OPPOSIZIONE IX
Sull'attribuzione della costruzione di un antico palazzo di Marano al condottiero Francesco Sforza secondo il monaco Bernardo Faustino Mostardi.
Fra le tante "verità storiche" che il Mostardi costruì ex nihilo, ve n'è una che ha attirato la mia curiosità, benché essa sia di minor conto ai fini di questo studio: l'esistenza di un "palazzo Sforza" a Marano. Scrive il monaco (pag. 214 del volume Cupra): "Francesco Sforza con i suoi mercenari occupa il Piceno nell'intento di farne un suo dominio... Nel 1412 castel Marano passa sotto il dominio di Francesco Sforza e vi rimane per 13 anni". Riferendosi poi ad una "solita pergamena" custodita un tempo nell'Archivio Comunale di Cupra Marittima, ma oggi puntualmente dispersa more solito, continua dicendo: "Nello stesso anno tra lui e il comune di Marano si pattuiscono le condizioni di pacifica convivenza>/I>". Per prima cosa è da rilevare la confusione degli avvenimenti e l'errore di datazione che fa il Mostardi, in quanto non fu nel 1412 che Francesco Sforza, undicenne, si "impadronì di Marano", ma nel 1433, trentaduenne, quando occupò la Marca d'Ancona a nome del duca di Milano Filippo Maria Visconti; l'anno dopo, papa Eugenio IV, costrettovi dalle circostanze, lo nominava Vicario della Marca e Gonfaloniere della Chiesa. Per seconda cosa, il Mostardi, dopo aver fatto riferimento ad una sconosciuta pergamena, inventa i patti tra lo Sforza e il "comune di Marano", come se quest'ultimo avesse un certo peso politico e militare nel contesto del tempo, quando invece non era un libero comune, ma mediocre castello politicamente e militarmente impotente sottomesso a Fermo. In verità fu Fermo che venne a patti con lo Sforza, il quale vi pose nella città come governatore il fratello Alessandro. Ma continuiamo con il racconto del Mostardi: "Lo Sforza nel 1444 faceva costruire un palazzo, ad oriente della chiesa di S. Maria in Castello. Nel gettare le fondamenta, poneva una pietra su cui era incisa la memoria - Francesco Sforza - a difesa di Marano - nell'anno del Signore 1444 - indossando il bianco camice - murò"; siamo arrivati quindi al nocciolo della questione. La costruzione del bel palazzo di fine Quattrocento, che ancora oggi possiamo ammirare nell'antico borgo di Marano, in realtà è attribuita alla famiglia Brancadoro di Fermo, la quale fece incidere un'iscrizione e lo stemma sulla cappa di un camino situato in una stanza del palazzo. Il Mostardi inventa poi, ispirandosi alle fantasie narrate da Ernesto Ciucci su un libello , l'esistenza della lapide dedicatoria composta dallo stesso Sforza, che in verità nessuno ha mai visto, e in una nota del suo volume ne da addirittura le dimensioni (pag. 214, n. 9). Conclude infine che "...suo fratello Alessandro risiedeva abitualmente nel palazzo di Marano", quando invece le cronache del tempo ci riferiscono che Alessandro Sforza risiedeva a Fermo, nella rocca del Girfalco. È da ritenere con certezza che tutta questa storia imbastita sia esclusivamente frutto della fantasia del Mostardi, il quale, senza documenti ufficiali e senza fonti storiche, ha plasmato questo racconto traendo ispirazione in parte, come già ricordato, alle fantasie narrate dal Ciucci, ed in parte ad alcune patrie memorie appartenute a castelli limitrofi, come Grottammare. Risulta infatti che in questo centro vi soggiornasse più volte lo Sforza durante l'assedio che teneva a Ripatransone nel 1442, e che a Grottammare vi lasciasse la novella sposa Bianca Maria Visconti, come ci dimostra una lettera che costei scrisse da questo castello alla città di Macerata: "...Ex Gructis in Mare die vigesimaquarta Septembris 1442. Blanca Maria Vicecomes Comitissa, Marchionissa, et Cremonae Domina etc ..." . Altra importante testimonianza della presenza degli Sforza a Grottammare ci proviene da Pietro Candido Decembrio, capitano generale delle truppe di Francesco Sforza e suo segretario, il quale scrisse che in questa terra vi nacque intorno al 1435 Sforza Secondo Sforza, figlio illegittimo di Francesco e della sua concubina Giovanna d'Acquapendente: "... Eo anno filium suscepit nomine Sfortiam ad Cryptas ortum Picenas, secundum ab illo qui prius interierat...
".
E tutto questo penso che possa bastare. Amen.
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