La nave «Lombardo»
E’ noto a tutti che il 6 maggio 1860, Giuseppe Garibaldi, partì da Quarto, assieme a 1089 avventurieri, per la conquista del Regno delle Due Sicilie. L’avventura iniziò su due vapori, il Piemonte ed il Lombardo, concessi dalla Compagnia di Raffaele Rubattino e, regolarmente acquistate (con un regolare atto segreto), stipulato a Torino la sera del 4 maggio 1860 tra il venditore Raffaele Rubattino e Giacomo Medici (in rappresentanza di Giuseppe Garibaldi), alla presenza del notaio Gioacchino Baldioli. Garanti, per il debito contratto dall’eroe dei due mondi, furono il re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso, conte di Cavour. Risolti i problemi burocratici, nella notte successiva, quella tra il 5 ed il 6 maggio, Nino Bixio con una trentina dei suoi uomini, prese possesso dei due vapori (Piemonte e Lombardo) e li condusse a Quarto dove si imbarcò Garibaldi con parte degli uomini.
Le due navi salparono per Sori ove avevano appuntamento con un certo Selle di Genova (noto contrabbandiere di seta) che avrebbe dovuto consegnare due chiatte cariche di munizioni e di fucili moderni. Nessuno si presentò all’appuntamento ed i Mille partirono per la Sicilia con pochissime munizioni, 1019 vecchi fucili a canna liscia e definiti da Garibaldi “catenacci”; mancavano anche le famose camicie rosse (ne imbarcarono soltanto 250).
I due vapori (erano navi a ruote), con Stefano Castiglia al comando del Piemonte (vi era imbarcato Garibaldi) e con Nino Bixio al comando del Lombardo, fecero rotta per il Canale di Piombino, ove furono imbarcati, a Talamone, una settantina di volontari livornesi guidati da Andrea Sgarallino. Contemporaneamente furono sbarcati un centinaio di uomini che raggiunsero i duecento toscani che, guidati da un certo Zambianchi, effettuarono un attacco diversivo contro le frontiere dello Stato Pontificio.
Tutto questo per far credere al mondo che il vero scopo della spedizione fosse la liberazione di Roma. Furono tutti catturati dai soldati del Papa, ma si distolse l’attenzione dal vero obbiettivo: la Sicilia. Il giorno 7 furono consegnati a Garibaldi dal maggiore Giorgini, il comandante delle locali truppe piemontesi, quattro cannoni ed alcune centinaia di fucili moderni (con la dotazione delle relative cartucce) ed alla mattina del giorno 8, a Porto Santo Stefano, per rifornire le navi dei garibaldini, fu prelevata l’acqua ed il carbone dal deposito destinato al piroscafo che collegava la terraferma con l’isola del Giglio.
Nella tarda mattina le due navi si misero in rotta per le Egadi, le isole poste di fronte alla costa occidentale della Sicilia. Alla sera dell’8 maggio, durante la navigazione, il Piemonte rimase attardato rispetto al Lombardo poiché dovette recuperare un volontario caduto in mare. Le due navi si persero di vista e, quando si incontrarono, casualmente, durante la notte, si prepararono al combattimento credendo entrambe di trovarsi davanti ad una nave da guerra borbonica.
Poi avvenne il reciproco riconoscimento ed il Lombardo ed il Piemonte proseguirono assieme la navigazione tenendosi a portata di voce.
Mentre la flotta Sarda, al comando dell’ammiraglio Persano incrociava a Sud della Sardegna, tra Capo Carbonara e l’Isola di Sant Antioco per poi portarsi su Livorno, le navi della Reale Marina Borbonica, pattugliavano l’intero perimetro della Sicilia.
Fuori Marsala vi era una piccola squadra napoletana al comando del Capitano di vascello Tommaso Cossovich, che era imbarcato sulla fregata Partenope, un vascello a vela da 2.583 tonnellate, costruita nel lontano 1834 ed armata con 50 cannoni. Vi erano inoltre la pirocorvetta a ruote Stromboli, da 580 tonnellate, armata con 10 obici e costruita nel 1843 (al comando del Tenente di vascello Guglielmo Acton) ed un piroscafo a vapore, il Capri (comandante Marino Caracciolo) che, proprio la mattina dell’11 maggio era stato armato con alcuni cannoni, trasbordati dallo Stromboli. Le navi borboniche avvistarono con grave ritardo il Piemonte ed il Lombardo ed invece di entrare subito in azione non trovarono di meglio che prendere a rimorchio la grossa fregata Partenope (a vela ed immobilizzata dalla bonaccia) per presentarsi al gran completo davanti al porto di Marsala.
Le navi dei garibaldini, quando alla mattina dell’11 maggio 1860 giunsero davanti al porto di Marsala, videro due navi da guerra all’ancora ed uno strano andare venire.
Erano due cannoniere a ruote britanniche: la prima, l’Argus (comandante Winnington) era stata incaricata di proteggere i consistenti interessi inglesi nella città (gli inglesi avevano investito molto denaro nel vino siciliano e, proprio a Marsala, vi era lo stabilimento di lavorazione ed i depositi dell’Ingham). La seconda era l’Intrepid (comandante Marryat) che, ufficialmente era in sosta di trasferimento da Palermo a Malta con messaggi urgenti del contrammiraglio Mundy, ma in realtà doveva raccogliere informazioni sull’evolversi della situazione.
Immediatamente il Piemonte ed il Lombardo puntarono a tutta forza verso il porto di Marsala inalberando il tricolore con lo stemma sabaudo e passando vicinissimi ad un grosso mercantile britannico all’ancora.
Raggiunto il porto, i garibaldini iniziarono velocemente lo sbarco con i canotti (il primo comandato da Andrea Rossi ed il secondo da Gastaldi) e l’unico reale ostacolo fu posto dalla famosa burocrazia borbonica poiché l’ufficiale sanitario di Marsala si precipitò a controllare se i nuovi arrivati avevano i necessari nulla osta (medici) per poter scendere ed accedere a terra.
Mentre i garibaldini scendevano a terra giunsero davanti al porto le tre navi borboniche che avrebbero potuto disturbare in modo pesante lo sbarco ma, per il timore di recar danno agli ufficiali britannici che si erano recati a far visita al console inglese e creare un incidente internazionale, aspettarono ad aprire il fuoco che essi si fossero reimbarcati.
Trascorse circa un’ora ed infine lo Stromboli di Acton ed il Capri iniziarono il fuoco con i cannoni ed un garibaldino fu ferito, un povero cane zoppo ucciso.
Il Piemonte, ormai vuoto, fu devastato dai colpi di cannone ed andò in secca; il Lombardo rimase semi affondato nel porto di Marsala.
Le navi inglesi che dovevano proteggere il loro vino, protessero (forse involontariamente) lo sbarco degli uomini di Garibaldi.
Il giorno 12 maggio, lo Stromboli prese a rimorchio il Piemonte che era arenato ed abbandonato e lo portò prima a Palermo e poi a Napoli ove restò inutilizzato nella darsena militare. Anche se inservibile fu iscritto il 17 marzo 1861 nei quadri del naviglio da guerra del Regno d’Italia (con classifica “trasporto di 2° ordine a ruote”) per venir poi offerto in vendita all’asta pubblica, per la demolizione, il 16 settembre 1865.
Il Lombardo ebbe una differente storia: restò in secca, semi affondato, a Marsala fino all’11 luglio 1860 finché un certo Napoleone Santocanale provvide al recupero utilizzando duecento operai e ben trenta pompe. Rimorchiato a Palermo fu iscritto nella Marina da Guerra Sarda. L’arsenale di Palermo provvide a ripararlo, restaurarlo ed a metterlo a nuovo. I lavori terminarono nell’agosto del 1861. Era ancora una splendida, robusta nave e svolse innumerevoli viaggi tra i porti italiani per trasferire truppe, consegnare detenuti ai bagni penali, trainare draghe.
Il 10 febbraio 1864 passò al comando del Luogotenente di vascello Giuseppe Deista ed il 3 marzo lasciò Ancona carico di truppe destinate a Manfredonia e detenuti per le isole Tremiti.
Nella notte fra il 12 ed il 13 marzo 1864 investì una secca dell’isola Domino del gruppo delle Tremiti. I tentativi di salvataggio del piroscafo durarono fino al 19 marzo 1864 quando la forza del mare gli ruppe la chiglia.
E la nave, ormai irrecuperabile, fu abbandonata al suo destino.