la monaca, in una miniatura
Hildegard von Bingen

Fra le prime suore scrittrici spicca soprattutto la figura della mistica Hildegard di Bingen, autrice non solo di opere di edificazione religiosa, ma anche di trattati di medicina e di scienze naturali, di numerose lettere e di un’autobiografia, giuntaci frammentaria. Vissuta tra il 1098 e il 1179, la benedettina Hildegard entrò prestissimo in convento, addirittura a otto anni. La sua intensa produzione di testi scritti si accompagnò a quella musicale. Riscoperte negli ultimi decenni, le sue composizioni sacre, redatte come accompagnamento alla lettura dei salmi e delle proprie poesie, sono oggi molto conosciute e apprezzate. Esse sono influenzate dal canto gregoriano, anche se contemplano solo lo sviluppo delle melodie, senza accompagnamento armonico, probabilmente perché la badessa, come spesso accadeva alle altre sorelle musiciste, non conosceva la teoria musicale.

L’opera letteraria più importante della benedettina è il Liber scivias (da «sci’ vias lucis»: conosci le vie della luce), il cui manoscritto originale, insieme a quello di un’altra sua opera, Revelationes, si presenta riccamente illustrato da complesse miniature allegoriche. Il titolo spiega il contenuto dell’opera: Hildegard, all’epoca quarantaduenne, traduce in parole la visione luminosa di Dio che dà corpo prima all’universo e poi alla terra, popolata da chiese e da città. Si tratta dunque di un’opera mistica, di grande forza espressiva e di notevole suggestione, in cui la vita viene intesa, in ogni suo aspetto, come amore. Essa fu forse dettata a un uomo, il canonico Volmar, per paura che la redazione ad opera di una donna fosse inadeguata o scorretta. Numerose sono, infatti, le testimonianze del senso di insufficienza provato da Hildegard, in quanto donna, prima e durante la stesura. Sappiamo che la decisione di intraprenderla fu merito soprattutto dei consigli dell’amica e allieva Riccarda, che la spronò a ricercare la forma letteraria, appannaggio solo degli uomini, dal momento che Dio stesso glielo chiedeva.

Veggente e visionaria, in tutti i suoi componimenti poetici l’autrice puntava a esprimere l’estasi, autodefinendosi «tromba di Dio», oppure «piuma del respiro di Dio», cioè tramite delle visioni e dei suoni celestiali. Durante la scrittura, sosteneva di essere guidata da un voce. Nonostante le forti insicurezze, legate all’anomalia della propria condizione di protagonista della cultura, Hildegard divenne anche un’amministratrice e una diplomatica di notevole livello. Ciò avvenne dopo gli incoraggiamenti di Bernardo di Chiaravalle e poi dello stesso papa Eugenio III. Fu proprio l’approvazione del pontefice, anzi, a spronarla a scrivere, rendendola più sicura delle sue possibilità. Una scrittrice che si fosse mostrata altrettanto audace nelle formulazioni cosmologiche avrebbe rischiato, senza la protezione papale, di essere duramente messa al bando. Pur nel rispetto eccezionale che la circondava, Hildegard accettò sempre il principio dell’inferiorità femminile. E oscillò tra misoginismo e masochismo, parlando spesso dell’«inadeguatezza femminile» e della propria. Nonostante la svalutazione del proprio sesso, seppe difendere con grande decisione le proprie idee, fondando prima e amministrando poi, con saggezza, polso e anticonformismo, il convento di Bingen.
La vicenda di questa fondazione è degna di nota. Si trattò, infatti, della prima edificazione conventuale voluta e diretta da una donna. Dopo il riconoscimento ufficiale della sua grande cultura, avvenuto durante il sinodo di Treviri - fatto davvero eccezionale per una donna - molte giovani aristocratiche, attratte dalla personalità di Hildegard, chiesero di diventare sue discepole. Dal momento che le richieste erano troppe, l’autrice di Scivias individuò la zona per fondare un convento proprio e lo fece, dopo aver superato enormi difficoltà burocratiche e pratiche, nel 1150, in una contrada selvaggia vicino a Bingen. In seguito, la vita del convento fu oggetto di aspre critiche, per le numerose licenze poco convenzionali. La badessa, per esempio, consentiva perodicamente alle sorelle di togliere il velo, sciogliere i capelli e indossare anelli. E, in generale, seguiva i precetti della propria filosofia medica, che si fondava, ben diversamente da quella più diffusa nel Medioevo, sull’armonia di corpo e mente. Puntando al benessere di entrambi, si adoperava per creare un clima rilassato e festoso tra le mura del proprio convento.

Negli ultimi anni di vita, Hildegard divenne anche predicatrice, fatto rarissimo per una donna. La badessa teutonica, insomma, fu quasi una femminista ante litteram, capace di sfidare le convenzioni sociali. Lo faceva perché pensava le fosse imposto da Dio, e non perché volesse valorizzare il proprio sesso. Ma il risultato non cambia. La volontà divina era, d’altronde, l’unica giustificazione possibile, allora, per l’autolegittimazione intellettuale del genere femminile.

Da “CONTROCORRENTE.IT”
Le prime scrittrici europee
di Margherita Ganeri

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