Il costo della libertà.
A proposito delle spese sostenute dall’esercito italiano nelle Marche nel 1860
1. Affitti e spese d’altri tempi.
Quanto costava alloggiare a Grottammare nella primavera dell’anno di grazia 1861 ?
Posta in questo modo, difficilmente la domanda trova risposta, perché tante e diverse sono le circostanze che possono aver portato una persona per un mese in quella stagione a Grottammare.
Bisogna perciò precisare i termini della questione. Lo faremo riferendoci ai casi di un “basso ufficiale” del regio esercito, di cui non conosciamo il nome, che nell’aprile 1861 ha soggiornato in una casa (o una sola stanza?) di proprietario ed ubicazione ignoti. Sappiamo però che l’intendente militare ha corrisposto al Comune 2,80 lire da devolvere al padrone di casa.
Questa somma potrebbe equivalere a 13.100 lire del 1989, ammettendo che il costo della vita dal 1861 al 1989 sia cresciuto di 4.672,1695 volte. (1)
La cifra ottenuta è veramente modesta, in verità, tanto da far ritenere che il prezzo praticato sia stato ridotto al minimo (per patriottismo o per imposizione dell’amministrazione sabauda ?) o che, nel caso degli alloggi, sia più appropriato un coefficiente basato su parametri diversi da quelli usati dal compilatore della tabella comparsa nel periodico citato in nota.
Questa notiziola ha stimolato la mia curiosità quando mi sono trovato a consultare il carteggio concernente i rimborsi concessi dal Ministero di Guerra dell’Italia, ormai unita, ad un certo numero di paesi umbri e marchigiani. I documenti sono conservati all’Archivio di Stato di Torino (poi AST) e sono costituiti da 5 registri e da alcune cartelle contenenti corrispondenza varia.(2)
In uno dei registri è inserito un “elenco dei Comuni che hanno convenzione”, senza alcuna nota che chiarisca di quale convenzione si tratti. Nelle Marche sono convenzionati: Ancona, Ascoli, Cagli, Fermo, Fano, Fossombrone, Grottammare, Jesi, Loreto, Osimo, Pesaro, Recanati, Senigallia e Urbino.
Il passaggio delle truppe del generale Cialdini nell’autunno 80 ed i successivi spostamenti fino al 1863, obbligano le amministrazioni locali a prestare servizi di vario genere: alloggio di truppe, fornitura di paglia e foraggio per gli animali, trasporti, assistenza sanitaria a feriti ed ammalati, ecc.
Nella tabella 1 sono stati raccolti i dati relativi ad un certo numero di paesi, tratti dal complesso della carte consultate. A causa del breve periodo di tempo trascorso da chi scrive nelle sale dell’AST, non è stato possibile accertare se esistano documenti di spesa, di competenza dello stesso o di altri dicasteri, contenuti in fondi diversi. Similmente non si può escludere che negli archivi locali marchigiani – non esplorati in questa occasione – esistano carte collegabili a quelle in esame. Il fatto che, ancora nel 1863, si verifichino episodi che richiedono la presenza delle truppe regie, potrebbe essere messo in relazione alle esigenze della lotta contro i banditi.
Nella tabella 2 compaiono le cifre sopraindicate, tradotte in lire del 1989 con l’impiego del coefficiente calcolato in precedenza.
Non si dispone di elementi sicuri per affermare che, anche in questo caso, il coefficiente di aggiornamento sia stato sottovalutato. Certamente, però, leggendo le cifre della tabella 2 relative soltanto ad una parte del territorio marchigiano e probabilmente non del tutto complete, si ha l’impressione che l’attraversamento e la permanenza delle truppe nel Piceno non siano stati molto onerosi per i Savoia. Tanto più se si considerano l’importanza ed il valore dell’impresa in se stessa e di quella che ne è stata l’immediata conseguenza: la conquista del regno borbonico.
Tre cittadine, Grottammare, San Benedetto e Porto San Giorgio, prevalgono nettamente su tutte, a testimonianza che esse hanno ospitato la maggior parte dell’armata.
In un primo momento ai paesi maggiormente gravati vengono concessi “abbuonconti” di diversa misura, in attesa che le richieste vengano totalmente saldate, il che generalmente avviene entro due anni dall’inizio della pratica.
Ma non tutti i creditori vengono soddisfatti, perché le somme richieste dai Comuni che accentrano le domande dei singoli fornitori, non sempre vengono liquidate integralmente.
A volte la decurtazione delle somme è molto sensibile: S. Benedetto il 4 maggio 1863 si vede rimborsare 5.426,76 lire per “somministrazioni diverse” anziché 17.947,19, Grottammare 2.805,78 lire invece di 13.741,66 il 14 aprile 1863.
In qualche caso la corresponsione del denaro ai creditori non può avvenire perché le disposizioni regolamentari non lo prevedono: una somministrazione di paglia per 23,34 lire ad esempio, effettuata a Massignano nel 4° trimestre 1861, viene respinta in quanto considerata “a carico del comune essendo somministrazione di paglia per un solo giorno a mente delle RR. Patenti”.
Noterella sull’ospedale di Grottammare.
Dall’elenco delle liquidazioni relative a Grottammare stralciamo le spese sanitarie sostenute per il passaggio e la sosta delle truppe sabaude, che si riportano in tabella 3.
Anche in questo caso si possono ripetere le considerazioni già espresse sull’apparente modestia delle spese in questione. In effetti nel 1860 non esisteva in paese un ospedale vero e proprio. Va però osservato che le somme in gioco sono dello stesso ordine di grandezza di quelle iscritte nel bilancio 1892 dell’istituzione che nel frattempo è stata fondata.
Nel 1885, infatti, viene costituito un “Comitato di beneficienza per dotazione dell’ospedale”, che nel 1892 è presieduto dal marchese Camillo Laureati e composto dal cav. Luigi Ricciotti, dall’avv. Filippo de Angelis, dal dott. Roberto Agnelli e da don Domenico Toni, Manlio d’Ercoli, Gioacchino Capocasa, Luigi Piattoni, don Luigi Marsili, Tommaso Santori e Giovanni Cottignoli. I sottoscrittori (contribuenti) delle quote azionarie, ciascuna del valore di lire 0,05, sono 239 e versano in tutto 6.276,55 lire, lasciando però in sospeso il pagamento di lire 2.752,15.
Il bilancio 1892, in particolare, consta di entrate ordinarie e straordinarie (sovvenzioni dai comuni di Grottammare, di Fermo, di Ascoli, di Ripatransone, di Pedaso, da privati e da enti vari) per lire 10.768 e di uscite per lire 9.988,37. In cassa restano lire 780,02, 655,78 delle quali vengono impiegate per rimborsare “il Comm. Antonio Anelli della spesa sostenuta per la successione del Lascito della pia benefattrice Marconi Vinceva di Lui Consorte”.
Le vicissitudini attraversate dall’ospedale grottese nei decenni successivi hanno portato alla sua progressiva inefficienza ed infine alla chiusura.
Facciamo un’ipotesi: se fosse riuscito a sopravvivere, che sorte avrebbe avuto oggi ? Non molto felice, certamente, se facciamo dei paragoni con quanto è successo agli ospedali di Ripatransone e di Montefiore dell’Aso, con i quali si potrebbe istituire un confronto non troppo sbilanciato.
Probabilmente, però, avrebbe potuto fornire un contributo utile per ridurre almeno parzialmente la stridente anomalia per cui i cittadini grottammaresi oggi, per venire al mondo, sono obbligati a passare prima a San Benedetto. Forse sarebbe stato chiuso già da qualche anno, data la forte tendenza accentratrice esercitata dalla USL 22 in nome di una efficienza e di una migliore economia di gestione non sempre riscontrabili nella realtà ma che, valutate in campo regionale, potrebbero portare a risultati sconvolgenti per l’assistenza sanitaria alle popolazioni del Piceno.
Note
(1) - I valori in questione sono tratti da il Giornale dell’Arte, settembre 1990.
(2) - Dall’inventario dell’Archivio storico comunale di Ripatransone, curato da d. Emilio Tassi e da W. Michelangeli, risultano presenti in quella sede alcuni carteggi riferibili a tali eventi, che però non sono stati esaminati dallo scrivente.
Fonti archivistiche
AST, Fondo intendenza generale d’armata, ufficio liquidazione contabilità relativa ai Comuni delle Marche e dell’Umbria 1861-186, scaffale 29, cas. 9, p. 5.
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