Nell'imminenza del 3 settembre 1842, a Fermo, gli appassionati di belle lettere sono pervasi da una grande agitazione: quel giorno arriva in città monsignor Carlo Emanuele Muzzarelli, uditore di Rota, per intrattenersi con essi e visitare il museo de Minicis.
Oggi, a distanza di circa un secolo e mezzo, sfogliando alcuni testi apparsi all'epoca, possiamo renderci conto dell'entusiasmo suscitato allora dal dotto prelato.(1) L’Arancio n. 16-1996, pp. 21-24 Gaetano de Minicis, senza far uso di virgole, lo definisce "ornamento del sacro prelatizio collegio (...) poeta illustre epigrafo elegante filologo esimio della studiosa gioventù amico confortatore e aiuto".
Francesco Papalini così si esprime: "Ora pertanto, che a gloria di questa mia patria qui siete, noi vorremmo con ogni maniera di lieti accorgimenti dimostrarvi l'ossequio, e la riverenza nostra (...) Invogliati altri, riunimmo nella ristrettezza del tempo questi pochi componimenti, che sono diretti all'officio di ringraziarvi di essere venuto. E dissi ringraziarvi, imperchè chi vorrà imprendere a lodarvi? Voi dovunque siete nominato, e stimato, non solo per la dignità, che vi riveste, ma si perchè in alto intelletto avete puro cuore. Quanti letterati sono in Italia, tutti in osservanza vi hanno, e per corrispondenza di lettere in voi si convengono così, che il centro della circonferenza letteraria potreste essere senza meno chiamato".
Seguitare a scorrere la ventina di componimenti encomiastici che compongono la raccolta - i cui autori, oltre ai due citati, sono Serafino Altemps, Zefirino Re, Luigi Pelagallo, Carlo Papalini, Filippo Bruti Liberati, Antonio Grassi Fonzeca, Cesare Trevisani, Francesco Colvanni, V. Guerrieri, Gaetano Fiorino, L. Frenquelli, P. Monasteri, Alessandro Menghini, G. Battista Crollalanza e Apollonio Maggi - può provocare, oltre alla noia, un senso acuto di smarrimento nel rendersi conto di avere ignorato per anni ed anni l'esistenza e l'importanza di un simile portento di letterato, oggetto di universale ammirazione.
Tuttavia tranquillizziamoci, le cose non stanno così.
Innanzitutto, sulla copertina della copia in mio possesso della manifestazione collettiva di ossequio e di stima, si legge la seguente nota scritta a mano: "Manifestazioni a Mons. Muzzarelli da confrontarsi con l'impudente articolo del foglio La Fama mandato dal Crollalanza a quel Estensore con il mezzo della Cantatrice Santolini". Quindi esisteva qualche giornalista probabilmente non del tutto entusiasta delle doti del prelato.
Inoltre, le vicende della vita di Carlo Emanuele si sono più volte intrecciate con quelle di Giuseppe Gioachino Belli, il quale ci fornisce una chiave di lettura ben diversa e senza dubbio meno provinciale della precedente.
Che Muzzarelli costituisse il punto di riferimento di un vasto circolo di cultori delle lettere è innegabile. Ma il motivo non è da ricercare tanto nella sua valentia in materia quanto nel fatto che egli stimolava chiunque avesse ambizioni letterarie ad inviargli la propria autobiografia, che sarebbe stata pubblicata al momento opportuno per immortalare l'autore.
A Belli dobbiamo un commento scherzoso, ma benevolo, su questa abitudine (o mania?). Infatti il 28 ottobre 1837 Giuseppe Gioachino scrive il sonetto “Le vite”, con evidenti accenni a Muzzarelli.
Che dice? Vò parlà co Monzignore?
Sor abbate mio caro, abbi pacenza,
Monzignore per oggi nun dà udienza,
manco venissi giù Nostro Signore.
Lui 'gni sàbbito sta in circonferenza
co monzù Buzzarè lo stampatore,
pe fà stampà le vite ch'ogni utore
se scrive pe dà gusto a Su' Eccellenza.
Sto gusto lo sa lui cosa je costa;
perché mò che lo sanno, spesso spesso
je spidischeno vite per la posta.(2)
Mò la massima è bell' e stabilita
abbasta che sii nato, ar monno adesso
chiunque more ha da lassà la vita.
Forse ci saremmo aspettati qualcosa di più feroce, dato che l'allontanamento di Belli dall'Accademia Tiberina, da lui fondata, fu provocato soprattutto dalle mene dell'ambiziosissimo Muzzarelli.
Non va dimenticato, però, che già il 14 agosto 1828 Belli aveva preso in giro il letterato Monsignore, come risulta da un sonetto con alcune note conservato alla Biblioteca Nazionale di Roma, che qui si trascrive.
“Per gli augurosissimi sponsali
da seguire in Firenze
tra la nobile Donzella Sig.ra Porzia N.
col Sig.r Cavaliere Domenico (1) N.
(1) Avverti che nella Toscana il nome di Domenico si suole contrarre in Beco.
Sonetto
Le dolci notte onde con tanto affeto
Turbi il sillenzio di tranquila note,
Trarìan Diogene anch'ei fuor de la bote
Con la magia d'insollito dilleto.
E quando i vezi del divvino aspeto
Apri a le genti travagliatte e rote,
Da inesprimibil vollutà condote
Sentonsi il cuore esillarar nel peto.
Ah se quel carro al vincitor di Cane (xx)
Riso mostravi che ogni sdegno placca,
Romma era salva e il Campidoglio secco.
Il Ciel ti diè dotti si bele; or vane
Deh vane, amatta Dona, e ancor vacca
a corronar del tuo tesoro Becco. (xxx)
(xx) S'intende benissimo che si parla di Annibale.
(xxx) v. la prima nota.”
(Nel foglio successivo)
“La seguente poesia pronunziata nell'antica
accademia del lavatoio di Roma
dal mecenate dei letterati, M.r Carlo Emmanuele Muzzarelli
e riportata
con premura
da un giornale italiano,
il quale ne loda giustissimamente
l'originalità di concetti,
l'armonia delle membra'
la parsimonia de' giudiziosi epiteti,
i versi maschi,
e le rime femine,
cosicchè, conclude l'estensore dell'articolo,
questo parto novello di raro ingegno
può sicuramente mostrarsi
a chiunque entra in carriera
col cavallo pegaseo,
siccome esempio del vero e bello
sonneto italico.”
(Nello stesso foglio del sonetto, a fianco)
“Sonetto composto stranam.e da me con espressioni inten.e da satireggiare il barocco stile di Mons.r Carlo Emmanuele Muzzarelli uditore di Ruota; il quale oltre al cattivo comporre recita alla ferrarese raddoppiando nella pronuncia alcune consonanti semplici, e semplificando altre doppie, cosicchè viene spesso in cadere in suoni equivoci e di vario senso.”
Sulla camicia che conserva il documento si legge:
"Giudizio su un sonetto di Carlo Emanuele Muzzarelli. Roma
1837. Carlo Emanuele Muzzarelli, di Bologna, conte,
monsignore, letterato, prese parte al governo della
Repubblica Romana (1797-1853)."(3)
A questo punto è opportuno tracciare un profilo biografico del personaggio di cui ci occupiamo, premesso che una nota succinta, contenente giudizi molto duri ma riferita in modo particolare ai rapporti con Belli, si può leggere nel primo volume dedicato da Janni al poeta romanesco ed alla sua epoca.(4)
"MUZZARELLI (conte Carlo Emmanuele) n. a Bologna 1797, fu sottotenente nelle guardie nobili pontificie in Roma, poi monsignore auditore di Rota. Pio IX lo nominò presidente dell'Alto Consiglio, poi ministro della pubblica istruzione e presidente dei ministri. Nel 1849, fuggito il papa e proclamata la repubblica, presiede la Commissione provvisoria del Consiglio di Stato, e presa Roma dai Francesi, andò in Toscana, in Corsica, a Genova, ove divenne cieco. Scrisse versi e prose, raccolse materiali per biografie di dotti, ecc. M. mag. 1853."(5)
La data della morte, per altri, va posta nel 1856.
Nel Diario di Roma degli anni 1824, 1825, 1827 e 1828 compaiono molti trafiletti dedicati ad assemblee di accademie e associazioni culturali, a volte presiedute dal Muzzarelli e alle quali spesso partecipa G. Fracassetti. Ivi il monsignore uditore di Rota legge sue composizioni (sonetti, ottave, capitoli, quartine, etc.). Così pure fa in occasione della distribuzione dei premi dell'Accademia di San Luca, il 5 febbraio 1844, quando "gli Arcadi cominciarono i loro nobili versi. E furono (...) Monsignor Carlo Emanuele dei conti Muzzarelli due componimenti (...)"(6)
Il nome di Muzzarelli non compare in storie letterarie italiane recenti e di larga diffusione (Flora, Cecchi) ma è presente in opere dell'800 e del primo '900 dove, ad esempio, si legge: "Il conte Carlo Emanuele Muzzarelli, da soldato si mutò in prelato, e fu dei ministri di Pio IX e della Repubblica romana, ed esule dopo il luglio del '49, finchè in Torino non morì demente, a cinquantanove anni, nel 1856, dopo avere non tanto scritto quanto raccolto di lettere e di autobiografie altrui".(7)
Tali scritti, quelli irrisi dal Belli tanto per intenderci, vennero pubblicati da Diamilla Müller, che premise alcuni cenni biografici e una dedica a Muzzarelli, forse non ancora colpito da demenza se così viene descritto: "orbato della luce del sole, ma ricco del più vivo lume dell'intelletto, della sua antica altezza di mente, dolcezza di modi e sanità di costumi".(8)
Sulla sua maestria, però, non v'è consenso come risulta da un severo giudizio collettivo: "l'Autore (Giacinto Sigismondo Gudil) lasciati ai Valsecchi, ai Bolgeni, ai Muzzarelli, ai Marini, agli Almici e ad altri volgari apologisti i topici e le declamazioni (...)".(8)
Muzzarelli compare nel monumentale dizionario del Moroni per brevi citazioni a proposito delle cariche rivestite. V'è un solo giudizio negativo: "Il dotto ferrarese mg.r Carlo Emanuele Muzzarelli uditore di rota e poi decano della medesima, quindi miseramente involto nelle vertigini politiche di Roma de' nefasti 1848-49". Negli altri casi se ne mettono in luce i meriti culturali: "Sotto il pontificato di Leone XII fu ripristinata una rappresentanza della provincia di Ferrara, e la prima persona che l'assunse ebbe il titolo di deputato, nel quale ufficio fu nominato monsignor Carlo Emanuele Muzzarelli (...) al presente è meritamente uditore di rota ferrarese monsignor Carlo Emanuele de' conti Muzzarelli, il cui nome è splendido elogio nella repubblica letteraria"; "A prendere una giusta idea della biblioteca e museo De Minicis, va letto l'opuscolo inedito intitolato: una visita al museo privato de' fratelli De Minicis in Fermo, ivi 1842. Questo opuscolo contiene de' versi sciolti sull'argomento, con adatte note del ch.mo conte d. Serafino d'Altemps, intitolato a monsignore Carlo Emanuele Muzzarelli uditore della romana rota, perchè dall'autore recitati nell'accademia tenuta nella casa De Minicis onde onorare il dottissimo prelato".(10)
Tra i tanti corrispondenti che furono in relazione epistolare con Muzzarelli ricordiamo solo Giacomo Leopardi, che gl’indirizzò almeno cinque lettere.
Recentemente Morelli ha messo in luce come l'arricchimento della collezione di autografi Servanzio Collio sia in gran parte dovuto alla "liberalità" di Muzzarelli nel concedere ad amici e corrispondenti autografi provenienti dagli archivi dell'Arcadia e di altre istituzioni culturali.(12)
Nell'estate del 1842 il prelato aveva già visitato il Piceno e composto 4 sonetti, uno dei quali è riportato nel citato fascicolo celebrativo fermano. Lo trascriviamo anche qui, insieme a quello dedicato ad Ascoli Piceno, come esempio della sua maniera di verseggiare.(13)
Sonetto III
Sambenedetto di Ascoli
E la Palladia pianta, e l'operoso
Cedro che spande intorno i suoi profumi,
E i vitiferi Colli, e il piano ondoso
Fan questo lido il più diletto ai Numi.
Ed è pur qui la gioja, ed il riposo,
Cui prometton all'Uom puri costumi,
Che invan tanto cercò quello sdegnoso,
Che in riva all'Arno aperse al giorno i lumi.
Se già bramai veder città lontane,
Che dier fama immortale al Tigri, o al Nilo,
Ma di cui solo il nome oggi rimane:
Or più saggio vorrei fuor d'ogni cura
In questo della pace amico asilo
condurre i giorni dell'età ventura.
Sonetto IV
Scritto nell'album della Signora Caterina Malaspina ne' Mucciarelli
Ascoli 12 Settembre
Se l'onde del tuo fiume ed i vigneti
Che gli fanno corona e un colle ameno,
Di piaceri ineffabili e segret
i
Spargono il viver tuo gajo e sereno:
E se all'ombra degli orni e degli abeti
Scorron l'ore per te come baleno,
Ed or tutta ti attristi ed or ti allieti
Col cantore di Olimpia e di Bireno:
Che non sarà, se colla dolce prole
Vedrai dell'amistà scossa ai consigli,
Il maggior tempo che rischiari il sole.
L'arti e gli studi in Roma han seggio ancora,
E se il Genio del Tebro arrida ai figli,
Ivi è soltanto che virtù si onora.
La presente nota potrebbe sembrare un velleitario tentativo di riesumare a tutti i costi un personaggio di modeste qualità, il quale stabilì innumerevoli contatti con letterati di tutta Italia, e anche del Fermano beninteso.
Riuscì a conquistarsi, in questo modo, grande fama e altissima considerazione nella tranquilla società pontificia dell'800, ma fu rapidamente dimenticato dopo la morte.
Deve essere considerata, invece, come un invito a studiare il personaggio nel suo complesso per chiarirne meglio pregi e difetti, tenendo in particolare conto gli avvenimenti del 1848, quando fu chiamato da Pio IX a svolgere importantissime funzioni pubbliche, sicuramente mal condotte, che si conclusero con l'adesione alla Repubblica Romana. Ciò gli procurò accuse di trasformismo e, molto probabilmente, gli fece perdere la porpora cardinalizia cui sembrava verosimilmente candidato.
Note
(1) - Cfr. S. D'ALTEMPS, Una visita al museo privato de' fratelli de Minicis in Fermo, Fermo 1842; T. BORGOGNO, Intorno a una raccolta di poesie dedicata a Monsignore C. E. Muzzarelli, Roma 1842; AA. VV., Manifestazione di ossequio e di stima alla eccellenza reverendissima di monsignor Carlo Emanuele Muzzarelli uditore della S. Ruota romana nel suo arrivo in Fermo il III di settembre del MDCCCXLII, Fermo s. d. Cfr. anche A. SILVESTRO, Confidenze tra amici. Giuseppe Gioachino Belli e Giuseppe Neroni Cancelli. Una rilettura degli autografi, conferenza tenuta il 7.4.1996 all'UTEFE.
(2) - Trascriviamo la nota 7, autografa del Belli: “Ciò accade continuamente a monsignore Carlo Emanuele Muzzarelli, uditore della S. R. Rota, il quale stimola quasi ogni italiano che maneggi una penna a scrivere la propria biografia. Morendo poi gli auto-storiografi, egli ne va pubblicando le vite su tutti i giornali d'Italia. Nuova specie di mecenatismo.”
(3) - Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, A 143/19-1, in copia fotografica. Sarebbe opportuno rivedere questa scritta alla luce del testo autografo di Belli, come pure accertare la data esatta della morte di C. E. Muzzarelli.
(4) - G. JANNI, Belli e la sua epoca, voll. 3, Milano 1967, in particolare cfr. vol. I, pp. 728-739.
(5) - E. TREVES-G. STRAFFORELLO, Dizionario universale di geografia, storia e biografia, Milano 1882, vol. II.
(6) - Cfr. “Sessantacinque anni delle scuole di Belle Arti della insigne e pontificia Accademia Romana denominata di San Luca, Roma 1895”, pp. 215-216. Come appare dalla nota 1, p. 247, in occasione delle solenni esequie celebrate il 31 gennaio 1822 nella chiesa dei SS. XII Apostoli per Antonio Canova, tra i rappresentanti dell'Accademia Tiberina presenziavano al rito il Signor conte Carlo Emanuele Muzzarelli, avvocato concistoriale vice-presidente, e G. G. Belli, consigliere.
(7) - G. MAZZONI, Ottocento, voll. 2, Milano 1913, a pp. 399-400.
(8) - D. DIAMILLA MÜLLER, Biografie autografe ed inedite di illustri italiani di questo secolo, Torino 1853 (collocazione cc L XI 96, Bibl. Casanatense)
(9) - G. B. CORNIANI, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, vol. VI Torino 1855, p. 269.
(10) - G. MORONI, Dizionario di erudizione storico - ecclesiastico, Venezia anni vari: vol. 103 p. 25; vol. 24, pp. 152 e 13-14.
(11) - G. LEOPARDI, Lettere, a c. di F. FLORA, Milano IV/1963.
(12) - G. MORELLI, La raccolta di autografi Servanzio Collio di Sanseverino Marche, Strenna dei Romanisti n° LVI, Roma 1995.
(13) - C. E. MUZZARELLI, Reminiscenze di un viaggio nel Piceno l'estate del 1842, Fermo 1842. Una copia è conservata alla Biblioteca Angelica di Roma (Misc 2323). Contiene in tutto quattro sonetti, dei quali i primi due trattano di Civitanova e della casa di Luigi Lanzi in Montolmo, gli ultimi due sono qui trascritti. Il prof. Nepi ha già pubblicato in un bellissimo volume la prima quartina e le due terzine del terzo componimento, cfr. G. NEPI, a c. di, S. Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno 1989, p. 192. Va però rilevato che Muzzarelli non è divenuto cardinale.
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