di, Le marinerie adriatiche tra '800 e '900, Roma 1990; E. LIBURDI, San Benedetto negli ultimi tre secoli, in E. L., Per una storia di San Benedetto, Ripatransone 1988, cfr. p. 110 (case), pp. 112-115 (marineria); U. MARINANGELI, San Benedetto del Tronto da borgo marinaro a centro di primaria importanza, in G. NEPI, a c. di, San Benedetto del Tronto. Storia Arte Folklore, Ascoli Piceno 1989, pp. 273-340, cfr. in particolare pp. 279-282 (barche pescarecce), pp. 311-314 (il commercio del pesce), pp. 336-337 (tragedie del mare); M. MARZARI, Il bragozzo. Storia e tradizioni della tipica barca da pesca dell'Adriatico, Milano 1982; G. OTTAVIANI, La costa nel Piceno. Ambiente, uomini e lavoro, Motta Visconti 1981; G. PEDROCCO, I porti, la marineria e la cantieristica del litorale adriatico, in G. PEDROCCO e P.P. D'ATTORRE, a c. di, Archeologia industriale in Emilia Romagna Marche, pp. 153-180; U. SPADONI, a c. di, Barche e gente dell'Adriatico 1400-1900, Bologna 1988 (con scritti di M. BONINO, L'arte di costruire, pp. 9-32 - M. L. DE NICOLO', Note sull'attività cantieristica e portuale a Rimini nel Settecento, pp. 33-44 - W. PATRIGNANI, Carpentieri e calafati, pp. 56-68 - A. TURCHINI, Reti da pesca e tecniche pescatorie, pp. 69-73 - A. TURCHINI, Ex Voto marinari, pp. 74-84); G. TROLI, Il porto di Sant'Elpidio tra piccolo cabotaggio e pesca: elementi per una storia, in S. ANSELMI, Governo, economia, cultura quotidiana a Santelpidio a Mare fra basso Medioevo e Novecento, I: Secolo XIV-1860, Ripatransone 1983, pp. 201-218.
(2) - ASR, Camerl., p. I, tit. IX, Marina, b. 87, f. 25. Sul console Schelini cfr. A. SILVESTRO-S. SILVESTRO, Notizie sulle sedi consolari nelle Marche pontificie nel secolo XIX, QASAF n. 13, pp. 71-93.
(3) - Il rispetto delle norme sanitarie, in un'epoca in cui le malattie contagiose rappresentavano una minaccia continua e di estrema pericolosità per la sopravvivenza delle popolazioni, era di fondamentale importanza per l'amministrazione portuale e statale. Recentemente C. M. CIPOLLA ha dedicato a questa materia un pregevole saggio - Il burocrate e il marinaio, Bologna 1992 - incentrato sulle controversie tra la burocrazia sanitaria livornese e la marineria inglese nel XVII secolo e sulle relative conseguenze commerciali.
(4) - ASR, Camerl., p. II, tit. IX, Marina, b. 535, f. 42.
(5) - Dalla stessa lettera dell'isp. Valentini stralciamo un passo significativo: "Genitori, Consorte, Figli, ed altri loro congiunti, stendevano inutilmente le braccia, e bagnavano il suolo di lacrime, invocando dal Cielo il Soccorso per gl'Infelici, che lottavano l'esistenza coll'irato Elemento (...) Non furono certamente trascurati tutti i possibili mezzi da quel Commissario di Sanità per salvarli, ma vane furono le sue azioni".
(6) - ASR, ibid. lett. 189 del 15.5.1823.
(7) - ASR, ibid., lett. 213 del 10.6.1823.
(8) - ASR, ibid., lett. 213 del 10.6.1823.
(9) - ASR, ibid., lett. 189 del 15.5.1823.
(10) - ASR, Camerl., p. II, tit. IX, Marina, b. 545, f. 365, lett. del 23.11.1824.
(11) - ASR, Camerl., p. II, tit. IX, Marina, b. 585, f. 2146.
(12) - Sulla figura di questo ufficiale, Pietro Laureati, v. E. MONTAZIO, Sulle peregrinazioni artistiche del marchese Pietro Laureati, Roma 1856; A. SILVESTRO, Aspetti della vita marinara picena del secondo decennio del secolo XIX, Cimbas, n. 3, ott. 1992, pp. 7-17; A. SILVESTRO, Una atipica figura di ufficiale di porto. Pietro Laureati: ufficiale e artista, Rivista Marittima, a. CXXV, nov. 1992, pp. 113-123.
(13) - ASR, Camerl., p. II, tit. IX, Marina, b. 576, f. 1763, lett. Maggiori del 24. 1.1827.
(14) - ASR, ib. lett. 23150 del 1.4.1827.
(15) - Umana o Umano, termini equivalenti a Vomano, fiume del teramano, cfr. F. MARTUSCIELLO, L'Italia illustrata, 3 voll., Napoli 1871, vol. I p. 133 e vol. II p. 92; M. SGATTONI, Cerrano nel Medioevo, in AA. VV., Cerrano ieri e oggi, Sant'Atto di Teramo 1983, pp. 45-74, v. p. 61.
(16) - ASR, ib., lett. 2002 del 12.7.1827 e lett. 1876 del 31.5.1827.
(17) - ASR, ib., lett. 1011 del 11.7.1827 e lett. 26760 del 25.7.1827. Sul parroco Pizzi, oltre a ciò che ne ha scritto Liburdi, v. anche G. CAVEZZI, La giovinezza di padre Gioacchino Pizzi fondatore dell'Ospedale di San Benedetto del Tronto e protoparroco della chiesa della Madonna della Marina, QASAF n. 13, pp. 45-51.
(18) - ASR, ib., lett. 1011 del 11.7.1827.
(19) - ASR, Camerl., p. II, tit. IX, Marina, b. 584, f. 2104, lett. Maggiori del 24.4.1827.
(20) - ASR, Camerl., p. I, tit. IX, Marina, b. 87, f. 25/3. Alcune notizie sul Ten. Colonnello ing. Giuseppe Castagnola sono rintracciabili in M. L. DE NICOLO', La Cattolica tra XVI e XVIII secolo contrada di Taverne e borgo Marinaro, in P. MELDINI, P. G. PASINI, S. PIVATO, a c. di, Natura e cultura nella valle del Conca, Rimini 1982, pp. 283-305 alle pp. 296-301, e in P. G. PASINI, La valle delle chiese bianche. Appunti sulla cultura artistica, ib., pp. 392-465, alla p. 463. Nel 1792 il Castagnola era direttore dei lavori del porto di Ancona e tra il novembre '92 e l'aprile '93 presentò un progetto di porto-canale, completo di relazione tecnica e preventivo di spesa, da realizzare a Cattolica, rimasto inattuato per l'importo della spesa (11.000 scudi) ritenuto eccessivo. Più tardi insegnò nautica a Civitavecchia.
(21) - ASR, Camerl., p. II, tit. IX, Marina, b. 585, f. 2140.
(22) - ASR, ib., lett. Maggiori 1696 del 23.11.1827.
(23) - ASR, ib., lett. 30724 del 4.12.1827 e 30754 del 18.12.1827. Sul porto turistico recentemente costruito a Porto San Giorgio cfr. G. NEPI, L'approdo-il porto, Flash, a. III, n. 54, sett. 1982, pp. 28-30.
(24) - ASR, Camerl., tit. IX, p. II, Marina, b. 585, f. 2146.
(25) - ASR, ib., lettera Maggiori del 29.11.1827: "sarebbe necessario adunque che il Governo facesse sorvegliare gli Ingegneri e tutti quelli insomma che vi possono, sebbene relativamente aver ingerenza (...) Al mio immediato Superiore non ho potuto non parlar chiaro nella certa speranza che voglia avvalersi della presente relazione per sua propria intelligenza".
(26) - ASR, ib., lettera Del. Ap. di Fermo 29.11.1827.
(27) - Si ricordano in particolare gli Annali del Baratta. Un utile repertorio di eventi del genere può scaturire dall'analisi dei nunerosissimi ex voto marinareschi conservati nei santuari di tutta Italia.
(28) - A. SILVESTRO, Viabilità d'altri tempi nel Fermano. La strada Lauretana nel XVIII secolo.(in corso di stampa)
(29) - Nella letteratura citata vengono riportati esempi delle eccezionali capacità di prevedere il tempo di cui erano dotati alcuni marinai adriatici.
(30) - L'entreport sembrerebbe assimilabile al bacino ricavato nelle immediate adiacenze del porto canale e con esso comunicante, come a Riccione, Cattolica, ecc.
(31) - Il traffico di piccolo cabotaggio assicurava i rifornimenti non solo ai centri costieri ma anche a quelli ad essi collegati con la rete stradale. Si fa presente che, su strada, da Livorno a Cesenatico una vettura impiegava 5 giorni per percorrere 145 miglia, cioè 29 miglia terrestri al giorno (A. GRAFFAGNINI, Le conserve ..., cit., p. 225). In mare, secondo W. PATRIGNANI, Il trabaccolo e la sua gente, Fano s.d. (1988?), p. 99, un trabaccolo nel 1930 impiegò 15 ore per coprire le 75 miglia tra Pesaro e Rovigno, ciò che corrisponde a 120 miglia nautiche al giorno. Si tratta, in questo caso, di un risultato eccezionale ottenuto in condizioni forse irripetibili ma, comunque, la velocità di trasferimento delle merci via mare in genere è superiore a quella via terra. Una conferma che, in certe condizioni, era assolutamente necessario ricorrere al trasporto marittimo è stata recentemente fornita da F. BARBIERI, (Le ville del Maceratese: un percorso storico), nella prima giornata del XXVIII Convegno di Studi Maceratesi. Lo studioso, parlando della decorazione scultorea della villa Buonaccorsi a Potenza Picena, ha esplicitamente affermato che è impensabile che tutte quelle tonnellate di pietra (statue, balaustre, decori vari) possano essere state trasportate a destinazione per via di terra dal padovano, dove erano state lavorate. Appare più realistico pensare ad un trasporto su barconi lungo il Bacchiglione fino alla laguna veneta e di lì al porto di Potenza Picena con le stesse od altre imbarcazioni.
(32) - Per le tecniche costruttive cfr. le opere citate di Marinangeli, Ottaviani, Marzari, Bonino, Patrignani, Pedrocco, De Nicolò, etc.
(33) - S. RICCA ROSELLINI, Le manovre..., cit., p. 356, scrive: "nelle andature in fil di ruota occorreva stare molto attenti, infatti con vento fresco o sotto una raffica la spinta faceva immergere di più la prora che si guarniva di due bei baffi gorgoglianti. In questa situazione un momento di disattenzione di chi era al governo poteva consentire l'inizio di una virata attorno alla prua e per forza centrifuga il capovolgimento". V. anche, dello stesso autore, Navigatori... , cit., p. 251.
(34) - Va rilevato che anche a quei tempi le stagioni della pesca non erano sempre soddisfacenti e s'invocavano restrizioni sull'uso delle reti a strascico. Senza arrivare al fermo biologico attualmente in uso, vennero messi in atto provvedimenti empirici in maniera improvvisata e confusa, senza ottenere risultati apprezzabili per l'opposizione degli armatori e dei pescatori.
(35) - G. OTTAVIANI, cit., v. paragrafo "La commercializzazione del pesce: i mercati"; G. PEDROCCO, I porti ..., cit., p. 168.
(36) - A. SILVESTRO, Cartografia e iconografia di Grottammare, 1780-1830. La nascita del nuovo incasato (in corso di pubblicazione); id., Quando l'urbanistica diventa storia. La nascita del nuovo incasato di Grottammare (in corso di pubblicazione). Immagini di case di pescatori e borghi marinari in G. OTTAVIANI, op. cit., figg. 102, 103, 112, 115, 117 e 118, U. MARINANGELI, ecc.
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