Gli abusi commessi dai conduttori delle barche terriere a danno del commercio
pubblicato (completo di note) su Cimbas n. 6-1994

1. Premessa
Il sistema portuale dello Stato Pontificio, suddiviso in 4 circondari marittimi con sede a Civitavecchia, Fermo, Ancona e Rimini, in effetti era incentrato soprattutto sui 2 porti maggiori, Civitavecchia e Ancona, cui facevano da supporto altri insediamenti minori su fiumi/canali e scali su spiaggie aperte.(1)
In particolare, il 1° Circondario dell'Adriatico, dipendente dall'Ispettore della Sanità e dei Porti di Fermo, annoverava gli approdi di Porto d'Ascoli, San Benedetto, Grottammare, Marano, Porto di Fermo, Porto Sant'Elpidio, Porto Civitanova e Porto Recanati, retti da Luogotenenti di porto, cui si aggiungevano funzionari della sanità e della dogana.
In questi paesi, le operazioni di carico e scarico delle merci dalle navi ai magazzini, e viceversa, per mezzo di facchini, avveniva necessariamente mediante l'uso di natanti - denominati bracciere, terriere o libi, di portata compresa tra 4 e 6 tonnellate, mosse a remi, con equipaggio composto di 4 o 5 marinai-scaricatori, uno dei quali con funzioni di conduttore o direttore - per coprire il tratto di mare tra il bastimento ormeggiato e la riva.(2)
Questo servizio, diffuso anche in altre località al di fuori della zona in esame, proprio nel Piceno dette luogo a diversi abusi, tra i quali ricordiamo i più ricorrenti: l'assenteismo e la rissosità dei facchini, la frode nella misurazione dei quantitativi movimentati ed il disservizio creato dall'incertezza delle prestazioni (indisponibilità di barche, ritardo dell'avvio delle operazioni di carico, sospensione arbitraria delle stesse, ecc.).
Per porre rimedio a tale stato di cose, il Camerlengato intervenne a seguito di una segnalazione di Nicola Fenili, governatore della dogana di Grottammare, e, svolti opportuni accertamenti in merito, impartì direttive sulla materia.
All'Archivio di Stato di Roma (in seguito ASR) si conservano numerose carte relative alla fase conoscitiva di questa indagine, che ci hanno permesso di delineare un quadro abbastanza rappresentativo della situazione.(3)

2. Cronistoria dei fatti
2.a)
La pratica ha inizio con una segnalazione del governatore Fenili.(4)
Dopo aver premesso che "la Spiaggia di Grottammare presenta un prospetto attivo per il suo commercio di Generi Nostrali con l'Estero (...) l'industria degli Abitanti prospera ed il Principato non che i sudditi risentono il vantaggio" di tale favorevole situazione, ma che purtroppo "qualche spirito torbido, o per meglio dire qualche essere poco civilizzato, cerca di annientare l'industria del Paese e per conseguenza tende all'annichilimento del Commercio attivo", lo scrivente entra in argomento. (5)
"Per la caricazione dei Generi Nostrali sopra le Barche che si presentano alla Spiaggia occorrono le Bracciere per il trasporto delli ridetti generi. Li Uomini che sono addetti alle medeme come Direttori si formano a talento delle Leggi sia col ricusarsi alla Caricazione, sia col mettere a contribuzione li Direttori delle Barche, che approdano alla spiaggia per caricare, sia in fine con mendicati pretesti per non ultimare il trasporto. Cose tutte, che da me non si possono rimuovere perché mancante di Leggi, che sopprimer possano il dispotismo, che cerca di sollevarsi".
Tracciato questo panorama - in cui qualche virgola in più avrebbe risparmiato dubbi sulla interpretazione da dare a quel "si formano a talento delle Leggi", che intende il contrario di quanto sembra a prima vista - espone una sua proposta per migliorare la situazione: la costruzione e la gestione di 3 bracciere a cura dello Stato.

2.b)
Il Camerlengo interessa della cosa l'Ispettore della Sanità e dei Porti di Fermo, Crispino Valentini. (6)
Questi, nella sua risposta, riferisce ciò che di persona ha riscontrato a Grottammare:(7)
- fino a poco tempo prima erano in servizio soltanto 3 bracciere, di proprietà rispettivamente di Aldebrando Toni, della vedova Loy e di Pasquale Bruni, operanti in società. La tariffa era fissata a 2 scudi per ogni 100 rubbia di grano trasportato da bordo a terra o viceversa e di "baj 10 per ogni libbre 1000 di altre Mercanzie.Il prodotto di tale operazione veniva diviso in tre parti, cioè una per i rispettivi proprietarj di dette Bracciere, e le altre due per i Marinarj addetti alle medesime". Questi in verità erano "Facchini, gente avvezza sempre a littigi, e questioni, è accaduto più di una volta il disordine che le Barche grosse di commercio erano pronte alla Caricazione, e scaricazione dei Generi ed essi Facchini ancora non si davano moto di spingere dalla terra in Mare le loro Bracciere, questionando di volere, o non volere andare al lavoro, non ostante, che venivano sollecitati dai Commercianti, e Paroni di Barche col mezzo anche del Sig. Governatore Fenili";
- recentemente Pasquale Bruni si è staccato dalla Società e ha costruito una quarta bracciera. Domenico Bruni, detto Marchese, ne ha costruita una quinta, ma la situazione è peggiorata: "quasi in ogni Caricazione nascono dei contrasti, li quali poi recano un ritardo notabile a danno dei Commercianti, ed in modo che nelli Caricatori di Recanati e Civitanova si caricano sopra Rubbia 1000 il giorno di Granaglie, ed in Grottammare non si arriva a caricarne mai Rubbia 500". Tanto che Luigi Zannetti dovette rimanere fermo due giorni per caricare 550 rubbia e venne travolto dalla burrasca del 13 maggio: "Spinta dall'impeto delle onde la Barca si fracassò, e (il padrone) perdette Barca, Mercanzia, e tutto il Vestiario dei Marinari, i quali miracolosamente salvarono la vita";
- altrettanto "insubbordinati" sono i "Facchini che trasportano i Sacchi delle granaglie dal Magazzeno al Lido del Mare, come lo sono ancora li misuratori di essi generi", che alterano la capienza dei recipienti loro affidati inserendovi degli spessori e non li riempiono a misura, "il che può far dubitare una frode manifesta, in conclusione dimostra, che tutto è arbitrio, il quale abbisogna di essere soppresso con un sistema stabile e permanente". Per rimettere in ordine il servizio, il Valentini avanza alcune proposte:
- stabilire un ruolo fisso delle bracciere e fissarne gli equipaggi (5 marinai ciascuna) e le tariffe;
- istituire un ruolo di facchini, alle dipendenze di un caporale e di un vice-caporale, tutti obbligati a portare una piastrina di riconoscimento e dotati di 3 sacchi di loro proprietà, opportunamente contrassegnati;
- consegnare ad ogni misuratore una coppa, di misura esatta, da bollare ogni anno a Fermo, senza alcun "Tassello o tappo nel fondo", da conservare nel magazzino doganale al termine dell'operazione;
- punire con l'arresto i facchini e i misuratori, infedeli o insubordinati. (8)
- incaricare della sorveglianza del personale addetto alle operazioni le autorità presenti nel settore portuale: governatore doganale, commissario di sanità, Luogotenente di porto.

2.c)
Il passo successivo è del Camerlengo, che mette la Camera di Commercio di Ancona a conoscenza dei vari aspetti del problema per averne un parere. (9)
La rispoata dell'ufficio, a seguito di un'ispezione effettuata, conferma l'esistenza degli abusi e giudica degni di considerazione i suggerimenti dell'ispettore. (10)
Vengono inoltre avanzate le seguenti proposte:
- portare a 5 il numero delle bracciere, poiché a Grottammare, sede di magazzini di sale, si verificano frequenti operazioni di carico/scarico di questo genere; - istituire un ruolo di 40-50 facchini;
- sostituire gli attrezzi usati dai misuratori per riempire la coppa o quarta. Attualmente vi si fa uso di bigonci, di capienza prossima a quella della coppa che, se maneggiati con disinvoltura eccessiva, consentono di sottrarrre circa il 4-5% dei quantitativi pesati.

2.d)
E' ora la volta delle autorità marittime dell'Adriatico ad essere coinvolte nella questione: Ancona e Rimini vengono informate di quanto si verifica al sud; Fermo riceve l'approvazione dell'operato del Valentini. (11)
- Il cav. Belmonte segnala che nel suo circondario (il 3°) predominano i "Porti a canale", dove non si fa uso di bracciere e perciò non si presentano problemi del genere, tranne che a Goro Pontificio e a Porto Corsini. In quegli approdi vengono impiegati "grossi alibi della portata di 100 alle 150 rubbia" per trasportare le granaglie nella rada di Goro e nella Darsena di Ravenna da dove, con altri barconi di pari portata, si trasportano a bordo delle navi ormeggiate in fondali da 5 a 6 piedi. Esprime inoltre un giudizio positivo sulle proposte di Valentini. (12)
- Il Capitano di porto di Ancona fornisce chiarimenti sulle modalità in uso nella sede. Per il carico/scarico vengono impiegate apposite "Piatte (...) le quali accostano i moletti, e dove travagliano i Facchini della città, noleggiati a piacimento de' rispettivi negozianti". Per la misura dei quantitativi si usano gli stessi attrezzi e metodi praticati in città e "non odonsi né questioni, né vertenza, anche quando il carico, o discarico si effettua tra un Bastimento e l'altro, il che si fà col medesimo metodo, come sopra". (13)
Anche Civitavecchia viene interessata.(14) Nella replica dell'ispettore Falzacappa si segnala che, per la natura della costa nel territorio cittadino, è necessario che "il Bastimento che si porta a caricare, o lo eseguisca colla sua propria Lancia, o che prenda le così dette Barche Terriere per eseguire il carico, ed è per questo che in Civitavecchia vi è un numero di tali Barche a tal'oggetto, i Padroni delle quali avanti il Capitano del porto pattuiscono la loro Mercede col Padrone mercantile, onde non siano angariati." (15)
La risposta non soddisfa completamente Roma, che vuole conoscere il numero di bracciere in servizio a Civitavecchia e negli altri approdi del Mediterraneo Pontificio. (16)
Falzacappa segnala perciò il numero totale delle terriere (10) e dà informazioni sulle modalità di espletamento del servizio e sulle tariffe in uso,(fig.1). Si esprime favorevolmente sulle proposte del Valentini e, tra l'altro, suggerisce che venga stabilita una tariffa per l'impiego e la retribuzione della manovalanza, da parte di un Tribunale del Commercio, da istituire nell'ambito della Camera di Commercio di Ancona. (17)

2.f)
Intanto l'ispettore Valentini ha messo in ordine le sue proposte ed invia una bozza del "Regolamento Disciplinare da osservarsi nei Porti Caricatori della Spiaggia Adriatica da Porto Recanati sino a Porto d'Ascoli sulle caricazioni di grano e altri cereali", sottolineando l'opportunità di pervenire ad un sistema non del tutto generalizzato nei vari porti, salvaguardando alcune particolarità locali. (18)
Si riassumono in due tabelle i dati "quantificabili" e confrontabili desunti da detto Regolamento. (tab. 1, tab.2).

2.g)
La proposta di Falzacappa relativa all'istituzione del Tribunale viene trasmessa dal Camerlengato alla Camera di Commercio di Ancona, prospettando "l'opportunità di ripristinare il Tribunale Annonario, (abolito a seguito del Motu proprio del 1819), nel quale si discutevano tutte le questioni che nascevano fra li Negozianti e Capitani di bastimento sui grani, e granaglie". Se ne chiede il parere in merito.(19) In pari data si sollecita Rimini a dare risposta "sulla convenienza di attuare le barche terriere in alcune località di codesto Circondario marittimo." (20)
Con queste ultime note si chiude il carteggio.

5. Considerazioni
I rapporti dell'ispettore Valentini e del delegato della Camera di Commercio, provocati dalla denuncia di Nicola Fenili, in sintesi rivelano che:
- nei porti di Fermo, Marano, Grottammare, S.Benedetto e Porto d'Ascoli le operazioni di carico/scarico delle granaglie, oltre ad essere effettuate con procedure diverse da quelle in uso altrove, si prestano anche a manipolazioni che infirmano la precisione delle misurazioni dei quantitativi movimentati;
- a Grottammare, inoltre, l'ambiente portuale in genere soffre di gravi disfunzioni, che interessano sia l'area affidata agli operatori privati sia quella delle autorità pubbliche.
Con sufficiente approssimazione, si può ritenere che queste disfunzioni scaturissero dall'impostazione irrazionale e dalla disordinata conduzione degli spostamenti delle merci, aggravate dall'intempestivo o addirittura mancato intervento correttivo dei responsabili della dogana e del porto.
Il Fenili porta a sua discolpa l'inesistenza di leggi, specifiche del settore, ma non si può essere completamente d'accordo con lui. Infatti:
- le irregolarità della pesata sono configurabili come frode in commercio, colpa perseguibile in base alla legge comune;
- i comportamenti dei padroni delle terriere e dei facchini sono assimilabili ad azioni che danneggiano la proprietà privata e, a volte, addirittura a manifestazioni d'insubordinazione, perseguibili con la legge comune.
La repressione di tali abusi costituirebbe senz'altro un problema di enorme gravità, se caricata sulle spalle di un singolo individuo in un'amministrazione come quella pontificia del tempo. Perciò riteniamo che, giustamente, il Fenili abbia preso la decisione di scrivere direttamente a Roma per sollecitare riforme che avrebbero coinvolto in prima linea autorità di livello superiore al suo le quali, per quanto possiamo evincere dalle carte consultate, non erano state ancora interessate alla questione.
Senza dubbio esisteva il rischio che gli si potesse render conto dell'atteggiamento passivo mantenuto fino ad allora ma, pressato dai commercianti stanchi di subire soprusi, e incapace di domare gl'indisciplinati, non aveva altre vie d'uscita. Infatti qualunque tentativo di punire diecine di facchini scalmanati, che fino ad allora erano rimasti impuniti, per di più correndo il rischio di ledere gl'interessi di proprietari, gelosi custodi del loro piccolo capitale, scatenerebbe ben altri contrasti, con maggiori preoccupazioni e rischi per il governatore delle dogane. Questi, del resto, non era affatto un oscuro travet, inesperto e timoroso di rimetterci del suo, né un impiegato accorto, ma propenso a sfruttare vantaggiosamente la sua funzione di servitore dello Stato, come tanti altri suoi colleghi. Il Fenili era un imprenditore che da anni aveva avviato un'attività industriale-commerciale per lo sfruttamento del succo di liquerizia, per la quale aveva ottenuto diritti esclusivi e privilegi dal Pontefice e riconoscimenti di merito da vari uffici governativi. Si deve quindi ritenere che la situazione fosse effettivamente diventata ingovernabile.
Il Valentini propone un regolamento per ripristinare l'ordine, con una serie di provvedimenti, che riassumiamo in pochi punti:
- la formazione d'un ruolo di facchini, obbligati a portare una piastrina di sicuro riconoscimento;
- la dislocazione di un numero minimo di bracciere in ogni porto;
- l'imposizione di tariffe ufficiali, che tengano conto delle diversità naturali esistenti nei vari luoghi;
- l'introduzione in tutti i sorgitori dell'uso della pala (o palone) per riempire le coppe;
- la revisione delle coppe usate dai misuratori, sottraendole al loro arbitrio, per quanto riguarda la verifica della capacità e della loro conservazione; - l'introduzione di pene severe a carico dei violatori del regolamento. Si ritiene lecito esprimere dubbi sulla possibilità di successo di queste misure: infatti esse non modificavano incisivamente la gestione del potere, passata ormai nelle mani dei privati, sottratta all'autorità governativa periferica e completamente stravolta.
I dubbi sono giustificati anche dal fatto che l'unico deterrente introdotto per scoraggiare il protrarsi di simili, anomali comportamenti è il carcere. Proprio in quegli anni, in quelle località, a minacce solenni e clamorose di punire severamente i marinai colpevoli di emigrazione clandestina, avevano fatto seguito provvedimenti improntati a cristiana clemenza.(21) Con il risultato che di lì a pochi anni il fenomeno avrebbe fatto di nuovo apparizione.
Pertanto, in mancanza di una presenza attiva, vigilante e autoritaria dei funzionari governativi preposti, capaci di far rispettare leggi e regolamenti applicando direttamente pene senza l'intervento di tutta la scala gerachica soprastante, è impensabile nutrire ottimismo sul rispetto del migliore regolamento di questo mondo. D'altro canto non è certo questo il miglior regolamento possibile, perché sembra trascurare il motivo di fondo della vertenza, rintracciabile a nostro parere nell'insufficiente remunerazione dei prestatori d'opera.
I conti per verificare questa affermazione sono, tutto sommato, rapidi e banali. Da una parte abbiamo le spese per il carico/scarico di una barca. Nell'ipotesi che in un solo giorno si scaricassero 600 rubbia di grano nei porti del Fermano (esclusi Porto San Giorgio e Porto d'Ascoli), nella stagione inclemente e facendo capo ai magazzini più lontani, avremmo:
- uso di tre bracciere a scudi 2,5 per ogni 100 rubbi: scudi 45 - mercede per facchini per 1600 viaggi con sacchi da 3 coppe (600 rubbi x 8 = 4800:3 = 1600); a 2 baj/viaggio: scudi 32
- mercede per 4 misuratori e 4 alzatori di coppe a 1,4 scudix100 rubbi: scudi 67,2
- mercede per caporale, v. caporale e avvisatore a 0,1 baj/100 rubbi: scudi 1,8
totale (45+32+67,2+1,8): scudi 146
Il gravame su ogni rubbio movimentato sarebbe quindi pari a 0,25 scudi circa e non appare molto rilevante, tenuto conto che il prezzo medio del grano all'epoca può essere assunto = scudi 6 circa per 1 rubbio da 640 libbre (corrispondente a 217 kg circa).(22) Dall'altra parte abbiamo la ripartizione della mercede tra il personale che ha svolto il lavoro. Si trova che:
- i proprietari delle 3 bracciere incassano 15 scudi mentre gli equipaggi (15 uomini) si dividono 30 scudi, pari a scudi 2 a testa;
- i 60 facchini hanno a disposizione 32 scudi totali, equivalenti a circa 0,5 scudi a testa;
- i misuratori e gli alzatori percepiscono scudi 1,4 ciascuno;
- il caporale, il vice-caporale e l'avvisatore prendono in tutto 1,8 scudi, cioè 0,6 scudi ognuno.
In quegli anni la retribuzione degli operai, sia del settore pubblico sia del settore privato, era compresa tra scudi 0,1 e 0,4. (23)
Si può quindi affermare che facchini, caporali e avvisatori sarebbero poco al disopra della media delle retribuzioni del tempo.
Non va trascurato però un fattore di grande importanza: la saltuarietà delle prestazioni.
In mancanza di dati statistici cui fare riferimento, consideriamo indicativamente valido ciò che risulta da uno statino compilato da Giosafat Ravenna, più avanti citato. Si tratta del riepilogo dei movimenti nel porto di Grottammare nel mese di febbraio 1819. Dallo specchio riportato in fig. 2 risultano solo quattro giorni con navi all'ormeggio, che dettero luogo a 4 imbarchi di grano (500 rubbi fermani), 1 di granturco (16 rubbi fermani), 1 di carne salata e 1 di "cascio". Nella tab. 3 riportiamo le stesse quantità espresse in unità metriche.
Abbiamo trascurato i valori espressi in rubbi romani (misura annonaria) per le divergenze che si riscontrano tra quelli indicati dal Ravenna e quelli desumibili dalla conversione, come risulta dalla colonna 5.



Sono stati impiegati i seguenti rapporti di conversione, desunti dalle "Tavole di ragguaglio delle diverse misure locali di capacità, di peso ... ", Roma 1855:
rubbio fermano = 0,9530772 rubbio romano,
libbra fermana = 0,320977 kg,
rubbio fermano = 2,806480 ettolitri,
peso specifico del grano = 0,75.
La quarta fermana, corrispondente a 1/8 di rubbio, ha una capacità di 35,081 litri e di 26,31 kg di grano.
I quantitativi movimentati in quel mese, pertanto, sfiorano i 600 rubbi da noi precedentemente ipotizzati come merci sbarcate/imbarcate in un solo giorno.
Anche ammettendo che vi fossero state operazioni di scarico di granaglie e di carico/scarico di sale in quello stesso mese, non si può negare che la retribuzione complessiva mensile fosse indubbiamente irrisoria e che, pertanto, per risanare radicalmente l'ambiente si doveva affrontare in primo luogo e risolvere il problema della sussistenza dei portuali e delle loro famiglie, comune peraltro alla maggior parte dei sudditi pontifici e quindi praticamente insolubile.
Nel 1825-26 il conte Francesco Paccaroni, ottenuti alcuni privilegi dal papa impianta a Grottammare una raffineria di zucchero. Il trasporto della materia prima necessaria alla lavorazione e dei prodotti finiti avviene quasi esclusivamente per via marittima. Da una tabella del personale impiegato nell'azienda, risalente all'aprile 1843, risulta l'esistenza di un nucleo di marinai addetti alle bracciere.(24) E' lecito quindi pensare che un importante imprenditore come Paccaroni abbia cercato di risolvere in proprio le difficoltà di cui abbiamo fatto prima cenno.
Non va trascurato, in questo quadro, un episodio anteriore di pochi anni, che mette in luce le rivalità e la confusione esistenti nel settore burocratico, che certamente favorivano l'insorgere di situazioni incontrollabili dalle autorità.
Il vice-rassegnatore dei grani di Grottammare, Giosafat Ravenna nel 1817 risultava debitore di scudi 14,30 nei confronti di un certo Antonio Bastianini, di Roma, il quale, non riuscendo ad avere soddisfazione, si rivolse al Cardinal Camerlengo. (25)
Disponiamo di poche lettere sull'argomento, comprese tra il novembre 1817 e il marzo 1819, da cui stralciamo alcuni passi significativi.(26)
Il Ravenna, per giustificare il ritardo del pagamento, espone le sue personali difficoltà, affermando di essere "così esausto di denaro, che ha obbligato il sopradetto a ricorrere dall'esattore il suo onorario. Se la carica di Rassegnatore mi facesse avere le giuste mie propine, che mi si negano da Negozianti favoriti dalli Ministri Doganali, che permettono gl'imbarchi de generi a me appartenenti (...)" Queste parole sollevano appena il velo sulle relazioni intercorrenti tra i vari funzionari di amministrazioni diverse, facendoci intravedere una realtà dove gelosia ed inganni giocavano ruoli importanti.
A questo punto la memoria corre istintivamente agli episodi d'intolleranza e di conflitto scatenatisi nei porti italiani, e a Genova in modo particolare, alcuni anni fa.
Tuttavia l'istituzione di un paragone, ben documentato e su basi scientifiche, tra la situazione complessiva dei facchini di allora e quella dei camalli di oggi, richiederebbe una serie di precisazioni, distinzioni, ricorsi a fonti statistiche e legislative, ecc., che arricchirebbero senza dubbio la presente nota, ma che non possono essere affrontati da chi non ha una conoscenza approfondita della materia. Tale compito esula perciò dalle capacità degli scriventi, che si augurano che altri voglia cimentarvisi.

3. Conclusione
La vertenza a proposito dei servizi portuali offerti dai porti piceni dell'800 mette principalmente in luce l'insoddisfazione dei commercianti e dei lavoratori, oltre alla inconsistenza della macchina burocratica statale.
I primi lamentano i danni loro inflitti; i secondi, ancora non organizzati sindacalmente, esprimono il proprio malcontento con forme di boicottaggio e di danneggiamento rivolte soprattutto contro i mercanti e i vettori navali ma che, per lo stretto rapporto che lega clienti ed operatori, in definitiva si ritorcono su di essi. L'intervento delle autorità appare diretto a modificare aspetti non essenziali del problema, senza approfondire i motivi reali della conflittualità: ma la situazione generale dello stato era talmente degenerata da rendere impossibile ipotizzare una iniziativa in tale direzione.
Note
(1) L'ordinamento dei porti vigente nel 1823 era stato stabilito con Motu proprio del 31 gennaio 1820: v. Bullarii Romani continuatio, Roma 1853, Tomo XV, pp. 265-289. In proposito v. U. Marinangeli,La giurisdizione marittima nel territorio marchigiano, sta in Il Gazzettino della Pesca, nn. 6-7, Giu.-Lug. 1988, pp. 30-32, 28-32.
(2) Le voci terriera e bracciera non vengono citate nei principali vocabolari, anche specialistici, da noi consultati. E' invece presente, sotto varie forme, il termine libo. Stralciamo alcune definizioni dal:
- Dizionario di Marina medievale e moderno (Reale Accademia d'Italia, Roma 1937):
p. 398, Libo = Alleggio (barcaccia) (v. Guglielmotti) Venez. Barca o Peata da libo.
p. 19, Alleggio = Sgravio di tutto o di parte del carico, per alleggerire la nave.
p.20, Zattera o maona = dove le navi, nei porti, scaricano le merci. Anche Allibo, Alibbo, Alibo, Libo.
p.433, Maona = grosso barcone di legno, o di ferro, o di cemento armato, mosso da rimorchiatori, o da galleggianti a remi, adoperato nei porti per lo scarico e la caricazione delle merci, fornito talvolta di uno o due lunghi remi. Ancon. Mavona, v. Bettolina.
- Vocabolario marino e militare (A. Guglielmotti, Roma 1889): p. 963, Libo = qualunque barcaccia piatta, o vecchio bastimento disattrezzato, che si usa nei porti, sui fiumi, canali, e bassifondi, per alleggerire il carico di maggiori navigli. Lo stesso che Alleggio. Dicesi pur Allibo, Limbo e Lembo, che, per la sua leggerezza, tocca appena e liba l'acqua.
(3) I documenti consultati appartengono alla serie Camerlengato, parte II, titolo IX, busta 90. Ne abbiamo trascritti ampi brani nel tentativo di ricostruire, sia pure parzialmente, l'ambiente da cui provengono. La materia trattata probabilmente ha dato esito a documenti interessanti altri uffici: dogane, polizia, ecc. Tenuto conto dello scopo della presente nota, (fornire materiali ed indirizzi per future ricerche al fine di tracciare una storia della marineria picena dell'800), per il momento non sono stati effettuati sondaggi in altri fondi di archivio. Così pure non sono state condotte investigazioni per rintracciare il Motu proprio, che potrebbe essere stato emesso a conclusione della vicenda.
(4) Lettera del 6.3.1823 indirizzata a E.za R.ma (il Camerlengo). Ricordiamo incidentalmente che Nicola Fenili, insieme al socio e cognato Nicola Pio Mascioli, aveva ottenuto la privativa per la produzione del succo di liquerizia. In proposito esiste un voluminoso carteggio all'ASR, di cui ricordiamo solo la serie Camerlengato 1824-54, parte II, titolo III, buste: 30, fasc. 339; 43, fascc. 780-87; 44, fasc. 817; 46, fasc. 903, di cui lo scrivente si è servito per la compilazione di uno studio sulla fabbrica grottese di liquerizia, non ancora dato alle stampe.
(5) A seguito di ricerche condotte dallo scrivente, risulta che negli anni 1823-1835 e 1840-1843, nell'ambito del 1° circondario marittimo dell'Adriatico il porto di Grottammare è superato solo da quello di Civitanova per movimento di navi e di merci, cfr. A. Silvestro-S. Silvestro, Da Ancona a Napoli, via Grottammare, con Raffaele Pontremoli, pittore di battaglie. E qualcos'altro ancora, Grottammare 1991. Non è possibile però formulare alcun apprezzamento in merito alle conseguenze provocate dagli abusi, oggetto del presente studio, al traffico portuale del paese piceno. Alla famiglia del governatore della dogana apparteneva l'insegnante Rosa Fenili, moglie di Pio Salvi, maggiorente locale e poeta in vernacolo, vissuto a cavallo dei secoli XIX-XX.paese piceno. Alla famiglia del governatore della dogana apparteneva l'insegnante Rosa Fenili, moglie di Pio Salvi, maggiorente locale e poeta in vernacolo, vissuto a cavallo dei secoli XIX-XX.
(6) Appunto del 19 marzo 1823.
(7) Lettera 292.106 del 15 luglio 1823.
(8) Aggiungiamo un breve cenno sulle carceri di Grottammare. Inizialmente erano situate al paese alto, non lontano dal Torrione della Battaglia. Successivamente furono trasferite alla marina. Nell'attuale via Cairoli ancora alcuni anni dopo la fine della 2^ guerra mondiale, esisteva l'edificio delle prigioni, successivamente demolito e sostituito da un'anonima casa per abitazione. Negli anni venti-trenta del 1800 in dette prigioni vennero rinchiusi alcuni dei marinai sambenedettesi emigrati nel Regno di Napoli tra il 1823 e il 1834, di cui si trattato in altro lavoro. In occasione della liberazione di Grottammare nel 1860 le carceri vennero sovraffollate dai soldati pontifici catturati a Marano dai Cacciatori del Tronto. Per qualche altra notizia, cfr. A. Silvestro, Le carceri di San Benedetto. Una tormentata vicenda, La Riviera delle Palme, n° 3/4, mag.-giu. 1992, p. 4.
(9) Nota del 2.8.1823.
(10) Lettera 280 del 28.8.1823.
(11) Nota del 22 10.1823.
(12) Lettera 1175 del 28.10.1823.
(13) Lettera 378 del 26.10.1823.
(14) Nota del 14.10.1823.
(15) Lettera del 10.11.1823.
(16) Nota del 6.12.1823.
(17) Lettera del 12.12.1823.
(18) Lettera del 18.11.1823. Riportiamo una delle frasi di Valentini, riferita ai porti da Fermo verso il confine meridionale: "li Facchini sono usati ab antiquo, di percepire nell'atto del trasporto un tanto per sacco, a seconda della lontananza dei Magazzini (...) non sembra addattabbile uniformarli a quelli di Porto Recanati, e Civitanova, cioè di fargli fare un ammasso comune per quindi dividersi in eguali porzioni, e che usandosi in questi Porti un tal sistema, apporterebbe per parte di essi Facchini, una infingardaggine per schivarsi al lavoro, e ciò provato coll'esperienza".
(19) Nota del 7.1.1824.
(20) Nota del 7.1.1824.
(21) A.Silvestro - S.Silvestro, L'emigrazione di marinai sambenedettesi nel Regno di Napoli (lavoro in corso). (22) S. Pinchera, a c. di, I prezzi di alcuni cereali e dell'olio di oliva sui mercati dello Stato Pontificio (dal 1823 al 1860) ed a Roma (dal 1823 al 1890), Roma 1957, p. 13 tab.1.
(23) G. Friz, Burocrati e soldati dello Stato Pontificio, Roma 1974, p. 52. Nel testo l'A. dà una rappresentazione della burocrazia pontificia (che solo eufemisticamente possiamo definire sconfortante) e riporta un elenco dei mansionari di vari uffici centrali e periferici, nei quali non compaiono né il governatore di dogana né il rassegnatore di grano.
(24) Cfr. A. Silvestro, a c. di, Lo zuccherificio di Grottammare, in corso di stampa.
(25) Nello stato pontificio si ricorreva spesso alla somma autorità per risolvere anche questioni di poco conto. Nel Regolamento di Valentini troviamo la seguente frase indicativa: "nel caso di una qualche mala intelligenza, e contestazione ecc. che potesse accadere tra li Facchini, Braccieranti e Commercianti, si dovrà rivolgere per la Conciliazione, all'Ispettore de' Porti, e Sanità Marittima del proprio Circondario, il quale poi non riuscendo alla Conciliazione, dovrà rivolgersi all'E.mo Sig. Cardinal Camerlengo per le finali determinazioni". Va tenuto presente che i rapporti tra N. Fenili e G. Ravenna erano certamente influenzati dalla conflittualità concernente alcune aree fabbricabili del nuovo incasato, trascinatasi per molti anni. In proposito, cfr. A. Silvestro, Cartografia ed iconografia di Grottammare 1790-1830, in V. Rivosecchi, a c. di, Grottammare, scritti vari, in corso di stampa.
(26) ASR Camerlengato, parte I, Tit. XII, busta 90, fasc. 11/12, lettera del 4 marzo 1819.

Fonti archivistiche
ASR Camerlengato, parte I, titolo IX, busta 90, fasc. 38/6, Marina;
ASR Camerlengato, parte I, titolo XII, busta 96, fasc. 1/5, 11/10, 11/12, Annona e Grascia.


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