LA NECROPOLI di GROTTAMMARE - 1867
La necropoli vista e descritta dall'archeologo CONCEZIO ROSA
DUE NECROPOLI della PRIMA EPOCA DEL FERRO
scoperte nel
Piceno
Nota del dott. Concezio ROSA
(Comunicata alla Società italiana di
Antropologia e di Etnologia nell'adunanza del 20 aprile 1873)
(Estratto dalla
Gazzetta di Teramo del 4 maggio 1873, Tip.Scalpelli)
Ora che la
nostra Società si sta occupando dello studio dei popoli primitivi d'Italia,
giungerà certamente gradito l'annunzio di due antiche necropoli scoperte nel
Piceno: dove in tempo anteriore alla fondazione di Roma una colonia Sabina andò
a stabilirvisi per voto di primavera sacra, come narrano gli antichi
scrittori.
NECROPOLI presso
CUPRAMARITTIMA
Sono circa sei anni, che
nella provincia di Ascoli Piceno, tra Grottammare e Marano, sulle colline che
soprastano la sponda adriatica, il sig. Tommaso Loi nel praticare lavori
agricoli cominciò a scoprire alcune tombe in un suo terreno in contrada
Carpineto, alla distanza di circa due chilometri dal luogo, dove gli Etruschi
alzarono un tempio alla Dea Cupra. (Chiesa di S.Martino - ndr.)
E siccome vi
rinveniva gran copia di oggetti di bronzo, si decise a continuare gli scavi, per
trarre profitto da quelle anticaglie. Le quali vendendo a questo ed a quello, si
sono sparpagliate con grave danno degli studi della remota antichità; anzi presso qualche amatore passarono con indicazione di provenienza
diversa, perchè certi speculatori che ne fecero commercio, credettero del loro
interesse tener celato il vero luogo del trovamento (1).
Nella fine della state ultima avendo avuta conoscenza di questa scoperta
volli visitare la località, e vedutane la importanza, perchè non se ne perdesse
la memoria, cercai raccogliere notizie dagli operai addetto agli scavi e dallo
stesso proprietario, che non solo fece pago il mio desiderio, ma con molta
cortesia mi permise fare le indagini nei terreni scavati. Riuscii quindi a
procurarmi parte degli oggetti rinvenutisi, e dietro le indicazioni seguendo le
orme di quelli che non potei avere, mi sono poscia adoperato ad ottenerne i
disegni. Per dare una idea a questa necropoli riassumo le principali notizie,
riserbandomi di presentarne al più presto un ragguaglio corredato di tavole.
(2)
Le tombe finora scoperte nei terreni del sig. Loi sono
circa 200, ma vi è probabilità, che la necropoli continui
nei terreni vicini.
Il seppellimento è fatto col metodo d'inumazione, e gli
scheletri si sono trovati distesi con la faccia rivolta ad oriente alla
profondità di m. 0,50 ed anche di m. 1,00 e ricoperti di sola terra.
Molto
vasellame vi si è estratto, e le stoviglie (poche eccettuate) sono di pasta
nera, lavorate senza l'aiuto del torno e malamente cotte: parecchi vasi
presentano disegno a graffito, e nelle forme hanno l'aria della civiltà
orientale. Vi sono pure fusaiuole di terra e cilindri con capocchia alle
estremità, analoghi a quelli rinvenuti dal Gozzadini nei sepolcri di
Villanova.
Abbondano gli ornamenti in ambra, e molto più
quelli in bronzo: sono rimarchevoli le fibule di varia grandezza e forma, e le
armille con nodi usate propriamente dai Piceni.
Tra gli
istrumenti vi si notano alcuni paalstab di bronzo e parecchi di ferro.
Quanto
ad armi rammento poche lance di bronzo ed un numero maggiore di ferro, e quanto
ad arnesi militari alcuni elmi di bronzo di forma arcaica. Sventuratamente non si ebbe cura di conservare i crani, ma ho
fatto vivissime premure per essere avvisato quando altre scoperte si
verificheranno per potermi trovar presente e non far disperdere gli avanzi
umani.
Necropoli nella Valle del
Tronto.
Nella medesima provincia sulle colline meridionali della Valle
del Tronto, e propriamente in prossimità del Comune di Colli, l'agricoltore
Carlo Amodio verso la metà di marzo ultimo piantando la vigna in un terreno di
sua proprietà in contrada Case Bianche rinvenne alcune tombe alla profondità di
circa m. 0,50. Avutane gentilmente notizia dal signor Gabrielli, Conservatore
del Museo civico di Ascoli Piceno, ci recammo insieme sul luogo del trovamento
nei primi giorni del corrente mese, ed osservammo che in un'area di m. 11,00 di
lunghezza e di m. 10,00 di larghezza erano state trovate 17 tombe. Tutto questo
numero in sì breve spazio, e qualche altra tomba rinvenuta precedentemente in
vicinanza, fanno congetturare che anche quivi fu una vasta necropoli, che si
estende specialmente nella parte occidentale.
Il modo di seppellimento è
simile a quello usato nella necropoli di Cupramarittima; il vasellame ha tanta
somiglianza con quello di colà, che qualche vase sembra uscito dalle mani dello
stesso artista. Anche gli ornamenti di ambra e di bronzo, come pure le armi di
ferro, hanno perfetta analogia, sicchè le due necropoli possono tenersi come
contemporanee. Dietro questa breve cenno si può con ragione dedurre: 1) - che le
due necropoli son da riferire alla prima epoca del ferro, e ne fan pruova la
qualità delle stoviglie, i paalstab di ferro e quelli di bronzo: i quali ultimi,
essendo strumenti caratteristici dell'epoca precedente, non erano stati ancora
al tutto disusati.
2) - Che la gente ivi seppellita appartenne agli antichi
Piceni e rilevasi dalle armille proprie di quel popolo, il quale era giunto in
quel tempo ad un grado elevato di civiltà, come scorgesi dagli oggetti
rinvenuti.
3) - Che queste necropoli hanno una importanza pari alle più
celebri della medesima epoca, quali sono quelle di Alba Lunga, di Villanova e di
Golasecca: tanto più che non essendo presso i Piceni il costume d'incenerare i
cadaveri, potranno in prosieguo raccogliersi i resti umani, che serviranno a dar
luce alle antiche stirpi italiche.
Corropoli (Abruzzo) 18 aprile
1873
NOTE
(1) - Il 30 aprile del 1877 il reverendo Cesare Cellini dona al Municipio di
Ripatrasone la sua collezione privata e nasce il museo civico di Ripatransone
altre famiglie private concorrono a fornire il museo di oggetti e sono i conti
Neroni, i Boccabianca, Sciarra-Condivi, Anelli, Bruti (es. il dono 178 - olletta
stamnoide - inv. n° 313 è catalogato come provenienza ignota), Fedeli,
Perazzoli, ecc.
Nel 1931 il prof. Leporini provvide, per conto della Reale
Soprintendenza alle Antichità di Ancona (diretta dal prof. Moretti) ad una prima
catalogazione dei materiali del Museo, il quale registrò gli oggetti per
categorie; "quando compaiono dati di provenienza, sono per lo più relativi ad
oggetti che provengono da aree di scavo esterne alla regione. In rarissimi casi
c'è un riferimento ad una provenienza dal territorio di Ripatransone..." (pag.
16 "La civiltà picena. Ripatransone: un museo un territorio", E. Percossi
Serenelli della Sovrintendenza Archeologica per le Marche, edito da Maroni,
1989).
A chi legge o consulta questo libro-catalogo non può sfuggire un
dettaglio: il Cellini fu tra i primi a comprendere "il valore di certi reperti
archeologici" e "fu lui a catalogare per primo gli oggetti escavati", fu suo il
merito dell'iniziativa per l'istituzione del primo nucleo del museo civico
donando al Municipio la sua raccolta privata e ... "ponendo con questo gesto una
ipoteca sulla gestione futura del museo": guarda caso (è una fortuita
combianzione!) fu nominato direttore del museo e vi restò tale fino al 1903
(anno della sua morte - era nato nel 1832).
Ritornando al catalogo. La
domanda che dovrebbe sorgere spontanea (e che mi sono posto) è questa: "Se mi
immergo nella catalogazione dovrei in teoria riuscire a mappare la zona dei
ritrovamenti, considerando anche che il Cellini era un esperto !"; in realtà
questo tentativo va a vuoto perchè l'unico dato certo è il numero di inventario,
mentre l'indicazione di provenienza è "stranamente" indicata come ignota (salvo
alcuni sporadici casi, es. l'inventario n° 1017 viene catalogato come
proveniente da S.Andrea; anche alcune donazioni del Bruti - es. l'inv. n° 1018 -
è di provenienza S.Andrea, e il Bruti non aveva proprietà in tal
zona).
Quello che più colpisce è che anche altre donazioni sono catalogate
come ignote (es. il n° 803 donato dai Fedeli di Ripa - costoro avevano diverse
proprietà in zona di Grottammare - contrada Lame e Piane del Tesino, come
riporta il catasto del 1770 di questo Comune). Se posso azzardare dei numeri,
tranquillamente posso dire che l'80-90% dei reperti di questo Museo sono di
"provenienza ignota", specialmente quelli provenienti da scavi del 1800 (in
rarissimi casi c'è un riferimento ad una provenienza dal territorio di
Ripatransone; altro possibile deposito potrebbe essere il Museo etnografico
PIGORINI di ROMA, ma è tutto da verificare sia per l'elenco di pezzi con la data
di ritrovamento e localizzzazione).
A questo punto sono costretto a
riconsiderare l'altro aspetto a monte di queste donazioni: il dr. Concezio Rosa
arriva sul terreno del Loy dopo che erano trascorsi "sei anni" dai primi
ritrovamenti di reperti nella zona e più oltre mi informa che "... siccome vi
rinveniva [il Loy] gran copia di oggetti di bronzo, si decise a continuare gli
scavi, per trarre profitto da quelle anticaglie..."; non vorrei apparire
presuntuoso o maligno ma la conclusione che posso trarre e azzardare, per
sinergia con tutte le considerazioni sopra esposte, è una sola: il materiale del
museo civico di Ripatransone è proveniente dal territorio di Grottammare almeno
per un valore dell'80 % (cioè quello catalogato come "provenienza
ignota").
Altro aspetto che mi colpisce del catalogo del museo ripano
(guardando specialmente le mappature dei ritrovamenti riprodotte in cartine
geografiche della nostra regione) è l'assenza totale del menzionamento della
località di Grottammare; tale sito viene segnato come Cupramarittima (scritto
tutto attaccato); questo potrebbe avere una spiegazione: che l'autrice voglia
identificare Grottammare come Cupramarittima dei Piceni, ed allora: perchè non
dichiararlo a grandi lettere, in modo da evitare confusioni con Marano ?
Altra domanda che mi pongo: perchè vengono ignorati (o non menzionati) gli
scavi del Gamurrini, del Dall'Osso, o notizie come quelle date dal Rosa ? E' da
catalogare come "difetto di imparzialità" o l'autrice non è a canoscenza di
questi scavi ?
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Se si ha la
pazienza di sfogliare il libro sopracitato "La civiltà picena. Ripatransone:
un museo un territorio", e precisamente a pag.35 e a pag.59, si possono
consultare 2 cartine stilizzate in cui sono riportati i luoghi delle Marche dove
sono stati rinvenuti reperti archeologici, rispettivamente quelli riferiti alla
preistoria (pag.35) sono 40 siti, quelli riferiti all'età del ferro (pag.59)sono
84. Ebbene: la località di Grottammare non è menzionata. Eppure la dott.ssa E.
Percossi Serenelli della Sovrintendenza Archeologica per le Marche sa benissimo
la consistenza dei ritrovamenti archeologici, soprattutto Piceni, nel nostro
territorio. L'opuscoletto del Concezio ne è un'ulteriore testimonianza
qualificabile !
(2) - Sarebbe interessante controllare se poi quest'intenzione ha avuto un
seguito.
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© 2002 @ - Lillo da Grottammare