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Presentazione critica:
prof. ANNA DELL'AGATA
docente di Storia dell'Arte, Critico e Artista
Quando ricevetti Claudio Bonanni, con una trentina di sue opere, "tecnicamente interessanti" a detta di Angela Rorro, che me lo segnalava a telefono da Roma, non potevo immaginare che la sua produzione sarebbe in poco tempo così aumentata in numero e qualità. Questo "distinto signore dai gentili modi all'antica", come scrivevo in una prima nota, manifestava, anche sull'onda di questo primo input e consenso, nella sua " giovinezza matura", una non comune "vis creandi"; quell'energia, che l'aveva animato da giovane in una fortunata carriera dalla rappresentanza alle creazioni di moda nella pelletteria, come si legge in altre pagine del catalogo, continuava a nutrirlo, mettendo in moto quasi una metamorfosi esistenziale da .... "bruco del commercio" a "farfalla dell'arte", che certo traccia un iter di ascesa e gratificazioni nella lotta contro le ombre della vita.
Nasce così, storicamente strutturato, un artista naïf, nel senso più puro del termine. Artista nel senso classico ed etimologico del termine: la radice ar, nella nostra antichissima lingua madre, il sanscrito, significa fare, infatti il primo lavoro dell'uomo sulla terra è arare; così artifex è colui che fa con sapienza tecnica ( ars equivale alla técne dei Greci) e proprio con sapienza tecnica Claudio Bonanni ha restaurato armi e mobili antichi. Naíf, poiché le energie e gli interessi di una vita erano altrove rispetto all'amore dell'arte, dei suoi codici e della sua storia. In questo rapporto con il nuovo impegno, in un nuovo per lui campo, Bonanni si è dimostrato, come sempre, attento e recettivo, mettendo a frutto subito input e nozioni dell'arte e dell'estetica. Ma la parola naíf è ambigua nelle sfaccettature dei suoi significati storici, tanto che Bonanni, temendo un'ipoteca critica dall'essere incluso in questa categoria, mi chiedeva: " ma sono veramente naïf" Certo la moda dei naíf che dilagò nel mercato d'arte negli anni settanta e che fece la fortuna di molti "sapientissirni" artisti iugoslavi, i quali seppero fondere l'antichissima tradizione e vocazione al decorativo della cultura balcanica, nella radice bizantina, all'amore di un mondo "primitivo", contadino, nel racconto di casette, alberi e pomi e suonare di note cromatiche di foulard e costumi del folclore magari su un bianchissimo sfondo di neve, è del tutto estranea allo stile di Bonanni. Questo è essenziale, fatto di pochi elementi di racconto, intelaiato da una semplice geometria compositiva, che organizza un misurato dialogo tra sfondo, piani e figure, come anche misurato è il rapporto cromatico, impreziosito dalle lacche finali, nell'accordo dei pochi colori che usano gli ebanisti con i legni pregiati, tra cui, letteralmente "dilagante" è un blu azzurro che invade campiture di laghi e mare tra monti e lingue di terre e ocre e bianchi muretti di piazzette terrazzate sul mare e claquer -schioccare- di rossi in piccoli particolari. Uunico prestito dalla tecnica della pittura tradizionale è la biacca che punteggia e accompagna flora e rami e spume di onde a ornare coste e rocce sull'acqua o stendersi largo di manti di neve sui monti.
Abbiamo chiesto all'artista di spiegarci il procedimento di questa originale tecnica "pittorica," nata dal suo amore per il legno." In un primo momento, nel 1989, ha usato la radica di rosa per intagliare due suggestive figure di cani, il suo boxer ed un altro e già questo primo risultato ci sorprende e si inscrive in belle sintesi figurative di sapore colto novecentesco; poi ha applicato delle sezioni della stessa radica su uno sfondo, giocando sugli effetti modulati della corteccia in senso astratto, inseguendo una lettura delle forme casual naturali, come quando si legge nelle nuvole una figurazione o nelle macchie d'umido del muro, come diceva Leonardo; subito si vedono mostri, fantasmi, maschere un po' surreali, animali fantastici e due di queste opere si prestano a doppia interpretazione capovolgendo il quadro; poi sono nati alberi come funghi, in cielo un'astratta nuvola di radica gialla e monti tra cui sorge o tramonta un sole fatto dalla chiara betulla; c'è una radica di rosa in fantasia botanica con un uccello su cielo rosa cangiante in grigio. Perciò possiamo dire che l'artista, salvo l'iniziale omaggio ai cani, percorre in senso inverso il più comune iter di ricerca, partendo dall'astratto per approdare al figurativo e pure i soggetti vedono prima ambienti di natura, una selva di alberi, monti, dove poi compare la figurina umana e poi più figure fino ad approdare, lasciando la sua più diffusa tematica di paesaggi e natura, a tematiche di satira sociale e di costume. A guardar bene in quei primi quadri astratti, sono contenuti gli sviluppi naturalistici successivi.
Posto di fronte alla costruzione di un quadro figurativo, l'artista per prima cosa fa un disegno, perciò già vincola il risultato a quella definizione mentale e grafica, diversamente da gran parte della tradizione artistica moderna, in cui l'artista inventa e modifica fecendo, (Picasso dirà: "il quadro è il risultato di distruzioni") e perciò l'artista-artifex Bonanni si inscrive in un concetto classico del fare e non "romantico", -per semplificare interessanti discorsi di critica, estetica e storiografia per cui non abbiamo qui spazio e tempo- Poi organizza i legni con cui compone il quadro e su un compensato di sfondo applica, ritagliandole con le sagome di carta dal disegno, le forme e sceglie i diversi legni pregiati secondo la funzionalità estetica delle loro caratteristiche, nell'andamento più o meno marcato delle venature, che entrano con valenza estetica, specialmente il frassino, nella composizione; per le figure applicate in maggior rilievo usa sempre il tiglio. Queste figure sono sgrossate con seghetti elettrici e definite man mano con coltelli e scalpelletti e alla fine rasate con carta abrasiva, come del resto è rasato il compensato di fondo coi prodotti turapori, la cementite o altro. E' ovvio che qui la necessità tecnica, per la durezza e qualità delle fibre lignee, condiziona uno stile figurativo non classiconaturalistico ( anche se la grande tradizione di maestri scultori e intagliatori dal rinascimento italiano e fiammingo ci rivela straordinari e impensabili esiti nel linguaggio classico.) ; ma del resto la stilizzazione moderna del XX secolo, dalle premesse di Gauguin e soprattutto dal cubismo, non è partita, nel rigetto di una estenuata tradizione accademica, dall'amore della scultura africana ed esotica in genere, basata sulla definizione a facce con diedri del legno, confluendo in un generale gusto del primitivo, sia esso esotico, popolare o infantile? Le figure che si raccontano nei quadri di Bonanni hanno tutte un carattere filiforme negli arti a partire da una quadratura forte delle spalle. Così gli alberi spogli hanno rami che terminano a spina, come foglie lanceolate ed è facile immaginare come questo disegno corrisponda al taglio del coltellino. Perciò siamo approdati, nelle considerazioni, al sottile confine che segna il passare dall'artigiano all'artista. Claudio Bonanni ha creato un suo stile pittorico, usando colori e tinture impregnanti degli ebanisti, fino alla lucidatura finale "alla francese", con le classiche lacche da resine; tamponi di lino su anime assorbenti di lana e altro servono in questa fase finale. Dalla prima sperimentazione con la radica di rosa, ha provato i vari legni pregiati, caricando i toni naturali con l'impiego di impregnanti specifici nella varie gamme cromatiche, epperò siccome la tecnica non è mai fine a se stessa, Bonanni nello stesso tempo crea un racconto, pur di un mondo già antico, sull'uomo, natura e società, tracciando satire di costume e discorsi critici sul potere di risonanza ideologica populista o tranquille scene contemplative spesso con coppiette, tra mare, laghi, monti e campi e angoli di paese e questo travalicare dal fatto tecnico formale ai contenuti del pensiero certo non è proprio degli artigiani ! Tornando alla tecnica, ogni strato, e spesso sono quattro o cinque strati da uno a sei millimetri che disegnano a rilievo il quadro, ogni strato, dicevo, è lucidato separatamente, cosicché l'operazione finale consiste nell'assemblaggio del tutto.
Questa tecnica però, a differenza della comune esperienza degli artisti, abituati a poter correggere all'infinito, non ammette pentimenti; una volta lucidate le superfici, cioè passata la lacca, il tutto diventa irreversibile, poiché la natura stessa della lacca non permette più nessun assorbimento. Perciò anche questo è un limite, che sottolinea la necessaria abilità artistica di un progetto a priori.
Ora nel rapporto tra tecnica e stilizzazione, vediamo quali sono altre costanti che denotano il suo stile. Le figure, pur nel loro linguaggio naïf popolare, hanno una carica di espressività nella distorsione degli arti e in una tensione muscolare di sapore espressionista e così le facce sono spesso maschere con ghigno. Nei paesaggi lo spazio è ampio e nello stesso tempo ben controllato su una centralità che organizza la composizione nella ritmica dei piani convergenti o in fuga; c'è un quadro interessante, "Paese di montagna", dove le cime dei monti innevate nel loro stilizzato ritmato profilo possono sembrare vele o denti di uno squalo, mentre le sagome degli andamenti terra possono sembrare pesci e i cipressi pinne; in "Cavalli al pascolo" sullo sfondo sono montagne di ghiaccio a punte di iceberg celestini. E questa è l'alchimia dell'artista nell'ambiguità.
Tipico dell'espressione naïve è il codificare stereotipie descrittive: casette modulo che si ripetono punteggiate da finestre-occhi; nel "Ritorno a casa" una coppia contadina in sosta contempla un paese giocattolo; strade, viottoli, mattonati e muretti sono definiti dalla uguale estensione del reticolo o dei mattoni; nei piani intermedi alberi piccoli come bonsai; chiome di alberi in forme chiuse lobate, come cuori venati o ventagli orientali; i tronchi verticali e paralleli, le erbette segnapiano lineari come esili uguali frangette.
Ma accanto a questa piana descrizione naïve, la vena di Bonanni pittore si esplica sui fondi, in un gioco di sfumature veramente suggestivo e di particolare, date le lacche, valenza pittorica. Gli orizzonti sono, più spesso, luminosi di sfumature abbracciate di rosa e aranci, come nella pittura veneta, e i cieli salendo trascolorano in grigi caldi o da violetti ai verdi turchesi; le grandi distese d'acqua sono d'un blu azzurro terapeutico, che distende e cattura, reso ancora più prezioso dalla lacca; mentre i laghetti sono verdini o d'un verde smeraldo e le isolette grigiocelestine. Ne "L'alba", un cielo giallino e poco rosa avanza su un blu inchiostro chiaro, mentre nei campi le venature del legno dicono di coltivazioni rosso lacca.
L'artista, mentre racconta ingenuamente, ma è saggiamente critico sul mondo sociale, compone però in modo semplice e questa composizione, negli elementi del racconto, è sempre equilibrata, legata nei piani intermedi da un buon rapporto. Vediamo alcuni quadri. Ne "I nudisti", dove il colore del legno dà caldi effetti sugli incarnati, Bonanni colloca, sul rilievo a due livelli, armonicamente pausati, tre persone, tre ombrelloni e, in secondo piano, tre bagnanti in acqua, su un orizzonte pittorico indefinito. "Il barcaiolo" è disegnato con essenzialità su moduli triangolari; al centro di un 'acqua blucobaltoltremare, corpo, braccio e remo sono cateti e un cielo giallo verdíno si stacca da un marrone triangolo di terra. Anche ne "I fidanzatini" c'è una descrizione essenziale e quasi metafisica sui tre strati a rilievo: al centro di un primo piano, seduti di spalle su una chiara panchina di pietra, camicia bianca lui, rosaarancio lei su gonna verdina, si stagliano su un'ampia darsena d'un azzurro fascinoso, segnata in alto da un geometrico molo con faro a tetto rosso, su un cielo bellamente sfumato di rosa.
I personaggi di Bonanni, uomini o animali, abitano ancora un mondo di idillio, prima della soffocazione urbanistica e della rivoluzione industriale: paesaggi di boschi , prati e monti e coste e spiagge o terrazzi sul mare; raramente la natura è maligna, come ne "La tempesta", dove sofferenti alberi chinati, carichi di espressionismo, evocano anche esiti futuristi. C'è un quadro che prediligo, nella selezione della mostra, ed è "Terremoto a San Giuliano"; qui Bonanni ha un modo di comporre e dipingere, che mi ricorda momenti degli anni trenta, specie nel particolare del mucchio di case cadute, analogo a stilemi novecento e a certe soluzioni ceramiche di Leoncillo.
Ci sono grandi nudi in primo piano e una slanciata signora, con cappellino e cagnolino a guinzaglio, guarda il mare blu da una terrazza. Il cacciatore è marrone mimetico come il bosco e la terra che lo contengono, mentre "Le Lucciole" abitano lampioni e fuocherelli. In "Moda oggi" è evidente il gioco di ambiguità nella definizione delle polarità maschile-femminile. "I Sapiens", con i loro simboli sociali di abiti e bombette, ignorano l'ometto qualsiasi, piccolo, di fronte a loro che vanno, come un bambino; "I Contestatori", giovani longilinei, scrivono su cartelli il loro dissenso, mentre in "Fantasia alle stelle", in una emotiva conversazione su muretto, si alzano le teste dei ragazzi su un filo dalle spalle, come nelle marionette. E proprio alle marionette sono simili questi personaggi, nel loro codice naíf a stilizzazione lineare e questo svela il modo di rapportarsi dell'artista, critico, con il mondo che descrive e fa parlare. C'è un altro quadro impressionante, "Gli Spiriti": in una stanza, a parallelepipedo aperto, disegnati in dicromìa bianco marrone scuro, tre spettri spaurano, come mummie in bozzoli.
Abbiamo seguito così il lavoro di Bonanni come artifex e come artista di tematiche di ricerca astratto formale, di natura, di vita quotidiana e di satira sociale e di costume; ora facciamo alcune considerazioni sulla attualità e validità estetica del suo prodotto.
Da quando, un secolo fa e più, il rigetto, come dicevo, di una estenuata tradizione dell'arte classico naturalistica, ha reciso quel cordone ombelicale con la Storia, gli artisti si sono sentiti liberi di affrontare e parlare del nuovo. In nome della modernità le avanguardie artistiche del XX secolo hanno creato, nel primo quarto del secolo, tutto quello che si poteva inventare al di fuori di quella proiezione culturale storica, ma in questa grande euforia creativa, hanno buttato, come si dice, con l'acqua il bambino, cioè l'esperienza tecnico formale, che durava forse, evolvendosi, da millenni. Accanto a poche isolate valide ricerche e validi artisti, quanto trash, cioè mondezze ha creato lo stordimento del nuovo per il nuovo e quanta noia nella palude, che si è formata nel vuoto storico! Così i mediocri, nell' assenza di altre voci, diventano famosi, a tutto guadagno di energie, che, mancando un vero confronto di qualità, convergono sugli affari. Eppure, accanto a tante poetiche di artisti, pur capaci, ma che non hanno fatto altro che attingere al gran piatto delle avanguardie storiche, per identificarne un boccone con la loro firma, accanto a tante tautologie critiche, nella vanitas di un parlare stentato e artificioso, sempre qualcosa si elabora e si rigenera.
Ricordo, negli anni ottanta, passeggiando a Roma con il compianto amico Tullio Catalano, artista e critico d'avanguardia, (il quale dalla metà degli anni sessanta, come compagno d'università, mi aveva presentato, allora giovani, i più noti nomi del mercato d'arte), di aver incontrato, a piazza del Popolo, artisti, che stavano studiando, come scoperta e novità, il Trattato sulla Pittura di Cennino Cennini, allievo di Giotto. E io stessa, negli ultimi due anni del mio insegnamento, ebbi modo di organizzare a Roma il primo e unico, che io sappia, corso di aggiornamento sulla "Storia delle tecniche artistiche", constatando che docenti e non, accademici o delle Soprintendenze, avevano fame e sete di questa cultura materiale.
Ora Claudio Bonanni, per amore del legno, fibre di esseri viventi che continuano a vivere per noi nel tempo, ha recuperato una tradizione tecnica, usandola per fare Pittura creando discorsi e interrogativi. Tutto ciò lo ha fatto con Arte e Fantasia e in fondo il risultato consiste in un oggetto complesso, elaborato, pittura e un po' scultura, gradevole, dai colori misurati e luminosi in accordi caldi, che sicuramente non è soggetto di usura a breve termine, come tanta pittura e produzione sperimentale contemporanea. Ha spontaneamente usato lo stile naïf, che è più resistente nel gusto, poiché lavora sugli archetipi. In questo modo si è salvato da quel penoso, perdente impari confronto con la grande storia dell'arte, di certi che vogliono fare oggi il figurativo, non possedendo il training e le abilità nemmeno dei garzoni di bottega dei vecchi maestri.
E poi la parabola esistenziale di Claudio Bonanni, da ragioniere e capitano nel commercio ad artista e anche impresario di sé come artista, ci fa riflettere sul suo significato di ascesa e sulle valenze pedagogiche e socialmente terapeutiche dell'arte.
Sicuramente se la pittura, come la musica e le altre arti, si diffondessero nel mondo del potere e tra i nostri politici, potremmo caricare di speranze più vitali il nostro futuro.
Pineto, 20 novembre 2003
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