Grandeur,dono divino ? Sisto V ed Enrico IV
(L’Arancio estate 1992, pp. 5-6)
Nella nostra epoca, afflitta da guai di ogni genere, l'imperversare di neologismi, anglicismi e abbreviazioni fulminanti è sicuramente uno dei mali più leggeri, ma non per questo facilmente sopportabile. Perciò è forse bene precisare che grandeur - vocabolo molto usato da politologi e giornalisti - non è la sigla di un grande e moderno quartiere di Roma, ma solo la traduzione francese di grandezza.
Chi non ricorda di essersi imbattuto in questo vocabolo, molto usato in occasione di importanti avvenimenti internazionali, quando ogni spiegazione razionale si rivela insufficiente a far comprendere il comportamento dei nostri cugini d'oltralpe ?
E' una chiave di lettura, una parola magica, che dà accesso al mondo immaginario della grande patria, onusta di glorie in ogni campo (cultura, politica, scienza, etc.) e superiore a tutte le altre nazioni.
Non indugiamo su questo concetto, né per approvarlo (e come sarebbe possibile per noi italiani?), né per condannarlo. Vogliamo invece indagare nel passato per scoprire quando questo dono divino, come la biblica manna, è caduto sulla Francia. Cercheremo pure di accertare se vi sia stato un contributo di comuni mortali estranei alla Gallia.
A rischio di ripetere cose già note, sembra appropriato rivolgere la nostra attenzione ai tempi di poco antecedenti Luigi XIV, il quale regnò e combattè a lungo per mare, per terra, nelle alcove e rese grande la Francia. La famiglia Borbone, cui il re apparteneva, era giunta sul trono di Francia alla fine del 1500 con Enrico IV molto amato, se non da tutto il popolo francese, almeno dalla parte più gentile di esso, quella femminile.
Gli ultimi membri della dinastia dei Valois, cugini e cognati di Enrico allora re di Navarra, privi di discendenti diretti cui passare lo scettro, avevano condotto la Francia nel labirinto di una guerra civile di religione, senza via di sbocco. Avevano fatto trascorrere anni ed anni e versare fiumi di sangue senza riuscire a scegliere un successore tra i Guisa - anch'essi cugini, appoggiati dai cattolici - e i Borbone, sostenuti dagli ugonotti. Carlo IX aveva addirittura scatenato le orrende stragi della notte di San Bartolomeo (24 agosto 1572), cui Enrico di Navarra era scampato grazie all'amorevole aiuto della moglie Margot. Con il tempo, Enrico III si riavvicinò al cognato e, prima di morire, lo designò suo erede (1589).
Al di là dei Pirenei Filippo II di Spagna, il re Cattolico, ancora per poco il sovrano più potente della
terra, non era rimasto inattivo e aveva cercato di soppiantare il Cristianissimo re di Francia stringendo patti con la Lega Cattolica.
In piena Controriforma i papi non potevano limitarsi ad osservare passivamente ciò che succedeva in Francia e presero posizione. Ovviamente a sostegno della Lega. Enrico di Navarra fu scomunicato da Sisto V nel 1585.
Enrico III nel 1588 fece trucidare nel castello di Blois Enrico di Guisa e il fratello Luigi, Cardinale di Lorena.
Scatenò così l'ira di Sisto V, che colpì con la scomunica il sovrano francese. La Lega Cattolica cercò di prevalere, ma riuscì soltanto a far pugnalare Enrico III.
Sisto V, però, oltre ad essere pastore d'anime, era anche un grande capo di stato. Fiutò i pericoli che potevano derivare dall'estendersi dell'influenza spagnola e non calcò la mano contro Enrico. Anzi, ricevette un suo plenipotenziario ed orientò gli avvenimenti in modo tale che il Bearnese abiurò il protestantesimo per rientrare nel cattolicesimo e ricevere da Clemente VIII, oltre al perdono divino, anche e soprattutto il trono di Francia. Dopo aver ottenuto la separazione da Margherita di Valois, per mancanza di prole, Enrico IV sposò la fiorentina Maria de' Medici ed ebbe vari figli, tra cui Luigi XIII, padre del re Sole.
Adesso siamo in grado di riconoscere il fattore propiziatorio della grandeur. Infatti, senza l'appoggio del vicario di Cristo - il grottese frate Felice Peretti – il corso della storia sarebbe stato diverso, anche se imprevedibile per noi. Con l'aiuto di Sisto V (e poi di Clemente VIII), invece, Enrico di Navarra nel 1594 riuscì a salire sul trono dando avvio al processo da cui è sorta la grande Francia di Luigi XIV.
Ammesso che la grandeur sia un dono divino, come tutto del resto a questo mondo, bisogna pur riconoscere che l'intervento del vicario di Cristo in terra fu certamente decisivo.
Prova ne sia che i Francesi, in genere poco propensi a rendere omaggio ai meriti altrui, hanno sempre riconosciuto la grandezza del papa piceno, attribuendogli il numero ordinale, riservato solo ai personaggi eccezionali, anziché il banale e comune cardinale cinq. Per loro è Sixte-Quint.
Un'eco degli eventi che abbiamo cercato di condensare si può rintracciare nel settantesimo dei Dialoghi dei Morti di Fénelon, uomo di chiesa e di cultura, vissuto dal 1651 al 1715, di cui diamo una traduzione alleggerita di tono rispetto all'originale.
Sisto Quinto ed Enrico IV
Sisto V - Mi sarebbe piaciuto incontrarvi già da tempo, ma ciò mi era proprio impossibile, quando eravamo vivi. Ai nostri tempi la moda delle conferenze tra papi e re era già tramontata. Era invece valida per Leone X e Francesco I, che s'incontrarono a Bologna, e per Clemente VII che s'incontrò con lo stesso re a Marsiglia per le nozze di Caterina de' Medici. Mi sarebbe veramente piaciuto avere uno scambio d'idee con voi, ma io non ero libero e la vostra religione me lo impediva.
Enrico IV - Come siete diventato dolce! Indubbiamente la morte vi ha ricondotto alla ragione. Confessate: non vi comportavate allo stesso modo quando io non ero altro che quel povero Bearnese scomunicato !
Sisto V - Volete che parli francamente? All'inizio pensavo che l'unica cosa da fare fosse quella di mettervi con le spalle al muro. Il vostro predecessore m'aveva creato tanti grattacapi. Perciò pensai bene di farlo pentire d'aver osato di far massacrare un Cardinale della Santa Chiesa. Se avesse fatto assassinare solo il duca di Guisa se la sarebbe cavata con poco, ma il suo crimine era imperdonabile, poiché aveva osato attaccare la Sacra porpora. Non potevo tollerare un attentato gravido di conseguenze pericolose. Dopo la morte di vostro cugino mi parve opportuno trattarvi con lo stesso rigore a lui riservato, appoggiare animosamente la Lega ed impedire che un eretico salisse sul trono di Francia. Ma ben presto mi resi conto che avreste sconfitto la Lega, ed apprezzai il vostro coraggio. V'erano due persone con cui non potevo allacciare rapporti amichevoli e che io amavo naturalmente.
Enrico IV - Chi erano questi due individui così fortunati da piacervi tanto ?
Sisto V - Voi e la Regina Elisabetta d'Inghilterra.
Enrico IV - Non mi meraviglio che ella vi piacesse a tal punto. Capo della Chiesa anglicana, prima di tutto era papa al pari vostro e non meno fiera di voi; sapeva farsi temere e far volare le teste. Senza dubbio per questa ragione si è guadagnata la vostra ammirazione.
Sisto V - Si, certamente. A me piace la gente vigorosa che sa imporsi agli altri. Vi ho apprezzato e preso a benvolere perché avete battuto la Lega, addomesticato la nobiltà, mantenuto l'equilibrio tra cattolici ed ugonotti. Un individuo cos abile è un vero uomo e io lo apprezzo veramente, a differenza del vostro predecessore, troppo molle per mantenere quello che aveva e capace di arrabattarsi solo con inganni. Se io fossi vissuto vi avrei fatto abiurare senza tanti indugi. Vi sareste trovato libero a poco prezzo, ma con l'impegno di dichiarare che ricevevate la corona di re Cristianissimo dalla generosità della Santa Sede.
Enrico IV - Non l'avrei mai accettato, a costo di ricominciare la guerra.
Sisto V - La vostra fierezza mi piace. Ma l'appoggio fiacco datovi dai miei successori vi ha esposto a tante congiure che infine vi hanno stroncato.
Enrico IV - Vero. Ma quale protezione avete avuto voi ?
cospiratori spagnoli non vi hanno risparmiato, proprio come è successo a me: non c'è nessuna differenza tra il pugnale e il veleno. Orsù, andiamo a trovare quella buona regina che vi piace tanto e che è riuscita a regnare tranquillamente e molto più a lungo di noi due."
Citiamo solo un'altra testimonianza francese, a conferma che l'opera svolta dal papa grottese a favore di Enrico IV era ancora apprezzata nel 1856, quando scriveva Hoefer.
"Egli (Sisto V) intervenne in quasi tutti i più importanti avvenimenti d'Europa, partecipando inizialmente alla lotta contro l'Eresia con tutta la foga del suo carattere (...) Ma non si fece illusioni sulla Lega e sul suo scopo segreto: la considerava una setta cospiratrice. Il fatto è che egli contemporaneamente era capo spirituale e sovrano e pensava da Capo di Stato. Poiché voleva che in patria la sua autorità non fosse messa in discussione, non ammetteva che all'estero un'altra autorità legittima fosse attaccata (...) Dovette prendere posizione contro Enrico IV, ma aveva scoperto l'ambizione di Filippo II e non era cieco a tal punto da lasciar cadere la Francia sotto l'influenza spagnola. Fu dunque uno dei primi a riconciliarsi con Enrico IV, dopo che questo principe annunciò l'intenzione di farsi cattolico. Seppe ostacolare così bene i progetti della corte spagnola che il Bearnese lo considerava il suo migliore amico. Gli Spagnoli, in compenso, nutrivano verso il papa un tale odio, che si suppose che l'avessero fatto avvelenare, accusa invero falsa (...) L'Europa gli deve grazie per aver bloccato l'ambizione di Filippo II e reso possibile l'abiura di Enrico IV."
Ciò detto, riteniamo che non rimangano dubbi sulla parte importantissima avuta da Sisto V nella discesa della grandeur sulla Francia.
Torna alla pagina precedente