Curriculum di Alberto SILVESTRO

Rendiamo grazie a frate Angelo Rocca

Uno soprattutto, tra i meriti di questo insigne agostiniano, merita di essere rammentato a quegli studiosi di storia picena che si arrovellano il capo, tormentati dal dubbio che la lapide adrianea di S. Martino al Tesino abbia in qualche modo tentato d'imitare l'aerea S. Casa di Loreto, in scala molto più modesta beninteso, trasferendosi da Marano alle Grotte con un volo di pochi chilometri.
A noi lettori ansiosi, ma spregiudicati, delle pagine che insigni studiosi della civiltà e della cultura cuprense hanno dedicato all'argomento, in verità era balenato da tempo il sospetto che una pietra pagana non potesse comportarsi come la Casa Lauretana. Abbiamo anche tentato di estendere il fronte dei dubbiosi, senza riscuotere grande successo. Così ci siamo dedicati ad altri temi.1
Nel frattempo lo schieramento dei sostenitori della identità del tempio della dea Cupra con la chiesa di S. Martino si è arricchito di un paladino di grande levatura nella persona di d. Vincenzo Galiè che, con l'uso di solidi argomenti, ragioni convincenti e numerosi riferimenti storici e archivistici, il tutto condito con una rimarchevole dose di schietto umorismo paesano di buona lega, si è impegnato per fiaccare gli avversari. Purtroppo senza concreti risultati perché, si sa, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire e di questi sordi ce ne sono tanti in giro.2
Ma cosa c'entra Angelo Rocca in questo quadro? Con un po' di calma da parte nostra e con molta pazienza da parte di chi legge cercheremo di mettere in luce l'importanza del suo ruolo in questa vicenda.
Sia ben chiaro: il suo è un ruolo importante, sotto certi aspetti fondamentale, ma non decisivo. Infatti la scienza otorinolaringoiatrica miracoli non ne può fare e nemmeno Angelo Rocca che, seppure divenuto vescovo, non è stato canonizzato.
Nel novembre 1583 egli ebbe la ventura di trovarsi a Grottammare. Infatti, come segretario generale degli agostiniani, accompagnò il Priore generale dell'ordine, il vicentino Spirito Anguissola, in occasione delle sacre visite compiute ai conventi agostiniani di Marche, Abruzzo, Puglie, Campania e Sicilia tra il settembre di quell'anno e il giugno 1584.3
Frate Angelo era un uomo di lettere e di scienza, appassionato studioso di storia e di geografia, animato dal desiderio di lasciare ai posteri sicure testimonianze scritte ed iconografiche dei luoghi visitati. A suo perpetuo ricordo rimane la Biblioteca Angelica, da lui fondata.
Un testimone eccezionale, quindi, di come erano conformati certi paesi e certe città nell'epoca in cui egli visse, in comunanza d'idee e d'intenti con coloro che vollero realizzare in Vaticano la galleria delle carte geografiche.4 Un testimone, beninteso, degno della massima stima e fiducia in considerazione delle sue qualità e che, tra l'altro, come responsabile della Tipografia Vaticana collaborò strettamente con Sisto V, rinnovatore della Città Eterna.5
Dal manoscritto traiamo il brano dedicato al paese natio di Felice Peretti.
"Grotte à mare
Grotte à mare è terra maritima esposta assai alli rubbamenti de' Corsari. Da' latini è detta "Cripta maritima" cioè Venere (così detta per essere sotto una ripa) et hebbe origine dalla Dea Cupra marina (Cupra montana l'altra), come dicono molti che vogliono quivi havesse già il suo domicilio essendoci quivi, sin'al dì d'hoggi il suo Tempio rifatto da Traiano Imperatore dopo la distruzione che fecero i Gothi per tutta quasi Italia: et hora chiamasi S. Martino Abbazia del Vesco di Fermo. Nella qual chiesa ritrovasi hoggi dì una pietra in un Altare, che ha scolpite q.ste parole: Imperator Caesar Divi Traiani Partici Filius, Divi Nervae Nepos Traianus Adrianus Augustus Pontifex maximus tribunitiae potestatis XI Consul III munificentia sua Templum Deae Cuprae restituit.6 In q.sta Chiesa al tempo d'hoggi si celebra l'anno S.to come fosse in Roma ogni volta che il po giorno di luglio viene di domenica. Detto dono preziosissimo fu lasciato da Papa Alessandro 3° il quale fuggendo i furori di Barbarossa se n'andò incognito a Venetia, dove fu ritrovato nel Convento della Charit (...) tra' più vili famegli che ivi fossero. Onde riconosciuto fu rimesso in sedia da quel Sereniss. et christianissimo senato. Humiliato Barbarossa per la perdita d'un suo figliuolo che fu fatto prigione nella guerra navale, andando dunque il detto Papa in una galera alla volta di Ancona per ritornare a Roma fù assalito da una tempesta di Mare, et gittato alla drittura di detta Abbatia alla quale per memoria diede il diletto dono di Indulgenza. Sonovi anco sopra uno scoglio a mare certe vestigie di Chiesa che prima forse doveva essere in terra ferma vicino all'acqua marina. Vi è anco una Chiesa chiamata Sta Maria de' Monti dove, per li molti miracoli da tre anni in qua è un concorso grandissimo di Genti. Questa terra dicesi esser stata fabricata dalla detta Dea Cupra, chiamandosi prima Allegrotti per l'amenità meravigliosa de' molti Giardini d'aranci bellissimi, et di Fontane. E' terra mercantile per esser terra maritima, atta al portare delle mercantie intorno. Il territorio verso il mare è molto vago per la copia di giardini d'olive, et di vigne. Dall'altra parte si mostra buona quantità di grano. Et qui vi si genera una gran quantità di lino di somma perfetione di maniera tale, che non se ne deve invidiare nè (lacuna) nè Viterbo, ne la regione pelusiaca, nè i Cadusci nè la Fiandra nè il cottone di essa (parola incomprensibile). Et ne serve tutto quasi il Piceno. Onde è forza dire, che quivi habbino il dominio Venere, et Aracne insieme.
".
I punti che meritano di essere messi in rilievo - ma ci soffermiamo rapidamente solo sui più importanti e rimandiamo ad altra occasione l'analisi approfondita del testo - a nostro parere sono:
1) - la prova inconfutabile che, nel novembre 1583, la famosa pietra era in S. Martino. Si rivelano quindi assolutamente inconsistenti le asserzioni prima ricordate, fondate su documenti di scarso peso e d'epoca molto più tarda. Ne eravamo già convinti, ma ora la testimonianza di Rocca può essere utile per rafforzarre l'opera di convincimento di chi ancora dubita. Va considerato, inoltre, che il religioso a Grottammare ha trascorso del tempo, pur breve che sia, a differenza di Cluverio, che è posteriore di circa mezzo secolo e probabilmente non ha potuto visitare tutti i luoghi da lui descritti e si è dovuto affidare a corrispondenti di sua fiducia. Forse Rocca in quell'occasione soggiornò al convento di S. Agostino. La sua trascrizione della scritta non è fedele all'originale, in quanto ne da' l'interpretazione, pur con qualche incertezza sulla identità del promotore del restauro, ritenuto Traiano e non Adriano. Si tratta però d'una imprecisione di scarso valore nel nostro caso. Ciò che conta, infatti, è che nel 1583 la pietra era certamente in S. Martino, ben prima della presunta e mai provata scomparsa da Marano. A meno che dopo quella data, ci si perdoni la fantasiosa ipotesi, qualcheduno non l'abbia trasferita da Grottammare a Marano e che successivamente qualcun altro abbia rimesso al suo posto originale la lapide trafugata. In un'epoca in cui la dietrologia è una delle dottrine più applicate, pur se spesso a sproposito, si può anche pensare che sia stata architettata una simile macchinazione.
2) - L'attribuzione a papa Alessandro III della istituzione della festa della Sagra può essere fatta risalire tranquillamente al 1583. Ciò non toglie che si possa continuare a dubitare dell'esattezza di tale tradizione.7 Tuttavia non si può assolutamente mettere in dubbio che, se qualcosa di errato vi sia, è sicuramente sbagliato da almeno quattro secoli, il che non è poco.
3) - Scoglio di S. Nicola. G. B. Mascaretti ha dedicato uno studio a tale argomento, ma non era al corrente della testimonianza di Rocca. Anche in questo caso si può estendere con sicurezza al 1583 la certezza dell'esistenza del masso sovrastato dalle rovine della chiesa, crollata forse nel 1451 secondo l'opinione di Mascaretti.8
4) - Origine del nome del paese. Rocca si spinge a formulare un'etimologia di Grottammare, finora a noi ignota. Probabilmente gli è stata suggerita dallo spettacolare rigoglio della vegetazione ricca di aranci, olivi e viti o da qualcuno con cui è venuto in contatto durante la visita. Tuttavia, allo stato attuale, non sembra condivisibile la derivazione di Grotte a mare da Allegrotti.
5) - coltivazione del lino. Nonostante le difficoltà d'interpretazione dello scritto di Rocca dedicato a questo tema, si comprende bene che la coltura del lino dava un prodotto di eccellente qualità. Ancora nell'800 dal porto di Grottammare partivano navi cariche di semi di lino.
6) - "rubbamenti" dei corsari. G. B. Mascaretti e G. Speranza danno notizia di scorrerie barbaresche nel 1470 e nel luglio 1525, a cui seguirono incursioni di banditi locali nel 1526, 1527 e 1529. Probabilmente tali depredazioni sono da mettere in relazione con il relativo benessere di cui sembra abbia goduto, allora, la popolazione di Grottammare nei confronti degli abitanti dei paesi circostanti.
A conclusione di questo breve lavoro ci sia consentito di formulare l'augurio che le descrizioni dei centri piceni qui menzionati possano trovare un editore appassionato, disposto a pubblicarle.
Roma 13 settembre 1996

NOTE
1 Cfr. in particolare: P. FORTINI, Cupra Maritima. Origini, storia, urbanistica, Ascoli Piceno 1981, pp.20-23, 41-42 (l'autrice presta fiducia incondizionata a testimonianze del XVIII secolo e ne trae conclusioni fuori della realtà arrivando a rivendicare, addirittura, la cittadinanza cuprense - ovviamente riferita al paese attualmente così denominato e non ai preesistenti insediamenti piceni o romani - di Sisto V); B. F. MOSTARDI, Cupra, Ascoli Piceno 1977, passim. In merito v. A. SILVESTRO - S. SILVESTRO, Da Ancona a Napoli, via Grottammare, con Raffaele Pontremoli, pittore di battaglie. E qualcos'altro ancora, Grottammare 1991, pp. 77-100, 105-106.
2 Di questo insigne studioso ricordiamo soltanto il volumetto Grottammare e il culto della dea Cupra, Grottammare 1992, oltre ai numerosi scritti apparsi su L'Arancio e La Conchiglia, periodici stampati a Grottammare. In particolare, per foto e lettura del testo epigrafico cfr. V. GALIE', Lapide epigrafica dell'imperatore Adriano del 127 d.C., La Conchiglia 3/1996; R. PERAZZOLI, Due epigrafi di S. Martino, L'Arancio 15/1996.
3 Notizie su la vita e l'attività di A. Rocca, il cui volto è riprodotto in fig. 1, sono desumibili da N. MURATORE - P. MUNAFO', Immagini di città raccolte da un frate agostiniano alla fine del XVI secolo, Roma 1991, bellissimo volume dove l'attenzione è però soprattutto dedicata all'Italia meridionale. Nato a Rocca Contrada nel 1545, prese la tonaca a Camerino. Laureato in teologia a Padova, lavorò a lungo nella Tipografia Vaticana e collaborò strettamente con i pontefici Sisto V, Clemente VIII e Paolo V. Venne nominato Sagrista Pontificio e vescovo di Tagaste. Raccolse numerosi libri che lasciò, alla sua morte in Roma nel 1620, al Convento degli Agostiniani: così ebbe origine la Biblioteca Angelica. La sacra visita di Anguissola e Rocca, secondo le autrici citate, ebbe inizio da Nepi il 27 settembre 1583. Il 14 ottobre i frati arrivarono a Serravalle del Chienti, il 16 a Tolentino, il 17 a Macerata, il 19 a Osimo, il 20 ad Ancona, il 26 a Recanati, il 31 a Civitanova, il 3 novembre a Fermo, il 10 a Monte S. Giorgio, il 14 a Montelparo, il 15 a Montalto, il 16 ad Offida e ad Ascoli, da dove il 22 giunsero a Teramo per proseguire l'ispezione in Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Rientrarono a Roma il 12 giugno 1584. Dall'esame del testo risulta quest'ordine progressivo dei resoconti: Macerata, Monte S. Maria di Cassiano, Osimo, Ancona, Recanati, Loreto, Montecosaro, Civitanova, Morro di Valle, Fermo, Monte Santa Maria di Georgio, S. Vittoria, Montesanto, Grotte a mare, Sant'Elpidio, Santo Giusto, Offida, Mandola, Montelparo, Montefortino, Montemilone, Ascoli. Serravalledel Chienti e Tolentino sono stati omessi nelle descrizioni dei luoghi visitati. Partito il 10 da Monte S. Giorgio, Rocca sarebbe giunto il 14 a Montelparo: in 4-5 giorni avrebbe visitato Montesanto, Grottammare, Sant'Elpidio, San Giusto, Offida e Mandola. Se accettassimo l'ipotesi che la descrizione dei centri sia posta in ordine cronologico con l'avanzamento effettivo della visita - supposizione che sembra contrastare notevolmente con la razionalità del programma di viaggio - sembrerebbe uno sproposito giungere a Grottammare da Montesanto senza fermarsi prima a Sant'Elpidio, come pure sembra contorto l'itinerario Loreto, Monte Cosaro, Civitanova, Morro di Valle: cfr. in proposito la fig. 2.
4 Cfr. N. MURATORE - P. MUNAFO', Immagini ..., op. cit., pp. 11-24.
5 Il manoscritto di Rocca è un volumetto di 82 carte rilegato in pergamena e con 2 lacci in pelle. Vi è una sola illustrazione, il disegno di un sarcofago. Misura cm. 213 x 148 x 14. Fino alla carta 52 vengono prese in esame località marchigiane, dalla 53 in poi luoghi abruzzesi e argomenti di vario genere. Le carte relative a Grottammare sono la 37 v., la 38 e la 39r., v. figg. 3 e 4. Va rilevato che i caratteri della lapide adrianea di S. Martino al Tesino, a giudizio della direttrice dell'Angelica, dott.ssa L. Borghetti, e della dott.ssa A. Guiso, sono molto probabilmente serviti da modello per le lettere di lapidi fatte apporre da Rocca nella biblioteca, v. fig. 5. Si coglie l'occasione per ringraziare sentitamente le gentilissime signore per la premurosa assistenza e la proficua collaborazione prestate allo scrivente nel corso della presente ricerca e la direzione dell'Angelica per aver autorizzato la riproduzione delle carte 37-39 del ms. 685 (v. figg. 3-4) e delle illustrazioni (v. figg. 1-5) - tratte dal volume di P. MURATORE e N. MUNAFO', La biblioteca Angelica, Roma 1989 - con lettera 1959/B.2.3 del 26.9.1996.
6 Il testo della lapide, con abbreviazioni più fedeli all'originale, è riportato anche sul bordo sinistro del foglio, dall'alto in basso, v. fig. 3.
7 In merito cfr. A. SILVESTRO-S. SILVESTRO, Papa Alessandro III e la Sagra di Grottammare, Quaderni dell'archivio storico arcivescovile di Fermo, 9/1990, pp. 33-58 e relativa bibliografia.
8 Per gli scritti di G. B. Mascaretti e G. Speranza cfr. V. RIVOSECCHI, a c. di, Grottammare. Percorsi della memoria, Grottammare 1994.

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