A coloro che questa inusuale e interminabile stagione di mitezza
climatica vede ancora numerosi passeggiare lungo la spiaggia nord di
Grottammare, non sarà sfuggita la presenza di gru e grossi camion che
hanno smantellato la vecchia scogliera e costruito un nuovo braccio di
molo perpendicolare all’arenile. I meno giovani Grottesi ricordano che il
nome di quegli scogli era la “filarella”, per la sua forma lineare dalla
spiaggia verso il largo per un centinaio di metri. I più aulici e forse
meno giovani all’epoca lo chiamavano molo di Sisto V, ma non saprei se
questo fosse dovuto a documentati riscontri storici relativi al nostro
illustre concittadino.
A noi ragazzi che non avevamo il permesso
dei genitori o non disponevamo di natanti atti ad arrivare alla più vasta
scogliera derivata dalla frana della fine dell’ottocento, la “filarella”
ha rappresentato le prime esperienze di pesca con la canna. Le prede più
comuni erano le “bavose”, piccoli pesci di scoglio dall’orrendo aspetto
viscido che pretendevamo di farci cucinare e che neppure i gatti di casa
invece gradivano. Talvolta abboccavano altri pesci di scoglio che
chiamavamo “sparacine” la cui cattura impegnava di più l’abilità del
pescatore e in una zuppa potevano essere anche gradevoli pur se piene di
spine.
Durante i rari permessi di pesca notturna si pescavano
inoltre, con l’aiuto di una torcia e di un retino da farfalle, quei
piccoli gamberi trasparenti che chiamavamo “salibrici”. Da anni ormai
questa fauna non esisteva più, l’insabbiamento degli scogli e forse un
mutato habitat ittico ha provocato l’estinzione di quelle specie. Ai
ricordi della “filarella” si associano purtroppo anche eventi luttuosi che
hanno visto i drammatici annegamenti di bambini delle “colonie”; in quel
tratto di spiaggia a quei tempi decisamente periferico trascorrevano le
vacanze estive i ragazzi di collegi e orfanotrofi che, non pratici di
nuoto, si avvicinavano troppo agli scogli dove si formavano, a causa della
corrente, buche con acqua profonda.
Fortunatamente numerosi anche
i salvataggi operati dal bagnino storico delle “colonie’, Sandro
Zaccagnini, personaggio indimenticabile della spiaggia Grottese meglio
noto come “Lutro”. Adesso la “filarella” non c’è più; esperti di correnti
marine avranno stabilito che lo spostamento di un molo di qualche metro
arricchirà l’arenile di nuova sabbia portata dal largo. Alcune profane
riserve su questa diagnosi ci sia consentito averle, magari il tempo ci
darà torto e saremo lieti di cancellarle; quello che nessuno potrà
cancellare sono i tanti ricordi che ci legano a quelle vecchie pietre
annerite dal tempo e dalle alghe che ora finiranno in qualche anonima
massicciata.