Anni fa Paolo Sorcinelli ha pubblicato un volumetto ricco di dati statistici e considerazioni sull'andamento di alcune malattie (pellagra, colera, tifo petecchiale) in relazione alle condizioni di vita delle popolazioni delle quattro province marchigiane con particolare riguardo alle zone di Fano, Senigallia e Pesaro.
La sua lettura mi suggerì di raccogliere un elenco delle epidemie che abbiano avuto attinenza con Grottammare ed il basso Piceno, rintracciate in un testo del Corradi, e di aggiungervi anche qualche nota marginale su terremoti, maremoti e frane.
Recentemente, la lettura di due libricini pubblicati in Abruzzo e dedicati alle epidemie ed ai terremoti, che vi si sono registrati dall'antichità ai tempi moderni, mi ha spinto a riprendere in mano ed a rivedere il vecchio scritto.
Si tratta di aride note, che però possono servire a mettere in luce aspetti poco noti della vita grottammarese trascorsa.
Dato lo spazio a disposizione, le cause ed i rimedi dei vari eventi non vengono approfonditi, in quanto è possibile reperire utili notizie specifiche nei testicitati in bibliografia, dai quali sono stralciate le frasi riportate fra virgolette.
- Anni 189-190: “mortifera pestilenza devasta tutta Italia (...)
- 21.8.366: “un grandissimo terremoto per tutto il mondo, tale, che né le favole né le vere istorie non fanno fede ne sia mai stato uno simile a questo (...)”
- anno 450: “fame grandissima in Italia (...)”
- anni 531/599: “peste di Giustiniano (...) accompagnata da grandi turbazioni cosmiche e principalmente da terremoti (...)”
- anno 538: “orribile carestia in Italia (...) dicesi che nel solo Piceno, o Marca d'Ancona, morissero di fame 50.000 contadini (...)”
- 30.4.801: “gravissimo terremoto in tutta Italia, sentito anche in Francia ed in Germania (...)”
- anno 1279: “siccità da aprile a mezzo settembre (...) nel primo maggio un gravissimo terremoto si sentì per quasi tutta l'Italia; ma chi n'ebbe il maggior danno fu la Marca d'Ancona (...)”
- anno 1348: “peste nera in Italia, che si ripresenta nel 1360/63, nel 1371/74, 1381/84, nel 1389 e nel 1399/1400 (...)". La peste imperversa nel Centro Italia anche negli anni 1410/13, 1416/20, 1422/25, 1435/39, 1448/51 e 1456/57.
Anno 1464: “quasi per tutta la Marca (...) fu qualche poco di moria. L'inverno fu freddissimo con grandi nevi, più ancora nella Marca (...) che in Lombardia: durarono quelle da gennaio a marzo, e quando si sciolsero tutti i fiumi crebbero sì forte, che strariparono con molto danno (...)". Nel 1476/79, 1485/87, 1483 e 1499/1506 la peste è ancora presente nell'Italia centrale.
- 1522/29: “in questi anni la pestilenza, quando più o quando meno, durava in Italia (...) Nel 1526 ritornò la peste in Aquila portatavi da un prete Albanese da Ascoli. Da Ascoli pure sembra che uscisse la pestilenza ch'infettò la Marca (...)”
- anno 1562: “furono queste tossi epidemiche per tutta Italia (...)”
- anno 1572: “gli eccessivi freddi della fine dell'autunno e di tutto l'inverno non dispersero il vajuolo: in Acquaviva di Fermo il Massuzzi osservava alquanti casi di Puntura contagiosa (Pneumonite tifica) (...)”
- anni 1590/92: “grandissima carestia, la quale può dirsi durasse 3 anni continui affliggendo tutta Italia (...) l'altro flagello si aggiunse de' banditi che a torme desolavano le Marche (...)”
- anno 1612: “a mezzo dicembre corse improvvisamente crudissimo freddo con molta neve e eli di vento. Per siffatta stagione le Peripneumonie divennero male comune e sì violente che in 4 o al più in 6 giorni la maggior parte dei malati mandarono al sepolcro (...) Era la risipola de' polmoni (...)”
- 1621/22: “grave carestia (...) le febbri mali moris che per solito a quella sventura tengon dietro (...) furono nella Marca (...) Dovunque poi micidiali, le stagioni correndo pure dappertutto distemperate (...)”
- anno 1768: “all'influenza catarrale ed al tipo del passato anno tenne dietro in questo la pneumonite spuria o maligna (...) ad Ascoli nel Piceno (...)”
- anno 1817: “tifo petecchiale nella regione Marche (...)”
- anno 1824: “nelle Marche (...) il caldo eccessivo fu e grande la siccità (...)”
- anni 1833/37: “colera nelle Marche (...)”
- anno 1839: “precorsero alle pioggie ed alle inondazioni le febbri remittenti ed intermittenti che vagarono nel Piceno (...)”
- anno 1847: “febbri putride regnavano nell'Ascolano e più particolarmente in San Benedetto del Tronto."
Per il colera del 1836 si ebbero 360 morti a Fano, 937 a Senigallia e 109 ad Ascoli. Invece, nel 1855, nelle province di Ascoli e Fermo si ebbero rispettivamente 2.938 casi di colera (1.322 morti) e 1.500 (571 morti), corrispondenti al 3,26 % ed al 1,34% di colerosi rispetto al numero degli abitanti.
Un'altra epidemia di colera, ricordata dal Fabiani, si ebbe nel 1886. Cominciò a San Benedetto il 16 agosto: 6 casi e 3 morti. Subito passò a Grottammare e poi in Ascoli, Carassai, Montefiore, Maltignano e Offida. A San Benedetto i morti furono 166 su 366 casi, nelle altre località 76, di cui 36 ad Ascoli.
Passiamo ad altre calamità. Si trova traccia d'inondazioni nell'iraconda e gustosa, ma quanto attendibile?, prosa tennacriana che si trascrive per intero: "il Tesino Fiume impetuoso vicinissimo all'Incasato a nostra memoria e giorni non solo saltando dal suo letto ha inondato un tal sito, ma è arrivato a insolentire più oltre dell'Incasato ne' Magazzini del Sale della R.C.A. che sono in considerabil distanza al tante volte nominato Incasato, che per'altro fin'ora non può chiamarsi tale". Cose d'altri tempi: oggi il Tesino è ridotto ad un rivo cui la ruspa ha tracciato il corso nel letto già ampio e boscoso, ora spoglio, e la Salotta non è più nella strada cui dava il nome, divenuta via Pontelungo.
Di maremoti non ho traccia, a parte un ricordo personale, quando fanciullo (tra il 1941 e il 1943) corsi il rischio d'essere trascinato via da un'ondata improvvisa che invase l'arenile fino alla strada e tornò indietro spazzando tutto quello che trovò sulla spiaggia.
Notizie sulla sismicità della zona sono reperibili negli annali del Baratta sui terremoti: "troviamo a sud il centro isolato di Ripatransone la cui manifestazione tipica si è la forte scossa del 18.8.1888, e quindi lungo il litorale adriatico l'area sismica di Cupramarittima, Grottammare e San Benedetto, alla cui attività si devono parecchi scuotimenti, fra cui uno abbastanza forte successo il 16.8.1882", consistente in una sensibile scossa a San Benedetto il 15, e quindi il 16 un'altra fortissima, di uguale intensità a Grottammare (ondulatoria e sussultoria S-E, 6° grado con rombo) ed a Cupra. E' il caso di ricordare che, in occasione dei terremoti che scossero Ancona intorno al 1971, alcune famiglie di quella città si trasferirono proprio a Ripatransone per sfuggire ai rischi tellurici !
Oltre a quelli del 2 febbraio 1703, del 1727, del 1741 e del 1781 avvertiti in Ascoli, come ricorda Papetti, terremoti, più o meno forti, sono ricordati nelle cronache:
- 28.7.1799: “forte scossa a Camerino, sentita nel Piceno (...)”
- 8.12.1870: “violenta scossa ad Ancona, lieve a San Benedetto (...)”
- 12.3.1873: “scossa molto forte a Camerino e San Ginesio, forte ad Ascoli e Fermo (...)”
- 10.1.1884: “fortissima scossa a Notaresco, sensibile a Cupramarittima (...)”
- 28.5.1879: “violenta scossa a Malta, in Grecia, Sicilia, Bassa Italia, inavvertita tra Termoli e S. Benedetto, lieve lungo il litorale fino a Numana (...)”
- 21.9.1897: “violenta scossa a Senigallia, molto forte a San Benedetto (...)”
- 28.6.1898: “a Rieti scossa violenta, mediocre nel litorale marchigiano (...)”
- 13.1.1915: terremoto di Avezzano. Il sisma è percepito anche a Fermo.
Nel 1934 G. B. Alfani aggiorna i dati del Baratta. Individua 7 epicentri interni (tra cui Ascoli) e 4 costieri (anche lungo il lido della provincia di Ascoli Piceno). Fa cenno di un terremoto verificatosi a Grottammare - Cupramarittima nel 1892. Anche in questa materia s'inserisce un ricordo personale (3 ottobre 1943). Si trattò di una scossa abbastanza forte, che provocò gravi danni a Castignano.
Per quanto riguarda le frane - dopo aver premesso una breve nota sulla natura del terreno - si riporta un elenco di quelle reperite nei testi citati in bibliografia.
Nel territorio di Grottammare si trovano soprattutto formazioni terziarie plioceniche, costituite dal Piacenziano e dall'Astiano. Il primo è rappresentato dalla comune creta, (marna argillosa grigia), ricca di fossili, disposta a strati orizzontali e subverticali che, per erosione idrica, hanno creato dolci colline con rari burroni scoscesi. Il secondo, da sabbie giallastre, cementatesi a volte in arenaria. Molti depositi fluviali dei fianchi e dei fondi delle valli hanno formato terreni quaternari.
Sui banchi arenacei, costituenti le alture che dall'interno si protendono al mare e sono ricchi di sorgenti alla base, sorgono numerosi centri abitati: Ripatransone, Fermo, ecc.
Come si può riscontrare percorrendo l'Adriatica, lungo la quale sorgono ancora diverse fornaci, le argille azzurre plioceniche forniscono abbondante materia prima per laterizi. Anche il quaternario offre materiali per l'edilizia (sabbia per malte, ghiaia per calcestruzzi, terra da mattoni).
"In queste regioni (...) non sono rare le frane piccole e grandi, danneggianti le sottostanti strade, provinciale e ferroviaria, come per esempio lungo il littorale di Porto San Giorgio, Pedaso, Cupra Marittima, ecc. Alla base dei depositi quaternari v'è sovente una zona acquea, la freatica, largamente utilizzata (...) Nella zona pliocenica attraversata dal Tenna (...) s'incontrano numerose plaghe franose (...) con scorrimenti per lo più superficiali lungo le sponde dei corsi d'acqua (...) Si deve ritenere che almeno per quanto riguarda la zona pliocenica entro la quale si svolge quasi tutto il corso dell'Ete Vivo e del Tesino (...) le condizioni di franosità siano analoghe a quelle della bassa valle del Tenna".
Nei casi meno gravi questo tipo di movimento si può avvicinare alle lame; negli altri, alle frane per crollo. La lama avviene quando l'acqua, trattenuta dallo strato superficiale già disgregato da varie cause, non riesce a penetrare in profondità. I terreni più soggetti alle lame sono le argille e le marne che vengono inzuppate nella parte superiore. Il pericolo è ovviamente maggiore nella stagione piovosa.
La frana per crollo avviene invece in presenza d'una roccia dura (arenaria, sabbia compatta, ecc.) sovrapposta ad una argillosa erosa dalle acque, che provoca lo scalzamento del piede e il crollo del tetto. Nella fascia pliocenica adriatica i centri abitati sorgono spesso in alto, sulla formazione sabbiosa gialla sovrastante le argille instabili, con pericoli di crolli. Grottammare, comunque, non risulta in zona particolarmente pericolosa, per quanto risulta dalla cartina allegata al testo ministeriale.
Una cosa è certa: questa situazione non era nota all'Anonimo Tennacriano che, poveretto, protestava perché "per la caduta di una sola casa, o per meglio dire di un Tugurio, il di cui possessore si era internato a dentro della Rupe per trovare Acqua, fu un correre precipitosamente in eseguire la barbara demolizione di diecinove case ben fondamentale", con la conseguente creazione del Nuovo Incasato.
Le frane di cui si ha notizia sono le seguenti:
- anno 1103: una frana danneggia parte del paese di Grottammare;
- anno 1574: si rinnova la frana di Grottammare e travolge molte case;
- anno 1575: il card. Felice Peretti concede al paese natio 1.000 scudi per ovviare al pericolo delle frane;
- 6.5.1669: frana del Monte delle Quaglie;
- 13 gennio 1760: "fù memoria che nel detto giorno cadde la casa fuori de la Porta (...)" (Palmaroli);
- 28.1.1779: frana che travolge alcune case sotto il colle del castello. Interviene l'architetto Augustoni per bloccare i crolli. A seguito di questo evento, Pio VI decide di creare il Nuovo Incasato;
- anno 1783: lama che interessa la via Lauretana a Grottammare;
- "Adì 2 9mbre 1792 fece un distacco e crepò lo monte nella strada Lauretana e ricoprì porzione di strada" (Palmaroli);
- "Nel mese di Giugnio 1793 fece un altro stacco, e passò entro mare per un tiro di scioppo con palla e portò avante tanta lama le mura che mandeneva la d.a strada con piezi d'albucci e case". (Palmaroli);
- dicembre 1793: lama dal Monte delle Quaglie sulla via Lauretana;
- "Adì 14 Marzo 1794. Un altro stacco di d.ta Lama portò via il giardino del Sig. Paccaroni, porzione di Monsignor Bacar, il d.o giardino era di Monsignor Cendini" (Palmaroli);
- anno 1795: frana del Monte delle Quaglie;
- anno 1827: si rinnova la frana di Grottammare, che distrugge gran parte del paese;
- 2.5.1843: altra frana in paese, con distruzione di case e di raccolti;
- 5.4.1845: grandioso avvallamento di parte del Monte delle Quaglie;
- 9.5.1928: frana del colle nei pressi del fosso Cipriani: 7 vittime, numerose case distrutte, strada ferrata interrotta:
- anno 1963: in località Ischia Marina un movimento franoso interessa minacciosamente alcune case isolate ed un tratto della statale Adriatica. Lo spostamento ha componente orizzontale prevalente ed interessa tutta la massa. L'abitato viene incluso nell'elenco di quelli da consolidare a cura dello Stato.
Per attenuare la tristezza provocata da tante sciagure, concludo ricordando i pregi del clima, per cui Grottammare già nell'800 era raccomandata come stazione climatica invernale: temperatura media 15,25° in collina, 15,50° alla marina; escursione media quasi costante tra notte e giorno 2,5°.
I dati risalgono allo Speranza, che fornisce anche altre informazioni:
temperatura massima estiva 28° e minima invernale 4°;
umidità media 64,54%;
precipitazioni annue 650 mm;
punte eccezionali di temperatura -4° e +32°;
pochissimi giorni nevosi.
A titolo di confronto si riportano i dati relativi a San Benedetto, rilevati tra il 1972 e il 1984 a cura del prof. Nelson Rossi e che non presentano rilevanti scostamenti da quelli sopraindicati:
temperatura media 14,67°;
umidità media 74,8%:
precipitazioni annue 604,4 mm. di acqua;
punte di temperatura -4,5° nel gennaio 1979, +33,5° nel luglio 1975;
giorni nevosi: 3 nel 1976, 9 nel 1979.
BIBLIOGRAFIA
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ANONIMO TENNACRIANO, Memoria storica di Grottammare, ristampa Grottammare 1983.
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